Vasilij Kandinskij, colui che sovvertì il linguaggio pittorico del Novecento in maniera innovativa e radicale, è protagonista al MUDEC, il Museo delle Culture di Milano.
Un percorso espositivo originale, che va alla scoperta delle fonti di ispirazione dell’immaginario dell’artista, attraverso le suggestioni visive che hanno accompagnato la sua formazione.
In mostra fino al 9 luglio 2017.
“Per anni e anni ho cercato di ottenere che gli spettatori passeggiassero nei miei quadri; volevo costringerli a dimenticarsi, a sparire addirittura lì dentro. A volte ci sono riuscito, ne ho visto l’effetto sui loro volti”
È il viaggio, e le sue conseguenze, il tema generale della mostra “Kandinskij. Il cavaliere errante in viaggio verso l’astrazione” curata da Silvia Burini e Ada Masoero.

Vasilij Kandinskij - Non-obiettivo (Le naïves), 1910 - Olio su tela, cm 50×66 Krasnodar, Museo Regionale d’Arte © Krasnodar Regional Arts Museum after F. A. Kovalenko
Un viaggio reale e metaforico a più livelli: come una concreta esperienza nel Nord della Russia, compiuta da un giovane Kandinskij studente universitario da un lato, e come viaggio interiore e artistico che lo condurrà all’astrazione della sua pittura, dall’altro.
Varcando la soglia della grande sala del MUDEC, il Museo delle Culture di Milano, siamo tutti invitati a compiere un’esperienza all’interno del suo laboratorio creativo, che esplora il percorso formativo compiuto dall’artista nel corso della sua carriera. Suppellettili, tessuti, giocattoli, stampe popolari affiancano le 49 opere di Kandinskij, alcune delle quali inedite in Italia, fungendo da coadiuvanti per comprenderne l’evoluzione artistica.
Dalla tradizione popolare, alle favole dell’infanzia, passando attraverso la spedizione nella regione di Vologda, un paesino a 500 chilometri a nord della capitale russa, dove si incontra con le arti decorative, per poi giungere al rapporto con la Madre Mosca. E così, nella sede milanese, dove si celebrano le culture per antonomasia, siamo chiamati ad assistere al viaggio, che lo avrebbe condotto dalla pittura figurativa al distacco dall’oggetto e quindi all’astrazione.
Sono i ricordi di infanzia dell’artista Vasilij Kandinskij a comunicare.
Nella sala viene analizzato il tema del cavallo e cavaliere. Due figure fuse in un’unica entità. Il rapporto di fiducia che si crea tra umano e animale è un rapporto complesso che rivive oltre nei ricordi d’infanzia, anche nell’immaginario collettivo che si nutre di fiabe e dell’epos russo e tedesco. Il cavaliere, con o senza cavallo, accompagnerà a lungo l’artista in decine di rappresentazioni diverse, sia per la tecnica (acquerello, xilografie, lineografie) sia per l’interpretazione del motivo.
Iniziamo a scorgere un cambiamento del segno pittorico dell’artista, che lentamente si trasforma. Se nel dipinto centrale, pietra miliare della sua produzione artistica Il Cavaliere, del 1914, è chiaramente riconoscibile la scena raffigurata, nell’ultimo quadro della sezione, Composizione colore del 1920, esso cambia, diventa più astratto e si avvicina al codice simbolico che caratterizzerà la sua grammatica e sintassi compositiva.
“Mia madre era nata a Mosca e incarnava tutte le caratteristiche di questa città”
Nella terza sala, intitolata Madre Mosca, l’artista russo equipara la sua amata città e la madre in una dissonante armonia.
In questa sezione, un’esplosione visiva di figure semi astratte conducono il visitatore ad osservare gli scorci paesaggistici dipinti che lo stesso Kandinskij aveva colto nella realtà e trasposto sulla tela. Attraverso la mano del pittore, entriamo in contatto con il Porto di Odessa, e con Mosca. Piazza Rossa, uno dei dipinti cardine della collezione esposta, dove il pittore raffigura la città come “madre” avvolgente, che costituisce il centro dove farvi ritorno.
E infine arrivò l’astrazione.
Lentamente, perseguendo un percorso tortuoso, l’artista comprese che l’oggetto era dannoso per i suoi dipinti. Fu una scoperta casuale, che portò l’artista ad elaborare un nuovo codice pittorico costituito da poche linee evocative. Le forme qua si dissolvono e astraggono, sono “improvvisazioni”, fusioni di cromie. Senza titoli, acquerelli, linee e movimento. Un mondo scomposto e ricomposto sulla tela.