Il mare, il cielo, un lago, un taglio. Mistico, onirico, cosmico, sacro. Un viaggio tra le più importanti opere d’arte all’incanto nelle prossime aste americane, attraverso i lampi d’olio della cromia fredda per eccellenza. Un valzer sulle arie del blu, e i suoi appunti a pennello, tra le lunghezze d’onda di alcuni capolavori simbolo delle vendite milionarie in arrivo.
Cinquanta sfumature di blu, sotto i cieli celesti di Manhattan. L’ultimo e definitivo capitolo della saga pseudo erotica va in mostra nella sua sublimazione più riuscita, quella delle settimane di aste newyorkesi. Turchese, bagnato, onirico, elettrico. Ma anche mistico e fiordaliso, di Prussia e di Persia. C’è un filo blu che scivola perpetuo sulla passerella patinata tra Midtown e Upper East Side, una chiave cromatica tutelare nella quale proviamo a condensare alcuni lampi mistici (e magici) delle tornate d’incanti statunitensi. Un poker di perle dalle sfaccettature cobalto che scintillano nei cataloghi della Marquee Spring Week, accompagnate nei toni dei sospiri oceanici di un diamante Bulgari che balena dall’altra parte dell’Atlantico, in terra elvetica, deviazione concessa per la rarità della classificazione-colore che porta con sé la gemma: Fancy Vivid Blue. Tutto, o quasi, il 16 maggio, sia a New York che a Ginevra dov’è ancora incastonato il cristallo all’incanto. “Si seulement il faisait du soleil cette nuit”, se solo il sole venisse fuori stanotte, scrisse André Breton nell’apertura de L’Aigrette nel 1923. Esattamente un secolo più tardi i raggi di quel sole irradiano York Avenue (sede di Sotheby’s NY), dopo aver accarezzato Londra l’anno scorso con un Amour Fou da 80 milioni di dollari. E record totale fu a New Bond Street, nel marzo 2022, per quel capolavoro-icona de L’impero delle Luci creato dalla follia razionale del genio belga, sovvertendo nel rettangolo di tela il tempo e la luce in una nuova realtà. Magritte, che diede vita a una delle più sublimi traduzioni pittoriche dei versi del vate del Surrealismo, Breton. Magritte, che ora prova a ripetersi con un’altra variazione del tema. Perché delle 33 opere della Collezione Mo Ostin, leggendario dirigente della Warner Bros scomparso pochi mesi fa a 95 anni, il top lot sarà proprio questa apparizione turchese de L’Empire des lumières, del 1951. Un paradosso concettuale e visivo, stimato fino a 55 milioni di dollari, acquistato dal discografico newyorkese nel 1979 e da allora non più visto in pubblico. Magritte inizia a lavorare su una versione di questo soggetto nel 1948, tornando sull’idea numerose volte nel decennio successivo, reinventando e arricchendo attentamente ogni nuova composizione. Il risultante gruppo di diciassette oli costituisce uno dei rari tentativi del belga di creare una “serie” all’interno della sua opera. Di tutto il ciclo il quadro in questione è l’unico a utilizzare il fogliame verticale dominante, un albero eccezionalmente alto che strugge il cielo, posizionato minacciosamente a destra del maestoso maniero scandito da misteriose finestre luminose. Gli fa da eco e contraltare terreno, saldo alla terra senza alcuno slancio ai vapori turchesi, un grande masso, posto in primo piano, ma quasi nascosto nella notte del giorno.
René Magritte, L’Empire des lumières, 1951. Courtesy of Sotheby’s
Sempre 16 maggio, ancora sponda Sotheby’s, diversa Collezione: Ambroise Vollard, leggendario mercante d’arte del XX secolo nonché immenso mecenate e sostenitore degli artisti del suo tempo, tra cui Gauguin, Renoir, Matisse, Cézanne. Quattro opere recentemente restituite agli eredi passano sotto il martello della maison di Patrick Drahi. A guidarle una natura morta di Paul Gauguin stimata 10-15 milioni di dollari, rimasta appesa alle pareti del Museo d’Orsay per quasi quarant’anni. Non una still life qualunque. Anzi, come ci raccontano dalla casa d’aste l’opera è uno dei migliori esempi del genere realizzati da Gauguin mai apparsi all’asta. Dipinta nel 1885 a Copenaghen, satura di accenti tonali contrastanti, si fa notare per i suoi vividi di trionfi di blu, qualcosa di assolutamente singolare nella tavolozza dell’artista. Dagli inserti della tappezzeria alle temperature dei vetri del vaso, passando per i riverberi fiammanti sul mandolino, le porcellane e sulla carne dei petali delle peonie. Il titolo prende forma dai soggetti appena citati, un classico Nature morte avec pivoines de chine et mandoline, di matrice fortemente cézanniana, maestro di una generazione intera (e di tutto il Novecento) con il quale aveva trascorso molto tempo a Pontoise pochi anni prima. L’influenza di Cézanne si vede nella prospettiva leggermente distorta, nell’uso di pennellate diagonali e nei contorni che definiscono le forme delle foglie. Le sperimentazioni del periodo danese costituiranno una delle fondamenta del movimento postimpressionista – si consiglia, a tal proposito, la bella mostra After Impressionism alla National Gallery di Londra, fino al 13 agosto, magari dopo una visita alla Tate Modern per cogliere i fiori di Mondrian nell’esposizione in tandem con Hilma af Klint.
Paul Gauguin, Nature morte avec pivoines de chine et mandoline, 1885. Courtesy of Sotheby’s
Assemblando i due capolavori appena citati il risultato sarebbe logico, e d’obbligo: Les Flamants di Henri Rousseau, stimato 30 milioni di dollari (Christie’s, 11 maggio) e già certo di record per l’artista (fermo a 4,4 milioni). I fenicotteri all’asta infatti conciliano la potenza di natura-sacro dei fiori di loto, grandi il doppio rispetto ai protagonisti uccelli in rosa, a quella della immaginazione-sogno della creazione umana. Ma non smarriamo la bussola nel sogno e restiamo ancorati alla realtà, nel fatidico martedì 16. Lasciamoci folleggiare tra le acque iridescenti del lago Attersee, sospesi nel mezzo di uno dei paesaggi più evocativi di Gustav Klimt: Insel im Attersee, del 1901-1902, stima 45 milioni. Un capolavoro dal sapore madreperla. L’inquadratura è tagliata, il cielo si alza poco sopra la linea dell’orizzonte, mentre un’isola emerge appena dalla superficie dell’acqua, talmente poco che è impossibile definirla come una presenza. A dominare la scena è proprio il lago, con le sue onde leggermente increspate, quel tanto che basta per attivare riflessi e guizzi che luccicano per tutto il dipinto dimenandosi dall’azzurro al viola. Il vero soggetto diventa l’interazione di luce e colore, la costruzione di una trama lucente che spazia nei blu, gialli e verdi, piuttosto che una rappresentazione naturalistica delle movenze d’aria sull’acqua.
Gustav Klimt, Insel im Attersee, 1901-1902. Courtesy of Sotheby’s
Dalle morbide lattescenze degli zuccheri, pervinca e fiordaliso che si agitano sulla pellicola pittorica del lago agli abissi di blu elettrico Klein, cosmico secondo le attese di Lucio Fontana. Omaggio alla valenza mistica monocroma dei lavori di Yves Klein, questo Concetto Spaziale (1,8-2,5 milioni, Sotheby’s, 19 maggio) realizzato nell’ultimo anno di vita di Fontana (1968) è un vero e proprio emblema della poetica spazialista, in bilico tra pittura e scultura, analitica minimale e violenza di materia. I tagli, è noto, rivelano un terzo piano al di là della tela, assorbendo il fruitore in una nuova dimensione. Momento e movimento risolutivo perfetto per chiudere il cerchio del nostro valzer sui modi del blu, sedotti dagli spasmi scultorei del Bulgari Laguna Blu, da 11,16 carati, in asta a Ginevra per la Luxury Week (stima 25 milioni). Sotheby’s chiude così la sua personale trilogia di gemme preziose. Dopo Eternal Pink (stima 35 milioni), il diamante rosa più prezioso mai apparso all’asta, e l’Estrella de FURA (stima 30 milioni, entrambi in vendita l’8 giugno nella Magnificent Jewels di New York), il più grande rubino mai arrivato sul mercato, la casa d’aste affonda nelle profondità degli oceani, nell’afflato del blu. Perché una cosa è certa, e va oltre l’affare milionario: il diamante sarà per sempre, ma è nel dolce naufragare del mare che si respira l’infinito.