Sull’asse Belgio-Stati Uniti si muovono i desideri dei grandi collezionisti internazionali, quelli dai palati più raffinati, sedotti dal riverbero della storia, tra olio, bronzo e pastello. La “Settimana Classica” sfila tra le vedute veneziane e le gelate di Central Park mentre i sapori eclettici dei mercanti fiamminghi si distribuiscono sull’altopiano dell’Heysel. La stagione del mercato dell’arte è ricominciata.
New York-Bruxelles andata e ritorno. Come tradizione comanda, sul calar di gennaio si alza preziosa la voce degli Old Masters. Gli Antichi Maestri, i quadri che a distanza di secoli illuminano ancora lo spirito degli avventori più sofisticati, sono i protagonisti dei primi due grandi eventi della nuova stagione: Brafa Art Fair nella capitale belga, la Master/Classic Week nella Grande Mela. Le arie gelide delle due città si dissolvono presto tra i corridoi fieristici di Brussels Expo e le sale d’onore e d’incanto a Manhattan, sedi delle aste più celebri al mondo, quelle di Christie’s e Sotheby’s. Domenica prossima, 28 gennaio, Brafa dà il via alle danze. Giunta alla sua 69esima edizione, anche quest’anno la manifestazione fa fede alla sua identità eterogenea e multiculturale, raccogliendo per una decina di giorni (fino al 4 febbraio con preview il 26 e 27 gennaio) 132 gallerie internazionali per una ammaliante miscellanea storico-artistica. Si spazia, come di consueto, tra secoli di storia, epoche e stili: dall’archeologia al design, dalla pittura fiamminga all’arte africana, passando per gli orientalismi, le pendulerie, la scultura, i fumetti, e ancora i libri rari, i gioielli e la fotografia. Filo rosso sarà il Surrealismo, di cui ricorrono i cento anni dalla pubblicazione del Manifesto da parte di Breton nel 1924. Riflettori puntati in particolare sul pittore di casa Paul Delvaux, con tanto di mostra monografica allestita all’interno degli spazi espositivi dalla Fondazione omonima. Moltissimi i suoi dipinti negli stand per un percorso “surreale” tra le gallerie partecipanti: dal Nu dans l’atelier della Galerie Jean-François Cazeau, al formidabile La Fin du Voyage presentato da Opera Gallery; passando per Femmes devant la mer e L’été esposti da Francis Maere Fine Arts, La danse macabre nello stand di Harold t’Kint de Roodenbeke, Deux Femmes nello stand della Galerie Oscar De Vos, L’Annonciation presso Van Herck-Eyckelberg, La Tente rouge presentato dalla Galerie Taménaga e Alésia ou les captives esposto dalla Guy Pieters Gallery. Numerosissime le opere di altri maestri surrealisti, a partire proprio da una delle diciannove copie originali rimaste del Manifeste du Surréalisme a fare bella mostra di sé, esposta dalla Librairie Lardanchet di Parigi, nello stand della Chambre professionnelle belge de la Librairie Ancienne et Moderne. Oppure la Composition surréaliste di Léopold Survage, del 1916, precedente quindi al manifesto ma riferibile comunque al movimento, che appassionati e collezionisti potranno ammirare nello spazio dello storico presidente di Brafa, de Roodenbeke.
Paul Delvaux, La Mise au tombeau, 1957 © Foundation Paul Delvaux, Belgium SABAM, 2023 © Photo Vincent Everarts
Non solo Delvaux, non solo Breton. Immancabile il più celebre di tutti i surrealisti: René Magritte. Tra le opere di pregio in fiera, impossibile non soffermarsi su Le Palais de rideaux, presente nello stand della Galerie de la Béraudière. Un pezzo di storia che può vantare tra i suoi proprietari più illustri Marcello Mastroianni. Il protagonista de La dolce vita, collezionista eclettico e curioso, lo acquistò nel 1965 da un gallerista romano e lo conservò per diversi anni nella sua villa di Fregene. L’olio fu dipinto nel 1928 a Parigi, in un periodo cruciale della vita di Magritte, durante il quale sviluppò il suo peculiare stile surrealista. Le quattro forme antropomorfe su uno sfondo dorato fungono da schermo (o forse da portale) verso un regno inaspettato e sconosciuto. Delimitate da uno strano tubo apparentemente metallico, una delle forme è riempita da una tenda, mentre la sua vicina lascia intravedere il caratteristico cielo pieno di nuvole del pittore belga. Le altre due lasciano trasparire una foresta e una trama di legno. Giocando con i concetti di collage, superficie e natura della rappresentazione, Le Palais de rideaux racchiude le varie idee artistiche che Magritte stava esplorando in quel periodo, aggiungendo, con le forme simili a figure, un elemento decisamente umano.
René Magritte, Le Palais de Rideaux, 1928 (Galerie de la Béraudière, Brafa 2024)
La capitale d’Europa chiama, la capitale del mercato risponde. New York, epicentro iper consolidato degli scambi d’arte internazionale, si fa regale per il primo appuntamento cruciale del semestre ma perde la sua Regina. Doveva essere il primo botto dell’anno, invece nulla, la Reina di Velázquez (un ritratto a figura intera di Isabel de Borbón, regina di Spagna e prima moglie di Filippo IV) da record (doveva valere almeno 35 milioni di dollari) è appena stata ritirata da Sotheby’s a causa delle “discussioni in corso” tra i venditori del capolavoro, un fondo familiare privato negli Stati Uniti che possiede l’opera dal 1978. Il lotto doveva passare in asta il primo febbraio nella tornata serale della Master Week ma nulla, notizia che lascia interdetti visto il bombardamento mediatico, legittimo, con cui era stata annunciata. Un fulmine a ciel sereno per la maison di Patrick Drahi, che prova subito a rifarsi con una tripletta da capogiro: una busta Mulready, risalente al 1840, con apposto un Penny Black (la prima inviata utilizzando un francobollo prepagato), un pezzo della storia della moderna comunicazione di massa, stimata 1,5-2,5 milioni di dollari; e due autoritratti: uno di Rubens stimato 3-5 milioni e l’altro del suo allievo prediletto Van Dyck offerto a 2-3 milioni di dollari.
Penny Black Affixed to a Mulready Envelope, 1840. Courtesy of Sotheby’s
Chiude la nostra girandola di glorie del passato l’altra signora degli incanti, Christie’s. Del poker di aste che andranno in scena live al Rockefeller Center, brilla la Quentin Collection: 15 lotti che insieme formano una raccolta di assoluto livello, tra le più importanti di sempre dedicate alla scultura rinascimentale e barocca. A guidarla un bronzo del Giambologna, Marte, fuso da un assistente dell’artista guidato dal maestro (stima 7-10 milioni di dollari). Segue Venere che nasconde un cuore a Cupido di Carlo di Cesare del Palagio (stima 1-2 milioni), Marte e Vulcano di Giovanni Bandini (stima 1-1,5 milioni) ed Ercole di William van Tetrode (stima 400-800 mila). Negli altri cataloghi spicca la grande pittura italiana: dal Ritratto di un donatore inginocchiato di Vittore Carpaccio (stima 300-500 mila) alla coppia di orizzonti veneziani di Michele Marieschi: Il cortile dello scalpellino sul Canal Grande e una Veduta del Palazzo Ducale (stima 2-3 milioni di dollari). D’epoca rinascimentale Sant’Antonio Abate del Beato Angelico (stima 1-1,5 milioni) e un fronte di cassone dipinto da Lo Scheggia raffigurante la Storia di Coriolano (stima 1,2-1,8 milioni). Di sapore fiammingo, invece, quindi ben lontano dagli umori del Belpaese ma chiosa calzante per tornare in Belgio al punto di partenza, appare la Natura Morta di Jakob Marrel. Colori screziati e profumi di fiandre tra tulipani, rose e iris poggiati su un tavolo scarno che tanto stride con i 180 mila dollari richiesti. Umiltà valutata oro, anche questo è il mercato dell’arte.