1,8 miliardi di dollari. Questo il totale delle vendite della Art Week newyorkese da parte delle tre case d’aste principali: Christie’s, Sotheby’s, Phillips. Una settimana di luci e ombre che ha visto brillare una cinquina di capolavori sublimi. Se il Re delle notti d’incanto è stato Jean-Michel Basquiat, con un trittico da 67 milioni di dollari, una squadra di star mitteleuropee ha scintillato nel’arena della Grande Mela.
Bourgeois, Rousseau, Hammershøi, Klimt, Magritte. Non è il quintetto base dei Knicks. Ma le cinque all star che hanno brillato nelle due settimane di incanti appena conclusi a New York. Head coach, di “diritto”, il Codex Sassoon, la più antica versione completa della Torah, la Bibbia ebraica. Questa la squadra speciale che ha marcato la Marquee Spring Week statunitense. Una primavera milionaria, che ha vissuto di fiammate. Alti e bassi per la più influente (e indicativa) sessione di aste del semestre, contaminata dalla precaria situazione globale (crack bancari, instabilità politica, guerre, recessione), costellata però di alcuni record importanti. Perché, crisi o meno, se il capolavoro è un vero capolavoro e l’opera è di comprovata qualità, oltre a garantire all’acquirente-fruitore l’afflato poetico, estetico, unico e raro, il lotto risulta un investimento, e più: un bene rifugio dove riporre serenamente il proprio denaro, qualunque sia lo scenario internazionale. Caliamoci allora nelle brume tiepide-azzurre degli scorsi giorni a New York, lasciandoci idealmente trasportare nelle arie al crepuscolo che hanno soffiato fino a qualche giorno fa su Manhattan. Ore 19, circa: le ombre lunghe dei grattacieli si sfaldano su Midtown, corrono verso l’Upper East Side, si alza il martello del banditore. Un rituale, una mimica che brandisce “don’t hesitate”, “anyone?”, “water’s warm” fino al fatidico “fair warning”. Silenzio in sala. Si aggiudica. Si applaude. Si parte. Dal “mentore” di tutti i pezzi sfilanti sul rostro della Grande Mela: il Codex Sassoon. Nella serata del 17 maggio, Sotheby’s ha battuto il millenario manoscritto, risalente al IX-X secolo, per la cifra di 38,1 milioni di dollari, il più prezioso mai comprato all’asta. Battuta la vendita del 1994 del Codex Leicester di Leonardo da Vinci da 30,8 milioni. Apparso all’asta per la prima volta in più di 30 anni, il sacro Codice è stato acquistato dall’ambasciatore Alfred Moses di Washington per conto degli American Friends of ANU, e donato all’ANU Museum of the Jewish People di Tel Aviv. Moses si è aggiudicato il manoscritto dopo una sfida durata più di quattro minuti con un altro offerente. Battaglia al rialzo che ha portato il lotto a bruciare il precedente record di quasi otto milioni.
Codex Sassoon. Courtesy of Sotheby’s
Altro giro, altro giorno, altro record, milionario. Tentacolare, e pure doppio. Quello che il giorno successivo, 18 maggio, ha polverizzato il top price per l’artista stessa e quello per la scultura più cara di una donna venduta in asta. Parliamo del monumentale Spider di Louise Bourgeois, battuto per 32,8 milioni di dollari. Niente vette rosa però per l’aracnide tessitore: rimane a Georgia O’Keeffe il record generico per l’opera più cara di un’artista, con Jimson Weed/White Flower No.1 venduto nel 2014 per 44 milioni. Spider o delle emozioni umane principali, amore e paura, trasfigurate in forma scultorea. Così si possono definire i ragni della scultrice francese, dal 1938 stabile negli States. Allo stesso tempo affascinanti e inquietanti, i monumentali Spider rappresentano sia dei formidabili predatori che dei “riparatori industriali”, protettori squisiti e severi, universali e profondamente personali. Con la loro rappresentazione l’artista cerca di articolare l’esperienza condivisa e infinitamente complessa della maternità. «… perché il ragno? Perché la mia migliore amica era mia madre ed era deliberata, intelligente, paziente, rassicurante, ragionevole, delicata, sottile, indispensabile, ordinata e utile come un ragno» scriveva nel 1995 in “Ode à ma mère”.
Louise Bourgeois, Spider, 1996. Courtesy of Sotheby’s
Abissi di intimità, pazientemente elaborati e sublimati. In forma scultorea, ma anche nella pratica pittorica. Vedi alla voce, e all’indirizzo: “Interior. The Music Room, Strandgade 30” di Vilhelm Hammershøi. Un interno casalingo, dall’aria rarefatta, silenziosa e malinconica, a tratti angosciante. Pianoforte, violoncello e violino oziano in silenzio, i loro musicisti sono assenti. I toni sono tenui le tinte sono grigie, quasi opalescenti. Senza tempo, ma con un prezzo: 9,1 milioni di dollari e nuovo record d’asta mondiale per l’artista danese. Senza tempo, ma con una presenza, intensa, all’orizzonte, è il paesaggio di Gustav Klimt Insel im Attersee, dipinto nel 1901-02, battuto a 53,2 milioni dopo una battaglia di sette minuti durante la Evening Modern di Sotheby’s del 16 maggio, la stessa di Hammershøi. Nel predominio claustrofobico del lago ritratto, spunta un’isola, una presenza, in alto, a destra. Terra che si infrange, quasi colando, nell’acqua in cui si riverbera. Tra le onde lievemente increspate si attivano riflessi che luccicano per tutto il dipinto, muovendosi dall’azzurro ai verdi al viola. Un tessuto scintillante, sintesi di luce e colore. Una perla lattescente altamente evocativa.
Vilhelm Hammershøi, Interior. The Music Room, Strandgade 30, 1901-1902. Courtesy of Sotheby’s
Di evocazione in chiave lucidamente surrealista, si costruisce la copertina di questa sessione di aste. L’Impero delle Luci di René Magritte, l’opera che ha guidato la vendita della Collezione Mo Ostin realizzando ben 42,3 milioni di dollari, diventando così la seconda opera più preziosa dell’artista mai venduta all’asta – lo scettro appartiene ha un’altra versione del ciclo degli Empire des Lumières, che lo scorso anno a Londra ha totalizzato quasi 80 milioni. Icone, nonché vere e proprie quintessenze del Surrealismo. Movimento che vede come uno dei suoi mentori fondanti Le Douanier, al secolo Henri Rousseau. Colui che dalla periferia di Parigi, dove lavorava come doganiere, volava con i pennelli della mente in dimensioni altre, oltreoceano, tropici. Attingendo da riviste, giornali e guide botaniche del tempo, osservando il Jardin des Plantes della Ville Lumière, riassemblando il tutto in paesaggi onirici, in giungle fantasmagoriche, in animali quasi mitologici. Come i suoi Fenicotteri, sovrastati da fiori di loro, che l’11 maggio sono volati nei cieli del Rockefeller Center su una propulsione di offerte da oltre 43,5 milioni. Record scritto, quasi scontato visto che il precedente era fermo dal 1993 a 4,4 milioni, ma pur sempre un grande spettacolo, citando per chiudere il cerchio degli incanti il titolo del trittico di Jean-Michel Basquiat, top price assoluto di tutte le aste, con 67,1 milioni. El Gran Espectaculo, a New York.