Autunno di alti e bassi per le fiere e le aste del settore. Prosegue il trend di “correzione” e normalizzazione dei valori iniziato nel primo semestre 2023, ma non mancano alcuni lampi luminosissimi a squarciare il diffuso torpore. Soprattutto sulla Senna.
Parigi, Londra. Le due capitali europee sono state le protagoniste del mercato dell’arte delle settimane appena concluse. Dopo un primo assaggio (freddino) d’incanti a inizio mese a Hong Kong (5 ottobre), la palla è passata nella City (9-15 ottobre), per poi concludersi in pompa magna sugli Champs-Elysées con una sfilata di stendardi “Paris +” verso l’Arco di Trionfo e di sculture alle Tuileries (16-22 ottobre). Una via l’altra, senza tregua, in una sorte temporale di passaggio di testimone. Se fino a pochi anni fa, prima della pandemia e dell’uscita dall’Unione Europea, Londra dominava incontrastata -a inizio ottobre si peregrinava tutti da Mayfair a Regent’s Park, e poi forse ci si trastullava in rapido e romantico passaggio sulla Senna- oggi la situazione si è quasi praticamente ribaltata. O perlomeno, equiparata. Trasporti, tasse, dogane e un fascino che va sempre più a perdersi nel Tamigi e nelle beghe interne britanniche, hanno portato i players del sistema ad attraversare la Manica. Direzione: Marais, Matignon, Saint-Germain e Grand Palais, fino all’anno prossimo ancora Éphémère. Fra pochi mesi, nel 2024, la mega fiera Paris+ (l’appendice di Art Basel in terra francese) si trasferirà nella prestigiosa sede completamente rinnovata del Grand Palais, tirata a lucido per le Olimpiadi (aumentando la capienza e le presenze di oltre il 20%). Lì, tra Winston Churchill e Delano Roosvelt, a pochi passi dalle sedi delle più importanti case d’asta al mondo (Christie’s, Sotheby’s, Artcurial, Bonhams Cornette de Saint-Cyr, Tajan) e da alcune delle gallerie d’arte più potenti del globo. A cominciare dalla regina, Hauser & Wirth, che ha appena trovato casa (l’apertura è stata lo scorso sabato 14 ottobre con una retrospettiva su Henry Taylor) in rue François 1er. L’ago della bilancia del mercato sembra pendere inesorabilmente verso Parigi. Lo testimoniano l’inaugurazione di nuovi avamposti galleristici in città (oltre ad Hauser, si segnalano le blue-chip Mendes Wood, White Cube e Moretti); l’implementazione delle major d’incanti (da due anni si tiene qui la Thinking Italian); la nascita e il rinnovamento di numerose fondazioni e musei pubblici e privati, nonché le prime edizioni di fiere come Thema e Design Miami o l’espansione di kermesse come Also Known as Africa Art and Design Fair (AKAA), ASIA NOW, Moderne Art Fair e la nomade e super contemporanea Paris Internationale. Le luci scalpitanti e scintillanti sulla città più bella del mondo si sono riverberate anche in sala d’aste. Se il pezzo più pregiato a Paris+ (un monumentale Mark Rothko alto due metri e mezzo color oliva su rosso, da 40 milioni di dollari, è andato invenduto), quasi tutti i lotti costellanti i cataloghi della settimana sono volati, spesso, oltre le stime previste. A cominciare da lui, un rinoceronte carico di meraviglie: il Rhinocrétaire I, la prima grande scultura di François-Xavier Lalanne, ampiamente considerata l’opera più importante dell’artista.
Courtesy of Paris+ par Art Basel
Stimata 4-6 milioni di euro, è schizzata dopo una lunghissima battaglia di offerenti alla cifra di 18,3 milioni. Trascendendo i confini tra scultura e design, il rinoceronte di Lalanne è l’opera di un vero visionario: unisce l’alto valore artistico a una possibile e inaspettata praticità. All’interno del corpo corazzato dell’animale, infatti, si nascondono una scrivania, un bar, una cassaforte e delle lampade. Un tributo di Lalanne a un tema classico nell’eredità delle arti decorative francesi, quello dei mobili con scomparti segreti. Il “rinoceronte” incapsula, prefigura e dà il tono alla stravaganza calibrata delle sculture animalier dell’artista, che attingono ispirazione tanto dalle pitture rupestri quanto dall’arte di Dalì e Dürer. Proprio come aveva fatto l’artista tedesco nella sua celebre incisione dedicata al rinoceronte, anche Lalanne sacrifica il mimetismo in favore di una marcata espressività, perlopiù dettata dall’utilizzo del metallo. La sua presentazione risale al 1964, anno in cui il designer francese si allontana dalla pittura per dedicarsi completamente al mondo della scultura, in occasione della prima mostra congiunta con la compagna Claude, ospitata dalla Galerie J di Parigi. Si intitolava Zoophites e rappresentò il debutto per la coppia che sarebbe poi stata conosciuta come Les Lalanne. Breve inciso: tra i mobili più cari venduti in asta a cifre superiori a quelle di questo rinoceronte, si segnalano il Badminton Cabinet, soprannominato “la meraviglia d’Europa”, venduto dai discendenti del terzo duca di Beaufort per l’incredibile cifra di 36,7 milioni di dollari nel 2004 da Christie’s; e la Dragon’s Chair di Yves Saint Laurent battuta nella vendita della collezione dello stilista nel 2009 a 27,8 milioni di euro.
François-Xavier Lalanne, Rhinocrétaire I, 1964. Courtesy of Christie’s
Nella stessa serata, 20 ottobre, sempre da Christie’s, l’attenzione dei buyers mondiali si è poi spostata su un altro capolavoro totale: una distesa oro (sopra), rosa (sotto) e quasi bianca (nel centro) che fa da sfondo alle creature essenziali, sinuose e colorate di Joan Mirò. Si trattava di Peinture (Femmes, lune, étoiles), un’opera di qualità museale, realizzata dallo spagnolo nel 1949, tra le più significative mai offerte sul mercato. A impreziosirlo ulteriormente partecipa anche la sua importante provenienza. Fin dalla sua acquisizione, avvenuta alla Galerie Maeght nel 1950, il quadro ha adornato la sala da pranzo della leggendaria locanda La Colombe d’Or, situata a Saint Paul de Vence. Fondata nel 1920, il locale è stato un mitico centro culturale per artisti e celebrità, gestito da generazioni dalla famiglia Roux. Grandissimi appassionati d’arte, i Roux hanno costruito negli anni una delle più prestigiose collezioni al mondo dedicate all’arte del Novecento. Aggiudicata oggi a 20,7 milioni di euro, l’opera è la quarta più preziosa di sempre per lo storico d’asta di Mirò. Se una valutazione del genere era facilmente prevedibile, del tutto inaspettata è stata un’altra vendita quasi milionaria. Quella di Omaggio a Debussy (Il cielo la terra e l’acqua) di Tancredi Parmeggiani. La “sinfonia” su tela ha infatti superato i 730 mila euro.
Tancredi, Omaggio a Debussy (Il cielo la terra e l’acqua), 1958. Courtesy of Christie’s
Sull’altra “sponda” della Senna, da Sotheby’s, che fra esattamente due settimane esiterà la monumentale collezione Landau (stimata sui 500 milioni), le atmosfere sono parse più tiepide. La testa è forse già a New York, e solo Lucio Fontana e René Magritte hanno catalizzato l’attenzione dei big collectors: La Valse Hésitation del surrealista belga è stata battuta per 11,2 milioni, guidando l’asta Modernités. Si tratta di un’opera iconica: due mele mascherate avvolte da ombre notturne. Sullo sfondo: un cielo azzurro con nuvole bianche. Il motivo, incentrato sul paradosso giorno-notte, è stato ideato all’inizio degli anni Cinquanta e ricorre spesso nelle opere dell’artista, come nella nota serie di diciassette tele de L’impero delle luci.
L’ultima meraviglia passata di mano negli stessi giorni è stato un dinosauro. Il suo nome è Barry, un fossile di Camptosaurus. Membro della famiglia degli iguanodontidi, risale al Giurassico Superiore, databile intorno a 150-145 milioni di anni fa, è stato venduto a un acquirente privato americano per 932 mila euro dalla casa d’asta Giquello. Questa è l’ottava vendita di dinosauri all’Hôtel Drouot dopo alcune aste iconiche come quella del “dinosauro da soggiorno” Zephyr (673,2 mila euro nel 2022), del triceratopo Big John (6,7 milioni nel 2021) e dell’allosauro Big Sara (3 milioni nel 2020). Rapidissimo passaggio in terra londinese, dove il torpore generale è stato svegliato da pochi botti all’incanto (le due fiere maggiori -Frieze London e Frieze Masters- hanno avuto una riduzione delle vendite di almeno il 30%): La Quiétude di Kees van Dongen da 10,8 milioni di sterline; Future Sciences Versus the Man di Jean-Michel Basquiat da 10,4 milioni; Dancing Ostriches di Paula Rego da 3 milioni e il tenerissimo Cinq heures di Félix Vallotton da 3,7 milioni. Anche qui, un altro record inatteso. Anche qui a firma di un artista italiano del Novecento: Salvo, al secolo Salvatore Mangiore. Il suo onirico Il giorno fu pieno di lampi la sera usciranno le stelle ha toccato 693 mila sterline, bruciando il precedente record fermo a 155 mila. Fuochi d’artificio (e forse un po’ di paglia) tricolore nel firmamento delle aste.