A Solomeo nella fabbrica “etica” Brunello Cucinelli S.p.A.: un progetto di vita e di umanità, un luogo dell’anima dove alleviare il male di vivere e dove il lavoro diventa dignità morale ed economica dell’essere umano.

La durevolezza è uno degli attributi più ovvi del bello a sostenerlo è Brunello Cucinelli, sessantacinque anni appena compiuti, fondatore da quarant’anni di un’azienda leader nel mondo del lusso nel settore del cachemire.
Lui stesso ha scritto un libro dedicato alle amate figlie Carolina e Camilla Cucinelli, che indaga gli aggiustamenti e le trasposizioni culturali che nel corso del tempo hanno moltiplicato il concetto di bellezza del borgo di Solomeo.
“Il libro vuol essere una memoria pubblica del momento forse più bello della vita di un uomo, quando, per l’età, può guardare al passato con indulgenza e al futuro con speranza, e apprezzare così quietamente le cose vere e semplici dell’umanità e della vita di ogni giorno.
È il momento in cui si comprende che profitto e dono debbono andare sempre insieme, che la pazienza deve sempre prevalere sull’ira, che la previdenza è saggezza, che la vecchiezza è acquisto e non perdita, perché ci avvicina al cielo. In altre parole, è testimonianza di sentimenti più che racconto di fatti.
È stato scritto quando le opere di Solomeo volgevano al termine, ma nel cuore è nato insieme ad esse, giorno dopo giorno, dai dialoghi con Massimo svolti sempre a cospetto della natura, in quel teatro del mondo che, come tutti gli altri, è il paesaggio di Solomeo.
È stato un piacere, per la lunghezza di circa cinque anni, lavorare alla scrittura di questo libro, che parte della mia infanzia, e passando per la gioventù arriva fino alla “scoperta” di Solomeo e all’industria. Il titolo del libro parla di “sogno”, di vita, di idea del capitale umanistico; e questi tre temi, leggendo, è come se fossero un tema solo, perché il tono poetico assimila le parti armonizzandole in un significato unico.
Infine questo libro, con un po’ di timore, è dedicato ai giovani: può sembrare strano che un’opera di ricordi, di tradizione e di capitalismo non sia rivolta a persone adulte, ma questa è anche una storia di emozioni”.

Di certo, la bellezza di questo borgo è stata documentata dalla sua storia che parte dal Duecento e dalla strada che univa Perugia a Castiglion del Lago e a Chiusi.
Il nucleo abitato di “Villa Solomei” nel 1361 era costituito da un palazzo, un “casamentum”, dodici “domus”, due casalini e la Chiesa di San Bartolomeo. Una visione tanto interiore ma anche esteriore come le fortificazioni effettuate nella primavera del 1931 e il segno di patrimonio narrativo come la costruzione del castello promossa da Meo “Iohannis Cole” proprietario del palazzo maggiore.
Sul finire del XIV secolo il Castello di Solomeo doveva essere completato, ma si continuò ancora per qualche tempo ad indicare Solomeo con il termine di “Villa”. In un atto del 1430 per la prima volta si parla di un “Castrum Solomei”. Ma possiamo aggiungere che proprio da questo atto, nel XVI secolo vi è una ripresa dello sviluppo demografico, tale che il borgo si espande oltre le mura castrensi. In quel tempo le abitazioni non occupavano l’intera area avanti a questo tratto delle mura. Solo più tardi, dopo il 1729, se ne aggiunsero altre, che formano oggi un caseggiato sviluppato lungo l’intero percorso sud-est delle mura stesse.
(Nota storica: solomeo.it)

Solomeo e il suo “Re del Caschemire”
Ed ecco come ci appare ai giorni nostri, come simbolo di un’eleganza senza tempo creata da artigiani del passato e da un mecenate che ha acquistato i capannoni in periferia, li ha fatti abbattere (“Mio padre mi diceva che ero matto”, racconta) costruendo il Parco Industriale, sede della nuova azienda tra prati, cipressi e fontane, dove lavorano centinaia di artigiani in spazi grandi, luminosi e con pareti di vetro aperte agli sguardi sulle bellezze naturali dei luoghi.
Un vecchio adagio afferma che l’architettura è di interesse pubblico anche quando è privata, perché chiunque deve apprezzarla e rimanere nell’immaginario collettivo.

“Diceva Eraclito che “l’uomo dimora con il divino”, e il mio sogno è stato questo, nato dall’amore per il Borgo dove la spiritualità è talmente forte che ho scelto di dare l’appellativo a Solomeo “Borgo dello Spirito” ci spiega Brunello “ Le periferie, lo sapete, oggi sono il problema del mondo, ma proprio per questo potrebbero diventare i luoghi amabili, proprio quelli da dove, ne sono convinto, ripartirà quel futuro di straordinaria rinascita civile, umana, spirituale che già vediamo splendere all’orizzonte.
A Solomeo ci sembra di aver raggiunto l’obiettivo, è il mio sogno realizzato perché ora la periferia è un luogo bello, dove dopo uno spopolamento di qualche anno fa si è tornati a vivere e si lavora bene in armonia con la natura: Solomeo ha rinnovato la sua antica tradizione produttiva, ieri olio, grano e vino, e ancora oggi di nuovo gli stessi prodotti, più il cashmere.
Quanto abbiamo fatto qui nel nostro borgo mi pare bello, ma al tempo stesso sono convintissimo che non ha nulla che non possa essere sperimentato in situazioni simili in altre parti d’Italia, d’Europa, del mondo”.

L’atemporalità travalica i confini delle mode e del gusto e va oltre i limiti della durata come l’imperativo di vivere la vita di Brunello Cucinelli e ridare dignità alla terra, della cui integrità gli esseri umani sono i custodi.
“Il sogno della mia vita è sempre stato quello di lavorare per la dignità morale ed economica dell’essere umano.” ci spiega Brunello, seduto in una comoda seduta attorniato dalla sua famiglia “Immaginavo un’impresa che producesse senza recare danni al Creato, e volevo conseguire il giusto profitto con etica, dignità e morale. Anche per questo mi piaceva che le persone lavorassero in un luogo più amabile, avessero un salario leggermente migliore, e che si sentissero corresponsabili e stimate”.

L’empatia e l’ammirazione dei 500 giornalisti internazionali (250 italiani e 250 stranieri) che hanno camminato nel Parco Agrario, costituito da vigneti disegnati come un labirinto che ricorda i giardini all’italiana e da un uliveto circolare che rappresenta il mondo. E poi tanti alberi carichi di mele, un frutto semplice, simbolo di vita nell’antica civiltà contadina. Sopra la vigna e i campi è stata costruita, su di un nobile basamento, la cantina, un edificio imponente e di rappresentanza, che richiama le ville rinascimentali della Toscana.

Ogni sua opera diventa un’avventura bella e speciale, ma anche una opera di ricordi per illuminare altre che desiderano seguire la sua strada.
Un “Tributo alla Dignità dell’Uomo” rappresentata da un’esedra di travertino, bucata da cinque archi, i cinque continenti, secondo le proporzioni dell’architettura classica. L’Africa è sotto l’arco centrale, per ricordare l’origine dell’uomo e del suo toccare con mano la sua spiritualità.

“A Solomeo abbiamo restaurato, tra centro e periferia, quella relazione vitale che in tanti luoghi non c’è più. È bastato essere attenti restauratori di ogni più piccolo dettaglio, ma questo è stato fatto con costanza e affetto nella memoria dei nostri padri. Siamo stati più restauratori che edificatori, la nostra unica costruzione nuova è stata un monumento alla cultura laica, il Teatro.
A volte sento dire” afferma Brunello “che il futuro delle antiche città è quello turistico, e quello delle periferie la perdita di identità, ma io immagino città antiche nuovamente popolate da cittadini e periferie amabili che partono dai loro sobborghi e vanno verso la campagna proprio come nei dipinti del Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti, nella splendida Siena del Trecento”.

E in questo senso che nel borgo, Brunello Cucinelli ha realizzato anche il Foro delle arti, l’Anfiteatro, un giardino pensile, un teatro, la Biblioteca neoumanistica e la Scuola dei Mestieri, dove le nuove generazioni imparano la sartoria, la maglieria, ma anche l’agricoltura e il giardinaggio.
Il nuovo Rinascimento parte da qua, come memoria del passato che tende verso il futuro, in cui vivono segni e oggetti che non solo ritornano nel tempo, ma producono nuove configurazioni, restano e tornano di moda.
