L’innovazione, nell’arte, è spesso considerata come un evento singolare, talvolta straordinario, un faro luminoso che colpisce e cambia per sempre tutto ciò che seguirà da quel momento in avanti.
The Long Run è la mostra che fino al 4 novembre 2018 sarà ospitata nelle sale del MoMa di New York, e va a mettere in evidenza una vista differente di questo concetto: la sperimentazione continua e ciclica da parte di artisti, che presentano il loro pensiero critico e la persistente osservazione della realtà circostante.
Ciascun’opera presentata esemplifica l’evoluzione dell’artista nel tempo. Per alcuni di loro, questo è il risultato di pressioni sociali, economiche e politiche, talvolta prese singolarmente, talaltre sono circostanze che lo hanno influenzato in modo combinato.
The Long Run, unisce artisti dai brackground differenti, provenienti da nazioni e approcci totalmente distanti, ma uniti da un’incessante desiderio di rendere il proprio lavoro ricco di significato, sfidando oltre ogni limite temporale. Tanti i nomi esposti, tra di essi troviamo: Lee Bontecou, Louise Bourgeois, Melvin Edwards, Gego, Philip Guston, David Hammons, Jasper Johns, Joan Jonas, Helen Levitt, Elizabeth Murray, Georgia O’Keeffe, Gerhard Richter, Frank Stella, e molti altri.
La città moderna, intesa come organismo complesso per i suoi abitanti, architettura e infrastruttura, è stata a lungo oggetto di frustrazione, ma nello stesso tempo di fascino per i geni creatori di tutto il mondo. Oltre il tangibile, ogni città esiste nel suo astratto, come monumento commemorativo del passato e del suo trascorso, una prova del presente e una proposizione per il futuro. E così, attraverso una riflessione legata all’ambiente urbano, personalità come Thomas Schütte, Mario Merz, Philip Guston, Louise Bourgeois riflettono i propri sentimenti e il vissuto personale e della generazione in cui hanno vissuto. Il potere dell’iconografia esplorativa, installazioni con elementi come neon, pietra e materiali poveri, ma anche sculture evocative di stanze private costituiscono un ensemble molto potente, in grado di influenzare il visitatore e catapultarlo nella dimensione che l’artista desidera riproporre. Il familiare diventa una forma linguistica comune, capace di rimandare alla propria immagine unica e straordinaria.
Il percorso espositivo, mette in luce 130 opere d’arte provenienti da ben 15 gallerie e dal quarto piano del MoMa stesso.
La maggior parte delle opere sono state realizzate da maestri d’arte che hanno almeno 45 anni o più. Un punto di vista insolito, che evidenzia la sfida continua di ciascuno nell’affermarsi nel mondo. Organizzata da Paulina Pobocha, Cara Manes e Ann Temkin la mostra ci presenta il falso mito che l’idea innovativa di rottura con il proprio percorso evolutivo, sia figlia dell’età più giovane.
Un racconto per immagini e l’instancabile desiderio di esplorare la potenza dell’astratto nel comunicare punti di vista emozionali e spirituali, che registrano l’aspetto più inaspettato dell’arte.