Atmosfere glam rock e spiagge californiane descrivono il fascino della ribellione tipica degli anni ’70 arricchito da un profondo amore per il design: questa la cornice in cui si sviluppa l’incredibile biografia di Jed Johnson, leggenda dell’interior design americano.
Figura chiave del decor, il bello e dannato Jed Johnson, visse alla Factory di Warhol tra eccessi di ogni sorta.
Un’esistenza conclusasi tragicamente a causa di un incidente aereo che strappò alla vita, alla giovanissima età di 47 anni, uno dei nomi ancora oggi più importanti dell’interior design.
Il suo stile iconico, basato su inaspettate giustapposizioni, trasse molte delle sue ispirazioni dall’antiquariato francese.
Camaleontico per antonomasia, disciplinato ed ordinato, gli ambienti più moderni di Jed Johnson si caratterizzano per una straordinaria sensualità.
Un rigore inaspettato caratterizza le sue ambientazioni votate alla classicità che fanno da contraltare a stanze dal piglio modernista, e rivelano inedite tracce di emozione e pathos.
Johnson, refrattario all’adozione di qualsivoglia stile, credeva esclusivamente in se stesso, alimentandosi delle proprie suggestioni, che traduceva in raffinati ambienti caratterizzati da un fascino indiscusso.
Arrivato nella Grande Mela nel 1966, Jed Johnson trovò immediatamente lavoro nella celeberrima Factory di Andy Warhol dove trascorse dodici anni aiutandolo nell’archiviazione delle sue collezioni.
Alla corte dell’avido collezionista, di cui fu l’amante, il designer sviluppò un’eccezionale senso per il bello che caratterizzò la sua carriera nel design.
La casa sull’Upper East Side, che Johnson scovò per Warhol, si trasformerà nel suo laboratorio creativo.
Johnson ed il suo partner, l’architetto Alan Wanzernberg, iniziano così un eccezionale successo dietro l’altro, un’unione professionale con la medesima visione del design, un’estetica votata al lusso ma che condannava gli eccessi come una forma di volgarità.
Appassionato di tessuti e colori, Jed Johnson era un grande sperimentatore di ambienti connotati da un tripudio di splendidi pezzi assemblati in modo mirabile.
La sua raffinatezza era tale da consentirgli di appendere un quadro di Cy Twombly su una carta da parati cinese del diciottesimo secolo o di mixare mobili di Jacques-Émile Ruhlmann e Jean Michel Frank a pareti di seta e quadri di Picasso, Léger, Klee, Miró e Bacon.
Un genio indiscusso, il cui nome è divenuto sinonimo di stile ed eleganza che dà vita ad un interior design ricco di charme.