Fino al 4 novembre, al Teatro Menotti di Milano, va in scena Le Bal, l’Italia balla dal 1940 al 2001. Uno spettacolo coinvolgente, a tratti divertente e poetico ma anche tristemente drammatico, dove al centro della scena c’è la musica e il corpo danzante.
Nato dalla creazione di Théâtre du Campagnoli e sviluppatosi da un’idea di Jean-Claude Penchenat, lo spettacolo Le Bal viene presentato nei teatri di tutta Italia da Giancarlo Fares, che ne firma la regia e balla insieme agli altri quindici attori ballerini sulle coreografie di Ilaria Amaldi.
Sessant’anni di storia italiana in cui decennio dopo decennio si sono susseguite musiche, danze, balli, mode e stili differenti. Dalla Seconda Guerra Mondiale al crollo delle Torri Gemelle avvenuto nel 2001. Due momenti drammatici che segnano l’inizio e la fine di un lungo periodo di narrazione abilmente messa in atto attraverso le canzoni italiane di Mina, Celentano, Renato Zero, per citarne qualcuna, che hanno caratterizzato la vita e il costume della società e sono entrate nella nostra memoria.
La pista di una sala da ballo si presenta il luogo ideale per raccontare la vicenda. Non appena si apre il sipario, subito fanno la loro comparsa otto coppie formate dai personaggi più disparati. Un incontro – racconto in cui l’utilizzo di parole pare superfluo. Il linguaggio non verbale e para verbale del corpo attraverso la recitazione, il ballo e il movimento sono i veri protagonisti della narrazione. Nel frattempo le musiche si fanno drammaturgia e scandiscono le scene, i ritmi e i momenti definendo il contesto storico e sociale in cui le azioni esplodono e prendono vita.
Dopo un momento di iniziare spensieratezza nei confronti della vita, la tensione della Seconda Guerra Mondiale è subito tangibile. Lo spettatore è catapultato negli anni più bui che il nostro Paese abbia dovuto affrontare, laddove a regnare sono la fame, la povertà, gli orrori e i dolori che la guerra ha portato con sé. Con la liberazione avvenuta da parte degli americani, ecco subentrare una nuova vitalità, in cui anche la danza ne beneficia attraverso l’introduzione di nuovi passi: il tip-tap, il rock’n roll e il twist.
Il tempo passa e il boom economico, le lotte di classe e la corruzione fanno la loro comparsa. I movimenti femministi e hippy degli anni ’70, le droghe, ma anche i bikini segnano un passaggio epocale: la liberazione e sdoganamento del corpo e della sua rappresentazione. I ritmi cambiano, i suoni diventano più artificiali e metallici, il mondo va incontro a un passaggio di millennio, il vecchio lascia spazio al nuovo dove la paura del 2001 lascia tutti senza parole e ci fa ritornare alla scena di partenza in cui ciascuno dei protagonisti torna ad indossare i propri abiti, con le proprie personalità ed espressioni. Un nuovo inizio o un sogno catartico? Questo è il dubbio che rimane in chi osserva.