Si conferma l’anima sostenibile di Botto Giuseppe che racconta con rinnovata passione la propria storia e la sua ricerca sulle montagne di Alashan per offrire ai clienti del lusso materie prime pregiate e distintive, ma sempre nei termini della sostenibilità.

L’estate è tempo di riflessione, al relax e ai viaggi che ci lasciano sempre qualcosa quando ritorniamo: ricordi, profumi e immagini.
Viaggiare significa calarsi il più possibile nella realtà che si scopre e che ci viene incontro con la nostra curiosità e seguire un filo da incontri fortuiti e imprevisti per vedere il mondo in un’ottica diversa. Bisogna prepararsi alla scoperta, leggere, fermare i frammenti del tempo in una foto, o scrivere in un piccolo taccuino assieme a buon libro.
Questo è il viaggio di un imprenditore Silvio Botto Poala, un nuovo Alessandro Magno del cashmere, che assieme al fratello Ferdinando è co-CEO dell’azienda tessile Botto Giuseppe e Figli, ha ricercato in una parte dell’Asia che pochi conoscono e che, a stento, riescono a collocare nelle mappe geografiche, una fattoria specializzata nel cashmere.

Un viaggio che inizia in Mongolia, sulle montagne di Alashan, dove il paesaggio è fatto da massicci maestosi e steppe vastissime, abitate da popolazioni che provengono dal leggendario Gengis Khan e dal Tamerlano con culture e religioni diverse.
Su queste montagne vivono le capre Hircus in condizioni atmosferiche estreme, con inverni rigidi ed estati di caldo canicolare, che vengono tenute in piccoli greggi seminomadi che spostano nelle zone adatte per il cibo, guardate da pastori.
Da ogni capra si possono ottenere solo due etti di fibra nobile, che si ottiene solo dalla parte migliore dell’animale, ossia il sottopelo che cresce sotto la pancia, e quanto basta per produrre un maglione di finezza tra i 12 e 15 micron.
Il vello proveniente da queste regioni è il più pregiato in quanto questa fibra è più lunga e preziosa, due peculiarità che assicurano una ottima qualità e resistenza, calcolando che ogni capra fornisce 300 grammi in un anno, mentre servono 6,5 km di filo per fare una maglia.

“È più difficile identificare una fattoria specializzata nel cashmere perché i fattori sono piccoli, tantissimi e sparsi sul territorio, per cui solo messi insieme fanno grandi quantità”, Silvio Botto Poala “Invece nelle lane ci sono ormai famiglie che da 3-4 generazioni hanno investito nelle pecore e oggi hanno fino a 50.000 capi nella stessa fattoria. Noi abbiamo concluso un accordo con la fattoria Gacha, che alleva la capra del cashmere con il vello più fine, compreso tra i 13 e i 15 micron, per iniziare una produzione tracciabile anche sul cashmere, senza più dover comprare da tanti piccoli produttori diversi”, continua il CEO. “Nella lana abbiamo 3 fattorie con cui lavoriamo su prodotti differenti e, già con la precedente collezione estiva, abbiamo una seta tracciabile”.

Questo progetto di ricerca si prefigge il miglioramento della qualità del cashmere attraverso un uso sostenibile del territorio e concorre a un maggiore bilanciamento sociale sul lungo termine. Scegliendo le capre migliori (finezza media al di sotto dei 14 micron, produzione superiore ai 500 grammi) per accoppiamenti selettivi e razionalizzando la raccolta della fibra (più omogenea e pulita) è possibile diminuirne la finezza, mantenendo un’elevata quantità di materia per ogni animale. I risultati ottenuti registrano un miglioramento della finezza della fibra di 1 micron in 5 anni. Allevando un numero inferiore di capre quindi, i pastori ottengono comunque buoni volumi annuali di produzione che si ripercuotono su uno standard di vita ottimizzato e un armonioso equilibrio tra animali e habitat.

“L’ambiente in cui viviamo è la nostra casa e difendendolo sosteniamo noi stessi e il nostro futuro. Creare prodotti con materiali da produzioni sostenibili ha un costo che il marchio e il consumatore finale potranno vedere come investimento per un futuro migliore. Abbiamo fatto questa scelta da sei stagioni e investiamo risorse umane, ricerca e capitali per avvicinarci sempre di più a ciò in cui crediamo.”
Per questo nel processo creativo della collezione Autunno Inverno 2020-21 le lane superfini e il cachemire sono protagoniste indiscusse di testimonianza della garanzia della tracciabilità e della sostenibilità di tutto il processo produttivo eseguito negli stabilimenti di Tarcento in provincia di Udine e di Vallemosso in provincia di Biella con la certificazione Cradle to Cradle di tutti i prodotti che sono tinti con coloranti reattivi solidi attentamente selezionati con la consulenza di Eco Intelligent Growth nel quadro della Fashion Positive Initiative.
Tale filati denominati Naturalis Fibra hanno raggiunto la certificazione di livello Gold già dal 2017, assieme al cachemire pettinato Natural Born Cachmere.
Un’altra gamma sono i tessuti Multicontrol Weather Green altamente performanti e idroreppelenti totalmente Fluoro- Free e i tessuti tridimensionali con strutture in rilievo, pensato per un guardaroba outdoor di facile usabilità e praticità nel vivere quotidiano.

“Tutto ciò che faccio nasce dal mio impegno per difendere la sostenibilità, “dichiara Silvio Botto Poala “agendo sempre in maniera etica e responsabile, con l’obiettivo di creare la consapevolezza nei più giovani, perché sono loro che possono cambiare le sorti del nostro pianeta”. E anche la moda che verrà. Tutti uniti in un sol viaggio in unico slogan “ ALL TOGHETER NOW” per uno spettacolo difficile da spiegare a parole e che dunque invito ad ammirare nelle foto scattate attraverso questo viaggio negli altipiani di Alashan.

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