Fino al 5 febbraio 2017 Francesco Somaini e le sue opere sono in mostra nelle sale della Triennale di Milano.
Una personale che ripercorre il periodo trascorso negli Stati Uniti, importante stagione dell’opera creativa, che ha portato l’artista Francesco Somaini a una nuova riflessione sul rapporto tra arte e architettura.
“Alla scultura ormai non resta come futuro che il campo urbano e sociale e la misura e i modi che ne conseguono”
Un poeta dell’arte, plasmatore di materia.
Francesco Somaini, artista italiano, classe 1926, abbraccia una narrazione plastica luogo di metamorfosi continua.
Una vita intensa dedita alla scultura, dove in breve tempo, grazie alla sua partecipazione alla Biennale di Venezia nel 1956, si affermò sul panorama internazionale.
Ferro, piombo e peltro sono in questa prima fase i suoi alleati, forgiati dal fuoco e aggrediti dalla fiamma ossidrica.
Ogni opera è figlia del suo lavoro eseguito nel laboratorio di Lomazzo (Como). Siglata e firmata singolarmente lascia una traccia tangibile nel mondo al fine di ribadire la sua appartenenza alla grande tradizione della scultura italiana.
Punto di svolta nella carriera dello scultore lombardo Francesco Somaini, il periodo trascorso negli Stati Uniti.
Un momento di grande impatto sulla sua attività artistica. Vissuta, studiata e fotografata durante i suoi frequenti viaggi di lavoro tra gli anni sessanta e settanta, la Grande Mela e il suo skyline furono oggetto di indagine che portarono l’artista a realizzare sculture futuribili. Questo straordinario momento creativo e di grande formazione personale proseguì poi con l’inaugurazione, verso la metà degli anni ’70, delle sculture monumentali progettate per le città d’oltreoceano come Baltimora, Atlanta Rochester.
Attento al rapporto tra volumi geometrici e impianto architettonico, è convinto che la scultura abbia il compito di riqualificare il tessuto urbano.
La mostra, Francesco Somaini uno scultore per la città. New York 1967-1976.
Allestita nelle sale della Triennale di Milano e curata personalmente da Luisa Somaini, figlia dell’artista ed Enrico Crispolti, si pone come scopo primario quello di analizzare il rapporto tra arte e architettura filtrato e influenzato dalle teorie sulla città del sociologo Lewis Mumford.
Il percorso espositivo si snoda attraverso 16 sculture, 15 disegni progettuali e 14 fotomontaggi, tutti provenienti dall’Archivio Somaini.
Al centro della sala, figure sinuose, antropomorfe realizzate in bronzo si arricchiscono di riferimenti ai corpi delle arti classiche. Alle pareti i fotomontaggi indicati come Archisculture mostrano vedute realizzate con china su ampi pannelli in carta o ensemble fotografici che fondono tra loro borghi antichi medievali e il moderno skyline newyorkese. Uno scontro tra passato e futuro che mette in luce i limiti delle città.
Uno stretto dialogo intercorre tra uomo e materia, dove le sculture enigmatiche e sperimentali affondano le radici nell’antichità slanciandosi in moderne visioni utopiche.
Nell’intimità del suo atelier, spazio misterioso e teatro del fare, ebbe modo di sperimentare tecniche nuove come la tecnica dell’intaglio con il getto di sabbia.
Grande comunicatore attraverso un linguaggio creativo e informale, l’intento dell’artista, come scrive Giulio Carlo Argan, “non è quello di costruire o ricostruire la città, ma di interpretarla e renderla significante”.