Uno sguardo al mercato dei “vecchi maestri” nel 2024. Tra aste, fiere e appuntamenti irrinunciabili dell’art system internazionale
Triplice fischio finale per gli Old Masters di New York. Le majors Sotheby’s e Christie’s hanno reso omaggio all’arte antica con una doppia “settimana” dedicata. Cataloghi mediocri per dieci giorni sottotono. Pochi i nomi altisonanti, tanti i pezzi ritirati pre-asta, molti invenduti, parecchie opere assestate sotto la stima bassa. I capolavori, sempre più rari, non tradiscono le attese. Sempre che le stime siano “corrette” e la qualità comprovata, chiunque sia l’autore. Vedi il disegno di Van Dyck esitato da Christie’s per $ 2,1 milioni: era l’ultimo esemplare della serie dell’Iconografia ancora in mani private, non a caso ha fatto record, a quarant’anni dall’ultimo traguardo su carta per il pittore; e vedi il pastello di Élisabeth Vigée Le Brun, Autoritratto in costume da viaggio, venduto per $ 3,1 milioni, un record per un’opera su carta di un’artista “antica”. Stesso discorso per i “teatri” di Giulio Cesare Procaccini sul rostro di Christie’s, una magnifica Giuditta con la testa di Oloferne ha chiuso la partita a quota $ 1,1 milioni; come per la natura morta di Luis Meléndez, quei carciofi sublimi esposti per quasi venti anni al Metropolitan, concessione generosa di un prestito a lungo termine – passati di mano per $ 2 milioni da Sotheby’s, non a caso. Vertigini e abissi. Tra i dolori, per fare altri due esempi bipartisan, il ritiro rumoroso della Reina di Velazquez da $ 35 milioni, da Sotheby’s, a poche settimane dal gong del via; e ancora il Marte del Giambologna offerto per $ 7-10 milioni, finito miseramente invenduto. Nessun botto né Botticelli all’orizzonte stavolta – il nostro principe del Rinascimento fu protagonista tra 2021 e 2022 dei fuochi d’artificio d’inizio anno, catalizzando i media di tutto il mondo, da quel Ritratto di Giovane (Sotheby’s, $ 92,2 milioni) all’Uomo dei dolori (Sotheby’s, $ 45 milioni), fino alla Madonna del Magnificat della Paul Allen Collection (Christie’s, $ 48,5 milioni). Quest’anno, nessun giornale mainstream avvistato nei cieli di Manhattan.
Alti e bassi, dicevamo. I “risultati tiepidi” appena andati in scena oltreoceano sono solo una spia, non la salute globale del settore – le fiere, ad esempio, raccontano altro. “Adeguamento” e “aggiustamento” del tiro, relativamente ai tempi fragili che corrono, non è che il mantra trasversale del mercato dell’arte. Anche per gli Old Masters, anche e soprattutto per gli incanti del segmento in questione. Morale della favola a Central Park: undici aste in nove giornate per Sotheby’s, otto incanti compressi in tre date per la competitor Christie’s. Numeri alla mano, rispetto al 2023 l’asta di punta delle Classic/Masters Week ha totalizzato: 21 contro 29 milioni da Sotheby’s; 14 contro 44 milioni da Christie’s. Nient’altro che la coda dell’ultimo report di ArtTactic uscito un mese fa: «Il mercato degli Old Masters ha generato vendite per $ 313 milioni nel 2023», dichiarava, «con un calo del 4% rispetto al 2022. Tuttavia, il numero di lotti venduti è aumentato del 19% rispetto al 2022, e così anche il tasso di vendita». Di fatto, ad oggi, per quello che può contare, l’opera più costosa di sempre è proprio un Vecchio Maestro, quel famigerato Salvator Mundi di Leonardo che nel novembre 2017 volava a quota $ 450,3 milioni. Poi le sparizioni, la trasformazione in un NFT, la mancata esposizione al Louvre di Parigi, l’attesa di vederlo perlomeno ad Abu Dhabi; ma questa è un’altra storia. Non passano di moda, gli Old Masters. Anzi, li ritroviamo più contemporanei che mai grazie alle tanto blasonate aste cross-category, quelle vendite senza limite di tempo che stringono in un unico abbraccio lotti solo apparentemente lontani. Succedeva la scorsa settimana a New York, con The One, la vendita di Sotheby’s che offriva insieme le scarpe di Michael Jordan ($ 8 milioni) e la Hope Cup, un vaso in oro, smalto e pietra creato per l’Exposition Universelle del 1855 ($ 2 milioni, ad acquistarla è stato nientemeno che il Musée d’Orsay). E succedeva anche dalla competitor Christie’s con The Exceptional Sale, un mix esatto di antico, moderno e contemporaneo, con arredi regali che sposano senza remore una chitarra di Elvis Presley, e tanti saluti ai confini netti tra categorie. Chissà mai che un Millennial non si avvicini per caso a una cassetta dorata di Grifo di Tancredi, e poi non se ne innamori. Vedi alla voce: strategia.
Luis Meléndez, Still Life of Artichokes and Tomatoes in a Landscape. Courtesy of Sotheby’s
Gennaio e maggio a New York, giugno e dicembre a Londra. Si ripete come un rituale il calendario di Sotheby’s e Christie’s legato all’arte antica, seguito alle calcagna dagli appuntamenti delle case d’aste internazionali. Altro mercato da tenere nei radar, senz’altro quello della Francia, che lo scorso anno ha generato vendite europee di dipinti antichi per un valore di $ 139,7 milioni – nel solco di un biennio di numeri da capogiro. Due opere per tutte: la piramide di fragole di Chardin, battuta nel 2022 da Artcurial per la cifra monstre di € 24,4 milioni e poi reclamata dal Louvre, come tesoro nazionale; e ancora un disegno riscoperto di Michelangelo ispirato da Masaccio, offerto in una rara vendita a lotto unico da Christie’s Paris nel 2022, prezzo finale € 23,2 milioni.
E l’Italia? È un momento favorevole per vendere e acquistare arte antica entro i confini? «È un buon momento», conferma a The Ducker Vittorio Belloni, Capo dipartimento Dipinti Antichi de Il Ponte Casa d’Aste, a Milano. «L’Italia sta vivendo un rinnovato interesse per il collezionismo privato, con sempre più individui che vedono nell’arte un investimento tangibile e duraturo. Questo aumento della domanda ha creato un circolo virtuoso, spingendo i prezzi verso l’alto e creando nuove opportunità anche nell’ambito dell’arte antica, sia per coloro che desiderano acquistare che vendere». E aggiunge: «Nel caso specifico de Il Ponte, nel 2023 il settore dell’Antico ha raggiunto un fatturato totale di oltre € 6,1 milioni contro i € 5,4 milioni registrati nel 2022. Un trend positivo che suggerisce prospettive di crescita promettenti». Un altro dato interessante, a proposito del Bel Paese: nel 2023, dopo anni di assenza, l’avamposto italiano di Sotheby’s ha organizzato un’asta di arte antica dedicata alla collezione dell’antiquario Giovanni Pratesi. E ha superato nettamente le aspettative pre-incanto, dritta fino a quota € 4 milioni. Chapeau.
Giulio Cesare Procaccini, Giuditta con la testa di Oloferne. © Christie’s Images Limited 2023
Aste nazionali e internazionali, nel calendario di collezionisti, addetti ai lavori e appassionati di arte antica. E poi ovviamente le fiere, con un occhio particolare ai punti nevralgici europei. «Frequento molto volentieri le fiere d’arte, dalle grandi alle meno grandi, in Italia come all’estero», racconta a The Ducker Davide Dossi, Capo Dipartimento di Arte Antica di Van Ham, tra le principali case d’aste tedesche. «Sono un’imprescindibile occasione per informarsi sui trend del momento, scambiare opinioni e allacciare e riallacciare rapporti di lavoro. I musei, che visito regolarmente, offrono punti di vista complementari: il taglio delle mostre, gli allestimenti e gli eventi relativi alla didattica museale sottendono spesso i medesimi quesiti che animano il mercato dell’arte». È il sistema dell’arte, sempre più complice, sempre più oculato. Dove le fiere fanno da apripista a settimane di aste e alla fine non ha più importanza da cosa nasce cosa, e come.
A proposito di fiere. Siamo reduci da Brafa (28 gennaio-4 febbraio), la vetrina di 5000 anni di storia che ha luogo a Bruxelles. Quest’anno il filo rosso era il Surrealismo, a un secolo esatto dalla firma del Manifesto di André Breton; ma non sono mancati i “grandi classici”, tra cui un Apostolo di Jusepe de Ribera esposto da Giammarco Cappuzzo Fine Art, che trova echi notevoli nella serie di apostoli del Prado, o ancora i tulipani striati di Jan Brueghel il Giovane nello stand di De Jonckheere. Serenità e soddisfazione tra i galleristi promettono bene, e la dicono lunga. E siamo solo all’inizio. Dal 9 al 14 marzo, a Maastricht, saranno 270 stand da 22 Paesi ad animare la 37esima edizione dell’elegantissima TEFAF (a cui seguirà la versione “contemporanea” in primavera, dal 10 al 14 maggio, al Park Avenue Armory di New York). Una miscellanea di antico, dai dinosauri di Didier Aaron agli arazzi rinascimentali di De Wit, il meglio del meglio dell’arte riunito sotto il cielo d’Olanda. In autunno un altro capitolo fondamentale, Frieze Masters, in programma dal 9 al 13 ottobre a Londra, a Regent’s Park – e qui l’antiquario Moretti ha deciso da anni di condividere lo stand con la galleria di arte contemporanea Hauser&Wirth, a proposito di mix esatti, di assenza di confini. A Parigi, due gli appuntamenti da segnare in rosso durante l’anno: il Salon du Dessin (20-25 marzo) e Fab Paris (21-27 novembre), la nuova identità di Fine Arts Paris & La Biennale, che espone negli spazi iconici del Grand Palais.
Jan Brueghel The Younger, Bouquet of flowers in a Wan-Li porcelain vase, late 1620s.
BRAFA 2024 – De Jonckheere © Olivier Pirard
Nota di merito nostrana: molti dei maggiori espositori delle super kermesse internazionali – vedi Tefaf e Brafa – sono italiani e presenziano ovviamente anche alle raffinate fiere dentro i confini. Come l’imminente Modenantiquaria, quest’anno alla sua 37esima edizione (10-18 febbraio), che ospita tra gli altri gli stand di Altomani & Sons, Ars Antiqua, Carlo Orsi e Lampronti. Due highlights della fiera, solo per rendere l’idea: L’abbeveraggio di Giovanni Fattori che verrà esposto da Enrico Gallerie d’Arte, con un asking price intorno ai € 350.000; e il Ritratto di Gentiluomo in bianco di Bartolomeo Passerotti proposto da Maurizio Nobile, qui il valore supera il mezzo milione. Si vola al secondo semestre del 2024: altro appuntamento irrinunciabile, di certo la BIAF, Biennale Internazionale d’Antiquariato di Firenze, che torna a Palazzo Corsini dal 28 settembre al 6 ottobre. Poi Amart, a novembre a Milano, e ancora Flashback, sempre a novembre, in concomitanza con Artissima, a Torino. Solo per citare i nomi principali.
Passato e presente si mescolano eleganti, nelle aste come nelle fiere. Ma non aspettatevi di assistere, nell’ambito degli Old Masters, a corse vertiginose alla maniera dell’arte ultra-contemporanea, della vernice fresca, che schizza in alto senza controllo, fino a numeri mai visti prima. Matematicamente destinata a implodere, o comunque a ridimensionarsi entro il suo effettivo valore. «L’arte contemporanea, spesso suscettibile alle correnti e alle mode del momento, si adatta frequentemente a tali tendenze», commenta a The Ducker il gallerista Carlo Orsi. «Al contrario, l’arte antica si distingue per la sua immunità alle fluttuazioni dei trend, in quanto la scelta del collezionista è solitamente orientata verso la ricerca di qualità e valore intrinseco, superando le influenze effimere. Le opere legate al periodo Rinascimentale e Barocco sono quelle che più frequentemente riscuotono successo, ma si tratta di un dato indicativo poiché ogni collezionista ha le proprie inclinazioni e ragioni che lo spingono all’acquisto». Nel dettaglio: «È evidente che nel caso delle opere rinascimentali la maestria tecnica e concettuale esercita un richiamo senza tempo; nel periodo Barocco sono la drammaticità, il dinamismo delle rappresentazioni e la resa visiva coinvolgente ad emanare un fascino altrettanto distintivo. Tali preferenze, tuttavia, non interferiscono sulla fondamentale ricerca di qualità e valore, che rimangono alla base delle scelte dei collezionisti di arte antica».
The Hope Cup. A magnificent gold, enamel and hardstone vase. Jean-Valentin Morel, Paris, 1855, made for the Exposition Universelle. Courtesy of Sotheby’s
Anche Francesca Antonacci, della galleria Antonacci Lapiccirella Fine Art, riflette sul gusto dei collezionisti di arte antica: «Ultimamente», rivela, «abbiamo potuto notare trend che riflettono le preferenze di collezionisti con un approccio più moderno, di una fascia di età più giovane rispetto a quella a cui normalmente siamo abituati noi antiquari. C’è una tendenza crescente nel formare collezioni più eclettiche, integrando dipinti di arte antica con opere del primo Novecento e creando un dialogo tra epoche e stili artistici differenti. Una maggiore attenzione è focalizzata su periodi come il Simbolismo, le Secessioni, l’Art Nouveau e Déco, sulla riscoperta di artisti meno noti italiani ed esteri, soprattutto nordici, che da sempre la galleria si occupa di rivalutare, oltre a trattare opere del XVIII e XIX secolo». Qualche nome in particolare? «Pietro Persicalli, Ugo Celada da Virgilio, Ernst Nepo e Raymond Daussy».
Riflessione a margine, a proposito di trend: senz’altro le artiste, nell’arte antica come in quella moderna, stanno vivendo un periodo di rivalutazione, o perlomeno un tentativo di allineamento rispetto al loro valore sul mercato. Senza mai uscire all’improvviso dai binari, s’intende, si tratta sempre di azioni molto lente, a tratti impercettibili, ben lontane dai ritmi frenetici dei nomi red-chip. Vedi Artemisia Gentileschi, i suoi record d’asta risalgono tutti agli ultimi cinque anni, a partire dal traguardo assoluto della Lucrezia battuta da Artcurial, nel novembre 2018, per $ 5,3 milioni. Lo scorso luglio, da Christie’s, l’Allegoria della scultura, toccava il tetto di $ 2,4 milioni, mentre nemmeno una settimana fa, sempre da Christie’s, il drappeggio dorato di San Giovanni Battista nel deserto trovava un acquirente per $ 982.800. Dal canto suo la seicentesca Clara Peeters, autrice di nature morte che non hanno nulla da invidiare alle controparti maschili, fissava un nuovo record nel 2022 a $ 1,5 milioni. E c’è anche la prima citata Vigée-Lebrun, pittrice alla corte di Maria Antonietta, nella lista di artiste “riscoperte”: nel 2019, da Sotheby’s, un suo ritratto volava a quota $ 7,2 milioni, oltre la stima alta iniziale. Poi Fede Galizia, Lavinia Fontana, Orsola Maddalena Caccia, Angelica Kauffmann, Giulia Lama, Elisabetta Sirani. Ma la strada per le donne nel mercato dell’arte è ancora lunga e in salita, nell’antico come nel contemporaneo.
Nessuna pièce teatrale, in generale, per i vecchi maestri, né tendenze esacerbate, improvvise, mai esplorate. In altre parole: nessun rischio di bolle speculatorie. E no, non esistono “artisti dormienti” in questo segmento, secondo il gallerista Marco Fabio Apolloni: «Cos’è un quadro antico dormiente? Un quadro che dorme il sonno dei giusti davanti agli occhi di un pubblico ignorante o distratto? Un quadro bello è sempre sveglio e sveglia gli occhi pigri di chi lo guarda. Può essere sporco e allora si fa pulire. Può essere malattribuito e allora si deve scoprire il nome della mano che l’ha fatto. E se la mano è maestra il suono del suo nome sveglierà anche i morti!». Non passano di moda, i vecchi maestri. Il rischio è solo di non saperli apprezzare.