Buone nuove di fine stagione. Tra cambi ai vertici, fiere, acquisizioni e appuntamenti da segnare nel calendario: le anticipazioni dell’ultimo quadrimestre dell’anno
Estate, tempo di bilanci, di pronostici, di annunci. Mentre si tirano le somme del primo semestre del mercato dell’arte globale (che si contrae a livello internazionale e tiene botta dentro i confini), fioccano proclami e novità di quella che sarà la prossima stagione autunnale. Si parte da settembre. Ad aprire l’ultimo quadrimestre dell’anno, in prima linea, due delle top fiere d’arte mondiali: la “nuova” – siamo già alla seconda edizione – Frieze Seoul (6-9 settembre) e la storica Armory Show, che dal 1994 porta l’arte contemporanea tra i grattacieli della Grande Mela (8-10 settembre). È a questi due colossi che si rivolge la prima importante novità post ripresa: il gigante inglese Frieze – che oltre che nella capitale coreana, organizza kermesse a Londra, New York e Los Angeles – annuncia di avere acquisito due delle più importanti fiere d’arte nazionali degli Stati Uniti, l’Expo di Chicago e, appunto, l’Armory Show di New York. Entrambe opereranno come divisioni separate di Frieze con i loro team esistenti, ma condivideranno da adesso i servizi aziendali. «New York e Chicago hanno ciascuna il proprio ecosistema distinto di artisti, gallerie, musei e collezionisti», spiega la casa madre. «Espandendo la nostra presenza in entrambe le città, consolideremo il solido track record che abbiamo stabilito negli Stati Uniti con Frieze New York e Frieze Los Angeles». Nessuna differenza, parrebbe, a livello di programmazione generale.
Slippery Mass, 2020, di Hun Kyu Kim, uno dei più importanti artisti coreani contemporanei (Courtesy of High Art Gallery), protagonista a Frieze Seoul
Arriva forte e chiara la risposta della diretta concorrente. La multinazionale svizzera MCH Group, proprietaria della regina Art Basel, ha appena presentato la curatrice Bridget Finn come nuova direttrice della fiera a Miami Beach, in calendario dall’8 all’11 dicembre. L’obiettivo del suo mandato – che avrà inizio esattamente fra un mese, il primo di settembre: rafforzare la posizione di Art Basel come principale fiera d’arte moderna e contemporanea delle Americhe e come piattaforma globale di dialogo per tutti gli agenti del sistema. Niente male, per una fiera che l’anno scorso, a dicembre, ha messo in piedi l’edizione più grande di sempre, tra oltre 280 booth eccentrici e le immancabili superstar del mercato. Si completa così l’organigramma del ventaglio di avamposti firmati Basel, che ha visto in tempi brevi modificati i nomi ai vertici. Oltre Finn, ci sono Maike Cruse, Direttrice di Art Basel Basilea; Clément Delépine, Direttrice di Paris+ par Art Basel, a Parigi; e Angelle Siyang-Le, Direttrice di Art Basel Hong Kong. E l’italiano Vincenzo De Bellis a dirigere il tutto, tenendo ben salde le fila delle quattro fiere.
Si torna al di qua dell’oceano, direzione Francia. Il mercato delle aste d’Oltralpe vede cambiare il proprio scenario dopo che due azionisti (Vesper Investissement, una società di investimento creata nel 2020 da Pierre-Guillaume Véron, e Groupe Chevrillon, a conduzione familiare) hanno acquisito il 30% di Drouot – una delle case d’asta più antiche del mondo, attiva dal 1852. Con Londra in pieno affanno post Brexit, non è un mistero che Parigi stia guadagnando sempre più credito sullo scacchiere europeo del mercato dell’arte. A cominciare dall’arrivo in massa delle gallerie blue-chip: David Zwirner, Gagosian, Blum & Poe, White Cube, Mariane Ibrahim e Thaddaeus Ropac, tutte concentrate prevalentemente tra il Marais e Matignon. Tra i giganti in arrivo, a ottobre, anche Hauser & Wirth, che occuperà un intero Hôtel Particulier risalente al 1877, 740 metri quadrati distribuiti su quattro piani al 26 bis di Rue François 1er; e poi ancora Mendes Wood, nell’iconica Place des Vosges, in quella stessa città in cui Pedro Mendes e Matthew Wood si incontrarono mentre studiavano filosofia. Stesso discorso per le major internazionali come Sotheby’s e Christie’s, che stanno rafforzando i propriavamposti lungo la Senna. È nell’ottica di non farsi cogliere impreparati che la cugina d’aste Drouot ha scelto di rinnovare la sua composizione societaria annettendo nuove risorse. Scacco matto.
René Magritte, La Valse Hésitation, offerta da Sotheby’s Paris il 19 ottobre. Courtesy of Sotheby’s
Joan Miró, Peinture (Femmes, lune, étoiles), in asta il 20 ottobre da Christie’s Paris. Courtesy of Christie’s
Rimanendo sulle rive della Seine, l’altro elemento di svolta della Ville Lumiére è senz’altro la fiera pilota Paris+ par Art Basel, che già riscalda i motori in vista della seconda edizione (dal 20 al 22 ottobre). E che ha appena reso note belle novità del palinsesto, a partire da un public program extra evento che porterà fuori dal Grand Palais Éphémère una serie di mostre e appuntamenti espositivi. Ed eccoli: la cinquième saison, con varie opere che indagano il nostro legame indissolubile con il mondo vivente, sparpagliate per il Giardino delle Tuileries; la scultura dell’americana Sheila Hicks sul sagrato dell’Institut de France, una colonna alta sei metri ricoperta da fili multicolori di tessuto; il Palais d’Iéna, che riunisce il tandem Pistoletto-Buren – in una mostra ovviamente sostenuta da Galleria Continua; la cappella seicentesca delle Beaux-Arts, con una mostra di Jessica Warboys che «esplorerà la sovrapposizione tra cultura antropica e natura»; e poi senz’altro Place Vendôme, teatro di Wave, scultura di cinque metri dello svizzero Urs Fischer, presentata dall’altrettanto gigante Gagosian. A coronare monumentalmente il tutto, negli stessi giorni di ottobre, le mega aste della stagione europea (che si espandono e consolidano ai danni di Londra) e la prima retrospettiva in Francia dedicata a Mark Rothko (dopo quella storica del Musée d’Art Moderne del 1999) alla Fondation Louis Vuitton. Dal 18 ottobre, giorno di inaugurazione di Paris+, fino al 2 aprile 2024. New York chiama, Parigi risponde. Chapeau.