Sorvolando i colli di Roma s’incontra sul Gianicolo, impostata come un guardiano di vedetta, quella che fu la residenza del Cardinal Girolamo Farnese da cui Villa Aurelia Roma prese il primo nome, un’ampia struttura posta a ridosso delle bellissime mura Aureliane, non distante da Porta San Pancrazio e dalla Vigna Farnese.
Nel tempo il complesso, passando per mano di vari proprietari, ha cambiato spesso il suo nome fino ad essere oggi ricordato come Villa Aurelia, attuale proprietà dell’American Academy in Rome.

È dolce la sorpresa nel superare il vasto giardino adornato da glicini, palme, piante grasse, pini e lecci per accedere sul luogo della bella fontana circolare, da cui uno stretto viottolo con siepi t’introduce verso la facciata d’ingresso della struttura che conserva, nonostante i vari rifacimenti, chiari caratteri del rococò, con un avancorpo in facciata a custodire l’ingresso, abbellito con pilastri polisteri sormontati da capitelli compositi tipici del XVIII secolo.

Suggestivi i riverberi di luci che penetrano e si riflettono sulle ampie finestrate incorniciate da stucchi a rilievo rappresentanti ghirlande, stilizzazioni di conchiglie e rifiniture a volta sorrette da elementi a volute, anch’essi finemente lavorati e perfettamente inseriti nello stile accurato e dinamico della facciata, su cui i vari rilievi generano ombre che giocano a rincorrersi durante l’intera giornata.

Un velo di mistero resta legato sull’esatta data di costruzione della Villa mai riportata su alcun documento, pur facendola generalmente risalire tra il 1650 e il 1667, quando Girolamo Farnese passò dall’incarico di governatore di Roma, alla nomina di cardinale in pectore. A conferma della datazione è anche la pianta di Roma del Cruyl, che documenta per la prima volta l’esistenza di una dimora nel luogo esatto in cui sorge Villa Aurelia già nel 1665, inserita poi nel 1670 nell’inventario dei beni del Cardinale da parte dell’ispettore papale Carlo Cartari.

Il Cartari riferisce che “il Palazzetto, originariamente concepito come una loggia, fu edificato sopra uno de’ Torrioni vecchi della Città”, ma di fatto la sua descrizione corrisponde esclusivamente al corpo centrale dell’attuale complesso, pur raccontando con dovizia di particolari le varie e ricche decorazioni del palazzo che, pur spogliato dai suoi originari arredi, conserva i riquadri delle volte al piano terra, i soffitti decorati con cassettoni lignei intagliati a rilievo, oltre alle volte e le pareti decorate con dipinti e grottesche nel piano nobile, attribuendo la maggior parte di questi lavori al Lauri e allo Schorr, molto attivi a Roma in quell’epoca. Sono visibili inoltre il raffinato parquet concepiti in stile geometrico e gli splenditi pavimenti in marmo bicolore che risalgono però, al pian terreno, agli interventi di rifacimento del Savorelli – anni sessanta del 1800 – che trasformò la dimora in una fabbrica di candele dopo aver apportato varie modifiche strutturali per l’ampliamento della stessa.

Tutta la storicità del complesso è ben percepita sulla struttura tanto da trattenere il fascino di una dimora ecclesiastica che da luogo privato di ritiro si è aperta al pubblico, mantenendo con sé quella sorta di carattere intimistico e regale che l’ha portata a superare le molti fasi storiche in cui, a più riprese, è stata protagonista.

Villa Aurelia gianicolo fu citata e rappresentata anche dal Vasari, descrivendola come la dimora che fu Farnese, passata poi sotto le proprietà di Ferdinando IV di Borbone “Re delle due Sicilie”.
Il complesso, già nel 1700, appare come un edificio a due piani, ripartito da un doppio ordine di pilastri, grandi arcate al piano nobile e grandi finestrate, come già descritte dal Cartari sul lato Est.
Anche Giovan Battista Piranesi rappresenta la Villa sullo sfondo della fontana Paola, facendo notare le grandi finestrate ad Est e mostrando le antiche mura Aureliane utilizzate come terrazze abbellite da grandi vasi di piante e fiori, oltre a mettere in evidenza l’immenso scenario di Roma che si apriva, e che si apre ancora, affacciandosi dalla struttura.

Dopo la guerra contro le truppe francesi, in cui Villa Aurelia Roma fu occupata da Garibaldi per via della sua posizione prominente, fu l’americana C.J. Heyland ad acquistarla nel 1855, la stessa che andò ad apportare grandi modifiche strutturali al complesso originario e al giardino, risistemandolo all’inglese.

Fu solo nella metà del 1900, sotto il controllo dell’American Academy, che Villa Aurelia fu restaurata subito dopo la seconda guerra mondiale sotto la supervisione dell’architetto Bruno Zevi, il quale si impegnò a rimuovere, per quanto possibile, tutte le aggiunte volute dalla precedente proprietaria, ridonando alla struttura un chiaro stile chiuso tra la fine del 1600 e la seconda metà del 1700.

Ciò che colpisce è lo sviluppo e l’alternanza delle ampie sale che vanno a dislocarsi in tutto l’hotel Villa Aurelia Roma su vari livelli, utilizzate per grandi ricevimenti, concerti e conferenze nel piano terra e nel piano nobile, mentre nel livello intermedio e nel corpo orientale sono le camere per gli ospiti dagli arredamenti semplici, perfettamente inseriti nel contesto del complesso. Non meno rilevanti gli arredamenti delle grandi aree aperte sulle terrazze e nel giardino, capaci di restituire agli occhi la grande bellezza e raffinata seduzione della città di Roma.

Nella Villa, i ricchi soffitti lignei a cassettoni dorati, su cui si incrociano i mille riflessi dei sofisticati lampadari di vetro e cristallo, gli arredi ricercati e di classe utilizzati per i grandi eventi, oltre ad un servizio cucina con piatti eleganti ed impeccabili, rendono al visitatore la capacità di essere trasportato in un profondo respiro di storia romana, capace di raccontare perfettamente uno scorcio dell’antichità della capitale d’Italia.

Della Villa resta altresì affascinante il dolce gioco a spirale dato della scala circolare che collega il pian terreno al primo piano, utilizzata generalmente come unica area di accesso tra i due livelli, restituendo perfettamente il senso di un racconto ciclico che va a snodarsi salendo dal basso verso l’alto e che, giunto in alto, viene risucchiato verso il basso, come a voler dire che la magnificenza di Villa Aurelia non è solo data dalla sua struttura, ma dall’intero luogo in cui essa è stata edificata.
Villa Aurelia resta un’immagine concreta di una Roma papalina che fu; una Roma ricca di storia, ricercatezza, classe, malinconia e amore; una Roma grande e potente; una Roma che riesce sempre a far sognare i suoi spettatori.
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