Un incontro speciale tra l’arte e il mondo del fashion, passando attraverso la creatività e l’estro estremo di Fiorucci, uno stilista che ha anticipato i tempi e riscritto i codici della moda.
Elio Fiorucci, fino al 6 gennaio 2019, sarà in mostra a Cà Pesaro con una personale intitolata Epoca Fiorucci. Un altro avvincente dialogo tra due realtà separate, ma ben unite dagli stessi presupposti, è in corso.
Questa volta a stare al centro della scena troviamo l’esplosiva creatività di Elio Fiorucci, il celebre fashion designer milanese scomparso nel 2015, definito da molti il “paladino della moda democratica”.
Fiorucci, figlio di un commerciante di calzature, fu una personalità unica, capace di mettere in atto una rivoluzione nel mondo della moda, portando nella Milano perbenista, quello spirito più libero e trasgressivo che a fine degli anni sessanta invadeva le strade di Londra: la Swinging London, e la sua generazione di giovani, con le proprie idee innovative e futuribili.
Lo stilista, amante del colore, musica e architettura, era sempre all’avanguardia rispetto ai propri colleghi dell’epoca grazie al suo spirito giovanile e aperto nei confronti di altri mondi e culture, divenendo per tutti un fuoriclasse.
L’amore per l’arte e l’architettura porta Fiorucci a circondarsi di architetti come Sottsass, Mendini, Branzi, De Lucchi – grandi innovatori al pari suo – o di artisti del calibro di Keith Haring, Jean-Michel Basquiat, Andy Warhol, ai quali chiedeva collaborazioni creative concrete per realizzare luoghi, narrazioni, eventi dove protagonisti erano la persona e i suoi desideri.
«Fiorucci è stato una sorta di Marcel Duchamp non solo della moda ma, si potrebbe dire, nel modo di disegnare le cose, gli spazi,
le relazioni tra l’oggetto e la persona».Aldo Colonetti, curatore della mostra Epoca Fiorucci
Fiorucci è stato il primo “stilista” a livello internazionale ad affidare a questi artisti della materia la rappresentazione e la comunicazione dei suoi capi e accessori d’abbigliamento, intesi, come lo definirebbe McLuhan, l’estensione della persona e della propria identità. Narrare lo stile di Elio Fiorucci significa ricostruire un’epoca, una rivoluzione della moda e del costume, che si opponeva e scontrava con la mentalità più conservatrice e borghese dell’epoca.

Quanto scalpore il suo primo Fiorucci Store in Galleria Passarella a Milano, disegnato da Amalia Del Ponte, così come quello di New York del 1967, situato sulla 59th Avenue di New York, punto d’incontro di tanti giovani e grandi artisti del panorama internazionale: da Andy Warhol alla giovanissima Madonna che tenne il suo primo concerto nell’83 allo Studio 54 proprio in occasione dei quindici anni di attività di Fiorucci.
I famosi graffiti graffianti di Keith Haring, invadono nel 1983 le pareti del suo store milanese. Per non dimenticare l’amicizia con Oliviero Toscani e la frequentazione di Vivienne Westwood: la rivoluzione è scritta nel marchio.

Epoca Fiorucci: l’imperdibile mostra a Cà Pesaro.
La mostra Epoca Fiorucci, curata da Gabriella Belli e Aldo Colonetti con Elisabetta Barisoni e con la collaborazione di Floria Fiorucci e dell’Archivio Fiorucci, è proprio questo, un percorso a ritroso, tra ricordi del passato e sogni del futuro, in perfetta linea con il designer, dove il colore è predominante e il caos creatore, mentre l’idea nasce dalla confusione.
Una biografia di oggetti, immagini, prodotti, manifesti, ma anche documenti, una sorta di “grande mercato delle idee e delle cose” allestito come se fosse un’antologia delle cose. La sala Elio e il suo mondo ripropone il suo universo creativo attraverso immagini e ricordi delle persone che hanno lavorato con lui, mentre sui tavoli sono raccolti gli oggetti più disparati prodotti e venduti da Fiorucci in tutto il mondo, per oltre trent’anni.
Quando espressione artistica, geniale, vita urbana, sentimenti, persone e culture si fondono insieme non può che declinarsi in un racconto rivoluzionario che può cambiare (in meglio) la società e le persone che la abitano.
Le anime cosmopolite e iconiche presenti nelle fotografie disposte lungo il percorso espositivo, ci fanno chiaramente comprendere come l’arte, declinata in tutte le sue forme, possa effettivamente cambiare il volto della realtà.
