L’attuale Epoca geologica, proposta dai membri dell’Anthropocene Working Group, definita temporalmente a partire dalla metà del XX secolo, nella quale la specie umana è la causa primaria di un cambiamento permanente del pianeta.
Ogni essere vivente lascia un’impronta sulla Terra. Tracce più o meno indelebili che nel corso delle ere sono cambiate fino all’avvento sempre più dominante dell’uomo, che con la sua attività sta portando l’intero Pianeta a cambiare e aggravare la sua salute, come gli effetti sui processi naturali lo dimostrano. Anthropocene, un progetto artistico ospitato al MAST di Bologna, indaga e denuncia l’effetto dell’uomo sulla realtà che lo circonda.

Clearcut #1, Palm Oil Plantation, Borneo, Malaysia 2016
photo © Edward Burtynsky, courtesy Admira Photography, Milan / Nicholas Metivier Gallery, Toronto
Quando le immagini valgono più di mille parole
Il percorso articolato e multimediale di Anthropocene, porta all’esplorazione di ciò che sta accadendo oggi sulla Terra, attraverso l’impiego di immagini straordinarie, catturate dagli obiettivi fotografici di Edward Burtynsky, Jennifer Baichwal e Nicholas de Pencier. I cambiamenti climatici, le catastrofi meteorologiche senza precedenti, l’innalzamento della temperatura terrestre, e lo scioglimento dei ghiacci sono tutte testimonianze del fatto che il ruolo dell’uomo si sia spinto oltre le capacità contenitive del pianeta e sia divenuto la causa primaria di compromissione della sua salute. Un viaggio documentato in sei continenti, per portare alla luce una tesi nuova supportata da immagini spettacolari.

Carrara Marble Quarries, Cava di Canalgrande #2, Carrara, Italy 2016
photo © Edward Burtynsky, courtesy Admira Photography, Milan / Nicholas Metivier Gallery, Toronto
Milioni di uomini. Un solo Pianeta
Gli interventi dell’uomo a danno della natura, sono diventati così invasivi da perdurare e influenzare il corso delle ere geologiche. Le fotografie scattate in luoghi simbolici di oltre 20 Paesi, combinate con arte, cinema e realtà aumentata, evocano la forza distruttiva e modellante di questa azione. Dalle psichedeliche miniere di potassio nei monti Urali in Russia alla devastazione della Grande barriera corallina australiana, dalle surreali vasche di evaporazione del litio nel Deserto di Atacama alle cave di marmo di Carrara e ad una delle più grandi discariche del mondo a Dandora, in Kenya. Immagini forti, dure, dirette, figlie della collaborazione quadriennale tra il fotografo di fama mondiale Edward Burtynsky e i registi pluripremiati Jennifer Baichwal e Nicholas de Pencier.

Jennifer Baichwal, Nicholas de Pencier and Edward Burtynsky working in Northern British Columbia, Canada, 2012_
Photo courtesy of Anthropocene Films Inc. © 2018
Esperienza multimediale
L’esperienza multimediale ospitata alla Fondazione MAST comprende opere di grande formato affiancate al materiale filmico: un grande mosaico di immagini dal forte potere evocativo. Un’esperienza affascinante in cui ogni singolo scatto, dei 35 esposti, illustra temi quali l’estrazione delle risorse naturali, le deforestazioni, le grandi infrastrutture di trasporto, il cambiamento climatico, le discariche e l’inquinamento. Inoltre, quattro enormi murales ad alta risoluzione, realizzati utilizzando tecnologie fotografiche all’avanguardia, portano i visitatori a vivere un’esperienza immersiva e toccare con mano quanto stia accadendo oggi. I dettagli e la complessità delle incursioni umane sono presentate direttamente, senza filtri. Nel percorso espositivo si trovano, inoltre, tre installazioni di realtà aumentata composte da migliaia di immagini fisse e assemblate attraverso un processo chiamato fotogrammetria.

Edward Burtynsky Coal Mine #1, North Rhine, Westphalia, Germany 2015
photo © Edward Burtynsky, courtesy Admira Photography, Milan / Nicholas Metivier Gallery, Toronto
Dal 2013 a oggi, continua l’impegno della Fondazione MAST a portare il visitatore a riflettere, attraverso esposizioni di fotografia, il rapporto dell’uomo con la realtà che lo circonda. La mostra, organizzata dalla Art Gallery of Ontario e dal Canadian Photography Institute della National Gallery of Canada in partnership con la Fondazione MAST di Bologna, è curata da Urs Stahel, Sophie Hackett e da Andrea Kunard, e sarà aperta fino al 5 gennaio 2020.