Fino al 5 febbraio 2017, Milano festeggia i 90 anni di Arnaldo Pomodoro con una mostra itinerante che coinvolge i tanti luoghi della città legati all’artista.
Maestro creatore di un linguaggio autentico, le sue opere sono la testimonianza tangibile di un rapporto inesauribile tra arte e paesaggio urbano.
La Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, cuore pulsante della mostra antologica, racconta, attraverso una selezione di opere e sculture, il percorso artistico di Arnaldo Pomodoro dal 1955 a oggi. Dai primi bassorilievi, alle sfere, caratterizzate dal segno inequivocabile dell’artista. Ma anche parallelepipedi, figure semiconiche e colonne, sono tutte figlie di un maestro che ha lasciato un segno indelebile in quella città europea e internazionale che nel 1954 lo accolse e non lo abbandonò mai, quale è Milano.

Ritratto Arnaldo Pomodoro, 2014 - credits Nicola Gnesi per Fondazione Henraux
La generosità di Arnaldo Pomodoro è visibile già all’esterno del Palazzo.
In piazzetta Reale, affianco del Duomo, è esposto per la prima volta nella sua totalità The Pietrarubbia Group, un complesso scultoreo ambientale, composto da sei elementi realizzati in momenti diversi della sua vita e ultimato nel 2015. Dietro a questo colosso si cela il legame mai sciolto tra la città natale e Pomodoro. Come una grande macchina del tempo trascrive sul bronzo il vissuto e le tracce invisibili lasciate dagli eventi accaduti.
La solennità della sala, simbolo della rinascita milanese dopo la distruzione della guerra, crea un ambiente suggestivo, dove oltre trenta lavori sono esposti, illuminati da fasci di luce soffusa che hanno segnato il percorso artistico dello scultore.
Le prime opere che accolgono il visitatore sono piccoli bassorilievi composti da una fitta serie di segni indecifrabili: punti, nodi e fili costituiscono una scrittura magnetica e affascinante, nella quale ci si perde.
Labirinti in bronzo, piombo, talvolta argento o oro. Materiali facili da fondere e plasmare secondo la volontà e creatività di Arnaldo Pomodoro.
Lettera a K. È una di quelle opere dinnanzi alla quale ci si può soffermare una vita intera, ma la sua interpretazione resterà sempre ambigua, incerta, indecifrabile. La ripetizione ritmica, infinita di linee verticali e orizzontali, hanno composto una lettera firmata con l’impronta della sua mano sinistra.

Lettera a K. , 1965, bronzo
Come gemme preziose spiccano al centro dell’ambiente le Sfere. Forme perfette, lucide e levigate, ma incomplete, parzialmente distrutte. Una tensione discordante, “una completezza fatta di incompletezze” come dichiarò l’artista stesso nel corso di un’intervista. Spaccature geometriche mettono in luce un interno tormentato, pieno di denti e grovigli, in pieno fermento.
E infine vennero Le Battaglie. Un grande rilievo in fiberglass e polvere di grafite è suddiviso in due parti. Confusione, movimento e agitazione sono le sensazioni che si percepiscono dinnanzi a questo muro suddiviso da una spessa striscia orizzontale. Lance, frecce appuntite creano caos tra le due fazioni separate dalla striscia continua, una barriera invalicabile e impenetrabile, una temporanea oasi di salvezza dove trovare pace.

Le battaglie, 1995, fiberglass con polvere di grafite, credits Dario Tettamanzi
“Una completezza fatta di incompletezze” ha dichiarato Arnaldo Pomodoro durante un’intervista.
Ma il percorso espositivo non si esaurisce qui. Disseminate per le altre sedi milanesi, come la Triennale di Milano o Fondazione Arnaldo Pomodoro sono esposti disegni e fotografie, che fanno parte di quattro progetti visionari. Un silenzioso dialogo intercorre tra la dimensione scultorea, l’architettura e lo spazio circostante. La passione per il teatro di Pomodoro è testimoniata al Museo Poldi Pezzoli attraverso una selezione di 16 modellini di progetti scenici.
Un fil rouge lega le opere e invita alla loro scoperta, come tesori nascosti nel caos urbano. Queste creazioni sono il frutto di ricordi passati provenienti da mondi lontani.