Imprenditori visionari, collezionisti appassionati ma soprattutto mecenati e filantropi. Maria Manetti Shrem e Jan Shrem venderanno da Sotheby’s a New York il prossimo 16 maggio 17 capolavori provenienti dalla loro collezione, da un mistico e ipnotico Concetto Spaziale color Blu Klein di Lucio Fontana a un ritratto di Jacqueline di Pablo Picasso del 1964 (il top lot, stimato 18-25 milioni di dollari) ispirato alla mitica e scandalosa Olympia di Manet. Opere il cui ricavato andrà a finanziare le cause artistiche e medico-scientifiche che da sempre sono care alla coppia. Abbiamo incontrato per l’occasione Maria Manetti, di passaggio nell’amata Firenze prima di tornare nella “sua” San Francisco, dove si è trasferita a 32 anni, costruendo da zero il proprio successo attraverso un sistema di distribuzione internazionale per marchi come Fendi e Gucci che, a sua volta, ha contribuito a trasformarli nei brand globali che sono oggi.
Luca Zuccala: Maria Manetti Shrem, qual è la missione a questa altezza della sua vita, dopo essere stata una business woman di successo mondiale con la moda (Gucci, Fendi e Mark Cross in USA), una collezionista e appassionata d’arte insieme a suo marito Jan Shrem, e un’amante dell’opera sin da bambina?
Maria Manetti Shrem: Da oltre una dozzina di anni sono completamente dedita alla filantropia, letteralmente intesa come “amore per l’umanità”, supportando in maniera continua diverse fondazioni con i profitti delle opere d’arte della nostra collezione e di proprietà personali che ho messo in vendita. Il mio sostegno va particolarmente ai talenti nel campo dell’istruzione, della musica, dell’arte e della ricerca medico-scientifica in soccorso dei più bisognosi quali le persone anziane con malattie neuro-degenerative, e dei più piccoli e indifesi.
Maria Manetti Shrem & Jan Shrem
A 15 anni la folgorazione della Bohème che ha illuminato la sua sensibilità artistica espressa nella declinazione musicale – “mi ha sollevato l’anima…” – dove l’ha portata questa innata empatia? Come l’ha condizionata nelle sue scelte e nella visione della vita intera?
Sono nata a Firenze il giorno in cui Mussolini ha siglato “il patto d’acciaio” con Hitler, trascinando il Bel Paese nella Seconda Guerra Mondiale, avvolgendoci in un clima di povertà, morte, paura e incertezza. Mi sono innamorata dell’opera a 15 anni ascoltando Tebaldi cantare Mimì in Bohème al Maggio Musicale Fiorentino. Da quella sera l’opera è entrata nella mia vita per sempre, alimentando le mie emozioni e la mia passione romantica per la vita. Lo scorso 3 dicembre la San Francisco Opera, in occasione del mio cinquantenario in America, mi ha tributato sul palco, mano in mano con gli artisti alla fine dell’ultima replica de “La Traviata”, la più grande onorificenza, “The Spirit of the Opera” per il mio continuo e sempre crescente contributo a questa ammirevole organizzazione culturale creata 100 anni fa da un italiano come Gaetano Merola e altri “italofili” amanti dell’opera. Quella sera ho provato una delle emozioni più forti della mia vita. Niente male considerando che 50 anni prima stavo in piedi in fondo al teatro, pagando pochi dollari pur di vedere e ascoltare l’opera. La città e la Contea di San Francisco, oltre ad aver proclamato in nome mio e di mio marito un giorno dell’anno (22 giugno) dedicato alla filantropia, ha anche illuminato con il Tricolore la cupola del comune per onorare la mia attività filantropica. Un fatto unico, considerato che normalmente la “rotunda” si colora solo per cause globali e nazionali, o per capi di stato in visita in città. Di tutto questo devo speciale riconoscimento al lavoro eccezionale del mio biografo, collaboratore e stratega per l’attività filantropica, Mauro Aprile Zanetti – un uomo del Rinascimento – che in questi ultimi anni con uno storytelling multimediale ha messo la mia “storia” e il relativo “impatto culturale e sociale” al centro della mia attività filantropica. Per questa ragione stiamo producendo un documentario per motivare i più giovani e ispirare altri filantropi. Non sto di fatto solo facendo filantropia in scala globale, sto anche contribuendo a formare molti altri filantropi in tutto il mondo, facendoli aprire al “distacco” materiale, per donare da vivi.
Maria Manetti Shrem, Mauro Aprile Zanetti e Eva Zanetti by Drew Altizer
“Dare il tempo…” e la capacità di “vedere oltre”. Da dove nasce, deriva questo amore per il prossimo, che le fa dire che “l’arte della vita è l’arte di saper donare”, nella fattispecie per supportare i talenti e i più bisognosi?
Ho imparato da piccola grazie alla mia famiglia l’empatia e l’amore per il prossimo, ma solo molto più tardi nella mia vita, in seguito a grandi dolori personali, ho conosciuto il Buddismo e cominciato un percorso dedicato alla “compassione” e al “distacco” dalle cose materiali. Sono determinata a dare indietro con la mano calda, e non dopo morta, tutto quello che sono riuscita a creare con le mie forze, reinventandomi anche più volte nella mia vita. Per questo la mia più alta missione adesso è raggiungere il “distacco” dalle cose materiali, compreso la nostra preziosa collezione d’arte di famiglia. Il prossimo 16-19 maggio a New York City, Sotheby’s metterà all’asta gli ultimi nostri 17 capolavori, tra cui uno straordinario Picasso, un magnifico Fontana, un incantevole Dominguez e altre opere di grandi artisti del ‘900 e contemporanei. Credo fermamente che l’arte di vivere coincida con l’arte di donare.
Pablo Picasso, Femme nue couchée jouant avec un chat, 1964, estimate $18-25 million (Courtesy of Sotheby’s)
Quali sono i settori e le relative maggiori fondazioni che beneficiano del vostro supporto?
Oggi diamo supporto a oltre 30 fondazioni e organizzazioni tra USA (San Francisco Bay Area e New York) e Europa (Italia, UK, Francia), contando complessivamente più di 45 programmi dedicati. L’istruzione, innanzitutto: tra questi la University of California di Davis è il principale beneficiario, dove abbiamo anche creato un museo di arte contemporanea nel 2016, e che nel 2022 ArtNews ha messo nella lista delle “25 migliori architetture museali al mondo degli ultimi 100 anni”; la Royal Drawing School di King Charles III, Cabo Jewish Center, ArtSmart, Comites SF; la musica con particolare sostegno a MET Opera, SF Opera, Festival Napa Valley, CalPerformances, Maggio Musicale Fiorentino, San Francisco Symphony, KQED, Mascarade, etc.; l’arte e il cinema, tra cui annoveriamo SFMoMA, la Fondazione Palazzo Strozzi, Museo Novecento di Firenze, il Fine Art Museums di San Francisco (i musei de Young e Legion of Honor), SFFilm, Cinema Italia San Francisco, il FAI, Friends of the Louvre, Friends of Versailles e The Venetian Heritage, etc.; e la ricerca medico-scientifica con ospedali tra cui la Neurology Clinic di UCSF (oggi il dipartimento di neurologia n. 1 in America) e l’ortopedia, la cardiologia presso l’ospedale CPMC, e l’Ospedale pediatrico Meyer di Firenze in collaborazione con Andrea Bocelli Foundation, di cui sono anche Ambassador nel mondo, sostenendo molte delle loro iniziative a supporto dell’istruzione in paesi terremotati e delle masterclass per formare nuovi artisti musicali.
Manetti Shrem Museum of Art
Ci può raccontare del Manetti Shrem Museum of Contemporary Art di UC Davis? Si parla di una sorta di “bottega dell’arte” rinascimentale creata in California da una fiorentina doc come lei e da suo marito. Non a caso lei riceverà la 2023 UC Davis Medal, l’equivalente per il sistema delle University of California di un honoris causa.
Devo il mio coinvolgimento con UC Davis a una delle mie due mentor, l’artista e filantropa, Margrit Mondavi, che nel 2011 mi propose l’opportunità di trasformare un campo abbandonato a erbacce da oltre vent’anni in un monumento per l’avvenire: il Manetti Shrem Museum of Contemporary Art. Oggi di fatto il museo sigilla l’eredità artistica, che dagli anni ‘50 ha visto impegnati artisti-insegnanti del calibro di Wayne Thiebaud, William T. Wiley, Robert Arneson, Manuel Neri, Roland Petersen, Ruth Horsting, Mike Henderson etc. facendone il più importante “teaching museum” d’America. Il Museo, definito dal rettore dell’università di Davis, Gary May, come “il gioiello della corona” dell’ateneo californiano, funge come una vera e propria “bottega dell’arte”, dove gli studenti imparano creando (30% degli spazi sono adibiti all’insegnamento), potendosi confrontare direttamente con opere contemporanee e artisti internazionali ancora viventi, che vengono ad insegnare durante l’anno. Dal 2020 finanzio il celebre California Art Studiodel College of the Arts di UC Davis, permettendo ad artisti e curator di taglio internazionale di venire a insegnare e fare masterclass a UC Davis. Inoltre, 4 artisti laureati ogni anno vengono selezionati per uno scambio con la Royal Drawing School. Abbiamo di recente ospitato anche la curator Cecilia Alemanni; e questo autunno ci pregeremo di un ciclo di lezioni dell’artista e founding-director della Royal Drawing School, Catherine Goodman. Stiamo anche valutando progetti dedicati con il dipartimento di moda, design e tessile. Il prossimo 18 giugno, in occasione della cerimonia di laurea degli studenti di UC Davis, il rettore mi presenterà la più grande onorificenza accademica, quale la “UC Davis Medal”, per essere diventata, nonostante non sia nemmeno una “alumna”, la maggiore filantropa dell’arte e della cultura nella prestigiosa università californiana. Sarò in compagnia dei miei carissimi amici filantropi, Robert e Margrit Mondavi, del grande pittore Wayne Thiebaud, dell’ex presidente degli Stati Uniti d’America, Bill Clinton, del premio Nobel per la medicina 2020, Charles Rice. Mio padre e mia madre sarebbero molto felici, certamente orgogliosi della loro Mery. Manetti adesso si legge anche sui segnali autostradali per indicare l’uscita per l’omonimo museo a UC Davis.
Aldo Gucci e Maria Manetti Shrem
Cosa rappresenta Firenze per lei, oltre ad essere la sua città natale?
Firenze, insieme a San Francisco, è il luogo dove il mio cuore si riempie di gioia oltre ogni misura. Ogni volta che vi trascorro tempo (3-4 volte l’anno), avendo casa a Palazzo Tornabuoni – dove la prima opera lirica della storia, “Dafne” di Jacopo Peri, fu eseguita alla fine del ‘500 –, sono felice come una bambina in un luna park fatto della più raffinata arte del Rinascimento. Si tratta obbiettivamente di una delle città più belle e ricche di arte al mondo, dove l’arte e la bellezza mi hanno sempre nutrita e protetta, facendomi sognare e immaginare oltre… elevando naturalmente la mia sensibilità artistica e l’empatia per il prossimo, influenzando la mia vita sempre verso ricerca del bello, del bene e del buono.