Una mostra ideata e curata da Massimiliano Gioni. Promossa da Fondazione Trussardi e Fondazione Triennale di Milano, con la Direzione Artistica del Settore Arti Visive Triennale e diretta da Edoardo Bonaspetti, che consegna la responsabilità di raccontare i cambiamenti, i conflitti e le tensioni originate da guerre, esodi e catastrofi naturali.
ADRIEN PACI
La mostra “ La Terra Inquieta”, ideata e creata da Massimiliano Gioni, promossa da Fondazione Trussardi e Fondazione Triennale di Milano, conferma il ruolo di Milano come laboratorio culturale di prestigio europeo, come capitale d’arte internazionale, come città vitale, curiosa, capace di accogliere e proporre il meglio del panorama moderno e contemporaneo.
La mostra è parte del programma del Settore Arti Visive della Triennale, diretto da Edoardo Bonaspetti: un evento d’importanza prioritaria per Milano e per l’Italia.
La prima collaborazione che mette al centro il presente in tutte le sue accezioni, parlando delle trasformazioni epocali, che stanno segnando lo scenario globale e la storia contemporanea, in particolare affrontando il problema della migrazione e la crisi dei rifugiati.
ADEL ABDESSEMED
“La Terra Inquieta” – che prende in prestito il titolo da una raccolta di poesie dello scrittore caraibico Édouard Glissant, da sempre affascinato dal problema della coesistenza tra culture diverse – è dunque la condivisione di un progetto, urgente e doveroso, che ha l’ambizione di raccontare il presente come un territorio instabile e in fibrillazione: una polifonia di narrazioni e tensioni. Opere di oltre sessantacinque artiste e artisti provenienti da svariati paesi del mondo – tra cui Albania, Algeria, Bangladesh, Egitto, Ghana, Iraq, Libano, Marocco, Siria e Turchia – e un allestimento che si estende all’interno della galleria, al piano terra della Triennale, per proseguire al piano superiore.
“È un romanzo corale attraverso il racconto degli artisti”, dichiara Beatrice Trussardi, Presidente della Fondazione Nicola Trussardi. “Questo ci ha condotti nell’immersione di una esperienza universale, capace di avvicinare uomini e donne lontani per età, religione, cultura e provenienza, ma sempre più destinati a convivere e a condividere valori, vicende e biografie. L’obiettivo che desideriamo raggiungere, attraverso questa mostra, è quello di restituire al pubblico almeno una parte di queste esperienze, perché possano trasformarsi in conoscenza, fornendo risorse e strumenti utili alla ricerca di un equilibrio armonico tra gli esseri umani”.
BEATRICE TRUSSARDI
Ponendo l’accento sulla produzione artistica e culturale più che sulla cronaca, “La Terra Inquieta” si concentra in particolare sul ruolo dell’artista come testimone di eventi storici e drammatici e sulla capacità dell’arte di affrontare cambiamenti sociali e politici. Mentre i media e la cronaca ufficiale raccontano di guerre e rivoluzioni viste a distanza, molti artisti conoscono e descrivono in prima persona il mondo da cui provengono i migranti.
Per questo ne parlano con il senso di responsabilità di chi vuole restituire la complessità di un evento drammatico, senza incorrere nelle consuete banalizzazioni e nei sentimentalismi ai quali siamo abituati dai tradizionali canali d’informazione.
Nascono così racconti – sospesi tra l’affresco storico e il diario in presa diretta – dai quali emerge una concezione dell’arte come reportage lirico, documentario sentimentale e come testimonianza viva, urgente e necessaria. Ne sono un esempio, opere di artisti come John Akomfrah, Yto Barrada, Isaac Julien, Yasmine Kabir, Steve McQueen, tra gli altri, capaci di affrontare eventi specifici e di porsi allo stesso tempo come letture metaforiche di un più vasto momento storico.
STEVE MCQUEEN
Oppure lo sguardo obliquo delle fotografie di Yto Barrada, le elisioni di volti e dettagli nei video di Mounira Al Solh o le trasformazioni grottesche nei disegni e nelle animazioni di Rokni Haerizadeh, sono solo esempi lampanti di come alcuni artisti si rifiutano di soccombere all’estetizzazione della miseria e cercano piuttosto di restituire dignità ai migranti, ritraendoli come soggetti storici, capaci di compiere scelte e decisioni, o proteggendoli dall’eccesso di visibilità a cui sono sottoposti dai media.
È lo stesso atteggiamento che, con metodi diversi – più simili a quelli dell’attivismo politico e della partecipazione collettiva – inseguono artisti diversi come Pawel Althamer, Andrea Bowers, Tania Bruguera, Paulo Nazareth e Liu Xiaodong.
ANDREA BOWERS
Uno degli interrogativi centrali della mostra è il senso dell’immagine in crisi e della crisi: un’immagine essa stessa migrante, che cerca la verità nella crisi e che mette in crisi il concetto di verità come narrazione univoca e semplicistica. Quella che inseguono molti artisti contemporanei è un’immagine in movimento e un’immagine letteralmente commovente.
Diversi sono gli esempi di opere in mostra, dove gli artisti rappresentano il movimento e le migrazioni di merci, oggetti e forme attraverso confini e barriere, sia ideologiche sia economiche. Dalle opere di El Anatsui, Alighiero Boetti, Hassan Sharif e Mona Hatoum, emerge una cartografia di scambi e relazioni globali in cui le opere d’arte sembrano replicare i traffici del commercio e dell’economia internazionale.
ALIGHIERO BOETTI
La scelta dei materiali e delle tecniche di esecuzione, con la loro enfasi su oggetti e prodotti di massa spesso riciclati e sottoposti a processi di trasformazione e traduzione attraverso nazioni e contesti sociali diversi, mette in scena una sorta di mimesi dei meccanismi di produzione e distribuzione dell’industria globale, con i suoi continui sconfinamenti e processi di delocalizzazione. Analoghe sono le preoccupazioni di artisti e collettivi come Šejla Kamerić, Forensic Oceanography o multiplicity, il cui lavoro racconta però non di merci, ma di persone.
BOUCHRA KHALILI
Così Milano accoglie la testimonianza originale e suggestiva di un vero innamoramento dell’arte visiva e della vita, e prosegue, nel suo percorso di apertura all’Europa e al mondo, alla ricerca della personalità e degli ambienti creativi che hanno fatto grande il Novecento europeo.
Gli stranieri, e non solo, che sempre più numerosi scelgono Milano per i loro viaggi, sono tra i destinatari privilegiati della rassegna milanese.
Anche così la città contribuisce alla costruzione dell’identità comune sociale: un’identità che si fonda, anzitutto, sulla persona e sulla capacità di produrre e diffondere la coscienza dei valori umani.
La mostra “La Terra Inquieta” aprirà il 28 aprile e rimarrà visitabile sino al 20 agosto 2017, e sarà accompagnata da un catalogo bilingue, italiano e inglese, a cura di Massimiliano Gioni (clicca qui per leggere l’intervista al direttore artistico della Trussardi Fondazione).
Il volume, pubblicato da Electa, raccoglierà testi monografici e approfondimenti su tutti gli artisti presenti in mostra e una raccolta di saggi e testi critici di Massimiliano Gioni, Tania Bruguera, Alessandro Dal Lago, T.J. Demos, Giusi Nicolini.