Fino al 23 febbraio 2019 la Galleria Gruppo Credito Valtellinese di Milano ci riporta indietro negli anni ’80 per mostrarci luci e ombre di quello che è stato il “decennio degli effetti speciali”, come Umberto Eco lo definì nel corso di Tangentopoli e da cui prende il nome la mostra stessa.
Un caleidoscopio visivo dell’epoca, rappresentata come un avvicendamento in libera sovrapposizione cronologica di cultura, società spettacolo, arti, design e grafica. Un intreccio di storie diverse di quella che ha caratterizzato e definito la famosa Milano da Bere.

I meravigliosi anni ’80 tra miti e ricordi
Curata da Leo Guerra e Cristina Quadrio Curzio con la consulenza scientifica di Valentino Catricalà e Mario Piazza, la mostra Reality 80, il decennio degli effetti speciali ci presenta i frammenti degli eventi più salienti che hanno scandito uno dei decenni dell’epoca moderna più controverso e criticato.
Dall’attentato a Papa Wojtyla nel 1981, al congresso del PSI all’Ansaldo dell’89, di cui, in una delle sale espositive della mostra, troneggia il modellino della piramide pensata da Filippo Panseca. A seguire, la caduta del Muro di Berlino e il remake del murale di Keith Haring, oggi andato perduto. Il tutto affiancato da oggetti ‘cult’ quali il circuito dinamico del Pac-Man nel formato Arcade tower da sala giochi e la parata di sorprese, gadget, ‘Regalissimi’, inclusi nelle merendine della generazione dei Paninari. Reperti del passato recente, che ancora rievocano ricordi nelle menti di chi ha vissuto in prima persona quegli anni.
Accanto a queste reliquie frutto del consumismo, troviamo, esposti, i 50 scatti fotografici di Maria Mulas che illustrano e documentano una Milano tutta da vivere al massimo del suo splendore tra un party scintillante e l’altro, che nasconde però grandi scheletri nell’armadio. Da una parte troviamo la libertà, il piacere di assaporare uno dei migliore dei tempi, dall’altra ritroviamo la schiavitù, l’AIDS, e le morti innocenti causate dalle Brigate Rosse.
Gli anni 80 non sono che uno show controverso in cui si desiderava emergere, mostrarsi, apparire e costruirsi una propria identità
Dal lavoro al consumo bulimico di marchi che hanno scritto la storia dei cosiddetti Paninari: ai piedi solo scarpe Timberland, i bomber Moncler, le borse Naj-Oleari, le cinture El Charro. La moda anni ottanta regnava, dettava legge e i giovani di allora si adeguavano a ciò che stava trasformando la società. L’adesione a un gruppo era sinonimo di identificazione per emergere dal caos.
L’arte stessa fu vittima degli oggetti di consumo: le caffettiere Alessi, i vinili, i videogiochi furono motivo di ispirazione. Mentre il design Milan made trova un nuovo alfabeto visuale. I nuovi pattern degli anni Ottanta: punto, retta e triangolo troneggiano sulle copertine di Domus e altri impaginati di Ettore Sottsass e Christof Radl esposti come testimonianza.

Le barriere tra i mondi decaddero e tutto si fuse insieme in una compenetrazione tra arti applicate e arti visive. Produzione e consumo uno conseguenza dell’altro.
Non resta che chiederci, cosa resterà di questi anni ’80?