Fino al 20 gennaio 2019 Palazzo Strozzi di Firenze ospita la mostra Marina Abramović. The Cleaner, prima grande retrospettiva dedicata all’artista serba, considerata una delle personalità più celebri e controverse dell’arte contemporanea.
Icona indiscussa del nostro tempo, pone al centro della ricerca artistica il suo corpo, spingendolo ai limiti del possibile, sovvertendo il concetto di live performance ed entrando nell’immaginario collettivo.
Quella di Marina, è un’arte che dà fastidio, che non segue nessuna logica o codice predeterminato volto a un eccesso sperimentale che mostra i limiti del corpo dettati dalla mente umana, verso un processo controverso in cui è la rivoluzione a dominare la scena.
La mostra evento, Marina Abramović. The Cleaner, curata da Arturo Galansino, costituisce un’interessante rassegna che raccoglie ed espone oltre 100 opere dell’artista che la mettono a nudo, e ne illustra i lavori più famosi, che hanno scandito il corso della sua carriera.
Così Palazzo Strozzi ripercorre a ritroso le pietre miliari di maggiore rilievo, che hanno suscitato scalpore e scandalizzato il pubblico a partire dagli anni Sessanta fino a giungere agli anni Duemila. Video, fotografie, dipinti, oggetti e installazioni nonché live performance svolte da un gruppo di performer che rievocano le più celebri dell’artista serba.
Alcune opere inedite come l’Autoritratto del 1965 e i dipinti delle serie Truck Accident (1963) e Clouds (1965-1970) sperimentano la passività del corpo umano.
Un’arte tesa, in cui dolore e piacere sono mescolati
I confini si confondono per indagare nel profondo la resistenza fisica e psicologica, come accadrà a partire dagli anni Sessanta, quando presero vita i primi lavori nelle performance singole per poi sfociare in quelle di coppia insieme all’artista tedesco e compagno Ulay suo compagno sentimentale e professionale il cui simbolo della loro relazione è un furgone Citroën in cui i due hanno vissuto, viaggiando incessantemente in Europa nel corso degli anni Ottanta, e che è esposto nel cortile di Palazzo Strozzi.
Un gioco di opposti, che si attraggono e rifuggono come la concezione duale tra energia maschile e femminile.
Negli anni Novanta Marina Abramovic vince il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia del 1997 grazie all’opera Balkan Baroque metafora contro tutte le guerre. Con il passare del tempo, l’arte di Abramovic sposa il pubblico con il quale interagisce per mezzo di performance concrete, che superano il carattere effimero cercando di cambiare e rinnovarsi.
Una sfida tra le sfide
Ancora una volta, Marina Abramovic diventa testimone della storia e prima donna protagonista di una mostra di Palazzo Strozzi. Desiderio di sperimentazione, confronto, racconto e incontro tra arte rinascimentale e presente contemporaneo. Un lavoro inesauribile, incommensurabile che ritroviamo in The Cleaner, titolo dell’esposizione, e particolare momento creativo. Una resurrezione dalle tenebre verso la luce del futuro.
«Come in una casa: tieni solo quello che ti serve e fai pulizia del passato, della memoria, del destino».
Con questa mostra, si vuole generare una profonda riflessione sulla carriera dell’artista che non teme la morte e le sue mille sfaccettature. Spesso infatti, le sue rievocazioni sfiorano mondi diversi e spaziano tra azioni forti, violente caratterizzate da esperienze rischiose in cui le trasformazioni emotive e spirituali sperimentano energie e gesta silenziose fatte da scambi bidirezionali tra artista e pubblico senza il quale nulla potrebbe accadere.