L’universo femminile diventa il cuore pulsante della mostra Woman: The Feminist Avant-Garde of the 1970s.
In uno dei più importanti musei di arte moderna, il Mumok di Vienna, saranno esposte più di 300 opere provenienti dalla collezione Sammlung Verbund, che andranno ad esplorare il concetto di donna, e della sua evoluzione, in una società dominata dal genere maschile.
Siamo negli anni ’70. Le proteste e le rivendicazioni di diritti e dei movimenti pacifisti diventano il marchio di fabbrica di un’intera generazione.
48 artiste, provenienti da ogni parte del mondo, vissero nel pieno di un’epoca contrassegnata dalla voglia di cambiamento, dove cominciarono a creare il proprio concetto di donna, che si discostava nettamente da quello che era per l’immaginario collettivo: musa, modella, ma anche e soprattutto donna oggetto.
Cambiare lo stereotipo radicato nella cultura popolare, non fu impresa semplice, tuttavia armate di macchina fotografica, cominciarono a raccontare a suon di click, sé stesse e le altre donne, divenendo parte attiva nella vita sociale e politica.
In questo senso, il lavoro di queste fotografe fu quello di creare consapevolezza nei confronti di ciò che da sempre viene definito il “sesso debole”.
A loro spetta il merito di aver dato una svolta al mondo della fotografia, divenendo pioniere di uno storytelling per immagini, che si tradusse in un documentario visuale.
Gabriele Schor, direttore creativo della mostra, afferma che è interessante osservare come queste artiste, pur non conoscendosi tra loro, poiché provenienti da parti diverse del mondo, abbiano sviluppato strategie affini.
C’è stato un tempo quando i diritti civili e i movimenti delle donne stavano guadagnando terreno, che la condizione femminile era un argomento di dialogo molto frequente, sia nella vita privata che in quella pubblica.
Le donne cominciarono a organizzare mostre, manifestazioni, fondare giornali e magazine per far sentire la propria voce. Interessante notare come esse utilizzarono molto la fotografia, i video e i documentari per raccontare sé stesse.
Attraverso l’uso di maschere e costumi, esplorarono i cliché storici e quotidiani per smascherare le nozioni di identità e femminilità come costrutto sociale.
L’artista scompare e al suo posto va a occupare un ruolo nuovo, al fine di raccontare qualcosa sul mondo, e rappresentare più facilmente archetipi e stereotipi.
L’abilità di Cindy Sherman nell’alterare in modo convincente la propria apparenza nella serie, per esempio, si è rivelata una fondamentale espressione visiva del femminismo delle teorie postmoderniste.