Frida Kahlo. Oltre il mito.
La mostra evento sull’artista messicana più famosa e acclamata al mondo. Un progetto speciale, frutto di sei anni di studi e ricerche, che si propone di delineare una nuova chiave di lettura attorno alla figura dell’artista. Curata da Diego Sileo, fino al 3 giugno 2018, i migliori capolavori mai visti in Italia, saranno esposti nelle sale del MUDEC di Milano.
Ho visto il suo ritratto e mi sono emozionata. Quegli occhi scuri mi guardavano, con aria di sfida. Le sue sopracciglia inconfondibili, lo sguardo deciso e sicuro, di chi non ha paura e non teme nulla, neppure della morte. Questa è Frida, una donna forte ogni misura. Prima artista donna che ha reso il corpo un manifesto della propria femminilità diretta, esplicita, a volte violenta, rivoluzionando il ruolo femminile nella storia dell’arte. Ma dietro a un corpo sottoposto agli sguardi del pubblico, si cela la vera natura fragile e nello stesso tempo indistruttibile, sofferente ed emotiva, che si piega ma non si spezza. Così si apre la mostra. Con un disegno a matita e colori, quelli tipici dei suoi abiti messicani, che mettono a nudo la sua soggettività più profonda e intima, riservata solo alle tele e ai suoi cari.
Frida Kahlo si è sempre identificata con la sua Terra.
Il Messico, rappresentato nelle sue opere tramite gli abiti da lei indossati, la bandiera, ma anche i frutti della Madre Terra, composti e scomposti in nature morte, che riflettono frangenti del quotidiano. I colori vividi, W LA VIDA, la passione e la forza vibrante che scorreva nelle vene dell’artista le possiamo qua ritrovare, pennellata dopo pennellata, quando costretta a letto a osservare un soffitto bianco, dipingeva autoritratti riempiendo di colore tele candide.
Il tempo storico elaborato attraverso opere che hanno la capacità di scandagliare il presente in relazione con l’urgenza di un contesto attraversato da violenti conflitti. L’arte di Frida Kahlo è intrisa di vita politica dell’epoca in cui visse, che non può essere separata da quel contesto.
Guardare un’opera di Frida equivale provare lo stesso dolore, che attraverso le sue eccellenti doti artistiche ed espressive, trasmette all’osservatore.
L’artista aggredisce la sua sensibilità rappresentando il dolore attraverso azioni colte tra il reale e il metaforico. Crea immagini torturanti, potenti, disturbanti, necessarie per mettere in pratica una strategia deliberata, intesa a mandare in frantumi l’apparenza e il sentimento di impotenza. Attraverso un moto di silenziosa ribellione porta la morte sulla pubblica piazza rimuovendo il confine tra ciò che è vivo e morto, il personale e l’impersonale, un insieme di forze invisibili che sfuggono da fenomeni e trasformazioni psichiche.
E poi c’è lui, Diego. Il suo Diego. Un amore passionale, travolgente, catastrofico, ma reale, vero, puro. Ogni quadro, fotografia, disegno non smette di raccontarlo. Lui è sempre nei suoi pensieri, nel cuore, e sebbene rappresenti un veleno costituisce al contempo il suo ossigeno. Un gioco di ossimori che non smette di sussistere nella pittura dell’artista.
Prima di lasciare la mostra, incontriamo gli scatti rubati del bagno di Casa Azul, la casa dove Frida e Diego vissero a Città del Messico, l’unica stanza non visitabile. Un ambiente angusto, che nasconde tutto il dolore e la sofferenza che la pittrice ha dovuto sopportare nel corso degli anni. Le piastrelle scheggiate, i muri scrostati, i busti, le stampelle, la protesi, una sorta di camera degli orrori che evidenzia l’aspetto più intimo di Frida, volto a testimoniare la vera sofferenza quotidiana, celata dal colore degli abiti e della sua pittura.
Una mostra rivoluzionaria, proprio come Frida, che sarà in grado a smuovere, nei cuori dei suoi visitatori, i sentimenti più profondi e lasciare un segno negli occhi del pubblico.
Mi auguro che l’uscita sia allegra e spero di non tornare mai più.
Frida Kahlo