Cento anni dopo l’apertura della sua prima casa di moda, la mostra Balenciaga, l’oeuvre au noir costituisce un omaggio al couturier dei couturier, mettendo in luce l’abilità di un grande stilista che nel corso della sua vita fu artefice e creatore di vere e proprie opere d’arte.
Cristóbal Balenciaga, stilista spagnolo e artista geniale, elevò il nero, non colore per eccellenza, a cuore dell’intreccio narrativo della sua poetica. Lo ritroviamo oggi, fino al 16 luglio, tra le mura del Musée Bourdelle di Parigi, cornice d’eccezione, per raccontare l’incredibile mondo che lo circonda.
Tra le sculture esposte in fredda pietra e i 70 abiti disposti su manichini stilizzati, sussiste un dialogo fatto di codici segreti. Sguardi pietrificati osservano in silenzio questi capolavori di arte astratta, che hanno rivoluzionato la moda e la storia di quest’ultima.

All’alfabeto dei colori, il couturier risponde con la nota che meglio conosce: il nero, reso materia e oggetto di studio.
È proprio grazie alla monocromia evidenziata in questa esposizione, che la ricchezza e magnificenza delle creazioni dell’architetto – scultore spagnolo risaltano meglio agli occhi.

Era il 1917, quanto Balenciaga aprì il suo primo atelier a San Sebastian, perla dei Paesi Baschi.
Nel 1937, a causa della guerra civile che esplose in Spagna, decise di chiudere le sue maison, per rifugiarsi a Londra. Tuttavia, fu Parigi la sede del suo successo, dove finalmente riuscì a riaprire il suo atelier in Avenue George V, e fare conoscere ai parigini le sue creazioni.
Fortemente influenzato dalla cultura spagnola, in lui radicata, raccontò la moda attraverso l’utilizzo di texture ed effetti grafici speciali.
Il successo non tardò ad arrivare, ma purtroppo il mondo cambia e Parigi vuole la rivoluzione. Siamo nel 1968, quando il couturier decise di chiudere la sua maison di Haute Couture in quanto non si rispecchiava più in quell’era dominata dal pret-à-porter.
Dopo la sua morte nel 1972, la casa venne riacquistata e in breve il marchio si trasformò divenendo l’emblema della modernità, che oggi tutti conosciamo.
Attraverso questa mostra, viene posto l’accento sulle collezioni storiche della maison che non smettono di evidenziare il forte legame con quelle viste nelle ultime fashion week, sebbene siano trascorsi 100 anni dall’apertura del primo atelier da parte del maestro.

La couture e la scultura hanno linee di azione molto simili.
L’armonia delle forme si attua nell’equilibrio delle proporzioni e nella scelta dei tessuti. Il vocabolario tecnico rivela un approccio comune, e per Balenciaga, grande alchimista, gli abiti prendono forma su anonimi manichini.
Alla base di ciascuna creazione, vengono tracciate linee bianche attraverso l’impiego di macchine da cucire, che indicano le fasi successive di montaggio. Una cartografia fatta di punti che rivela il rigore che si cela nella definizione della struttura e costruzione di un capo di alta moda. Come preziosi manoscritti, i bozzetti degli abiti vengono conservati e qua esposti, per preservare il ricordo dell’attività del couturier.

La proporzione delle giacche e la struttura dei tailleur è calcolata fino all’ultimo millimetro per trovare la giusta collocazione sulla silhouette. La scelta dei tessuti, i contorni precisi, la definizione delle linee delle spalle, costituiscono le basi per ogni modello.

Per ciascuna delle stoffe scelta, il maestro adattava la sua tecnica e conduceva la materia a liberare il meglio di sé stessa. Sotto mani esperte tagliava, componeva e cuciva. In un delicato gioco d’ombre, definiva la struttura delle sue opere, per donare volume e struttura alle sue creazioni.
“Solo Balenciaga è un vero couturier.
Solo lui è in grado di tagliare il tessuto, assemblarlo e cucirlo con le sue mani. Gli altri sono semplici disegnatori”.(Coco Chanel)

L’incessante ricerca e sperimentazione, condurranno progressivamente Balenciaga verso una decostruzione delle forme tradizionali per elaborarne di nuove e sempre più stratte.
Più che un involucro per il corpo, gli abiti trovano la loro indipendenza nello spazio come le figure rappresentate dal suo connazionale Pablo Picasso. Le idee prendono forma su fogli volanti, carta da lettere, per poi venire sviluppati in studio dalle sue assistenti, che traducevano le sue intenzioni e ne realizzavano i primi modelli.

In un percorso graduale, lo spettatore è invitato ad immergersi in un contesto travolgente che seduce e sbalordisce al tempo stesso.
La pittura spagnola di Velasquez e Goja influenzò l’uso dei colori, che incontriamo in una delle sale della mostra.
Bianco e rosa: il primo uniforma, il secondo, come delicate pennellate, addolcisce i capi e rende più intense le tonalità di nero.
