Rigoroso cronista del tempo, W. Eugene Smith ha catturato lo spirito dell’epoca con i suoi illustri scatti.
Celebrato tuttora dalla Storia della Fotografia, a cento anni dalla sua nascita, la Fondazione MAST di Bologna dedica dedica a W. Eugene Smith, fino al 16 settembre 2018, una mostra ricca e significativa.
Per la prima volta in Italia, la colossale opera di fotografia umanistica sulla città di Pittsburgh (Pennsylvenia, realizzata a partire dal 1955 dal fotogiornalista americano W.Eugene Smith sarà esposta nelle sale del MAST di Bologna.
Un appuntamento imperdibile con la storia del Novecento, per andare a riscoprire, scatto dopo scatto, la vita nella città industriale più famosa di inizio secolo. Un ritratto dettagliato e autentico di questa metropoli americana pervasa dal dinamismo e innovazione, pronta a proiettarsi verso un futuro, di cui oggi ne abbiamo chiara testimonianza.
L’esposizione curata da Urs Stahel, presenta gli scatti principali di questo lavoro monumentale: 170 stampe vintage provenienti dalla collezione del Carnegie Museum of Art di Pittsburgh sulla città e sull’America degli anni Cinquanta. Un decennio travagliato, in bilico tra promesse di felicità e progresso autentico, luci e ombre proiettate sui profili delle case e nelle vie urbane. Il progetto, considerato da Smith l’impresa più ambiziosa della propria carriera, segnò un momento cruciale nella vita professionale e personale del fotografo.
A trentasei anni W. Eugene Smith, aveva rivoluzionato il concetto di saggio fotografico.
Dopo i successi e la fama ottenuti documentando in prima linea alcuni dei principali avvenimenti del secondo conflitto mondiale, e per aver pubblicato i suoi famosi saggi di denuncia sociale, tra i quali troviamo Il medico di campagna, La levatrice, Un uomo di carità e Il villaggio spagnolo pubblicati su “Life” tra il 1948 e il 1955, Smith decise di non collaborare più con la rivista per dedicarsi alla fotografia con una maggiore libertà espressiva.
Nel 1957 divenne membro ufficiale dell’agenzia Magnum Photos, per la quale realizzò questo reportage sulla città di Pittsburgh, che gli varrà il primo dei suoi tre premi Guggenheim. Come spiega Urs Stahel: “W. Eugene Smith lottava per rappresentare l’assoluto. Ben lungi dall’accontentarsi di documentare il mondo, voleva catturare, afferrare, almeno in alcune immagini, niente di meno che l’essenza stessa della vita umana.”
Un grande progetto mai terminato, che vede la città e i suoi abitanti i protagonisti e soggetti prediletti dell’obiettivo della macchina fotografica di W. Eugene Smith.
La città, in pieno boom economico grazie alla crescita dell’industria siderurgica e in particolare delle sue acciaierie, garantiva lavoro e attirava operai da tutto il mondo. È Proprio sui loro volti stanchi e affaticati, concentrati o riflessivi che gravitava l’attenzione di Smith fotografo. Mani che lavorano, corpi vibranti pervasi da energia nuova, che camminano per le strade della città del cambiamento. Oltre 20 mila negativi e 2.000 masterprint realizzati in quasi tre anni di duro lavoro mettono nero su bianco il lato più umano di questa metropoli industriale.
Solo la rivista “Photography Annual” ebbe l’onore di pubblicare nel 1959 una parte del lavoro colossale svolto negli anni precedenti da parte del fotoreporter. Nonostante questa unica pubblicazione, il risultato non fu all’altezza delle aspettative di Smith, che continuò il suo operato negli anni avvenire al fine di giungere al risultato desiderato: un’intera opera su Pittsburgh.