Capispalla di avanguardia che celebrano un’artigianalità impeccabile e moderna. Che porta con sé l’heritage della terra italiana. Per un’idea di lusso non comune.
Le creazioni del brand Stone Island, di cui Carlo Rivetti è Presidente, racchiudono uno spirito funny per far gola a una community cool.

Quando l’outwear, quello di lusso, fa moda. Con verve e originalità e, soprattutto, coniugando funzionalità ed eccellente qualità dei materiali.
I capi firmati Stone Island di Carlo Rivetti, sono espressione di sperimentazione e funzione d’uso, creando un universo fresco e cool che da sempre definiscono la sportswear company.
Sin dalla sua nascita nel 1982 il brand italiano diventa simbolo della ricerca e dei trattamenti su fibre e tessuti applicato ad un design innovativo, presentando una collezione di abbigliamento Stone Island composto da 7 capispalla, declinati in 6 varianti bicolore diverse e realizzati con Tela Stella, materiale usato per le coperture dei camion.
Un’indagine costante portata avanti nel tempo, approfondita senza frontiere, sulla trasformazione e la nobilitazione di fibre e tessuti sportswear, che porta a scoprire materiali e tecniche produttive mai utilizzati in precedenza dall’industria dell’abbigliamento.
La forza di Stone Island si basa anche sulla capacità unica di intervenire sul capo finito, attraverso le continue sperimentazioni di tintura e di trattamenti realizzati nel proprio laboratorio del colore. Un reparto in grado di coniugare tecnologia avanzata, esperienza e capacità umana, che negli anni ha messo a punto più di 60.000 ricette di tinture diverse.

«Come tutte le storie di successo, la nostra non è facile da sezionare né tantomeno da replicare – sottolinea Carlo Rivetti, Presidente di Stone Island ed intervistato per The Ducker Magazine – Ho sempre avuto la passione per materiali, tessuti, lavorazioni. Ho investito tutte le mie energie imprenditoriali e creative in questa passione, per decenni. Ho fatto una scommessa, in fondo, tanti anni fa, forse con un pizzico di presunzione. Credevo che la mia idea fosse buona e anche se in quel momento il mercato guardava altrove, prima o poi le cose sarebbero cambiate».

Nel novembre 2016 fu presentato Prototype Reasearch_Series 01_ Lasering on Liquid Reflective Base, un anorak in esclusivo tessuto altamente rifrangente grazie ad una spalmatura contenente migliaia di microsfere di vetro, spruzzato a mano con resine colorate e passato al forno per l’asciugatura. La successiva laseratura con raggio a controllo numerico incide la superficie del capo cambiandone l’aspetto materico per un effetto tridimensionale tono su tono.

Secondo capitolo delle edizioni limitate native è Prototype Research Series 02 Garment Dyed Dyneema®, un giubbotto Stone Island reversibile realizzato con la fibra leggera più robusta e resistente al mondo in una versione pronta in tinta, accoppiandola ad un esclusiva membrana performante unita ad una tela iper leggera di nylon. I capi sono tagliati e cuciti con nastratura interamente manuale in fettucce in Dyneema®.
Prima della tintura in capo le giacche riposano per una settimana per il corretto polimerizzo delle nastrature. Un lato espone la faccia in Dyneema®, l’altro la tela di nylon iper leggera che prende il colore di tintura assieme agli altri componenti in nylon del capo. Il cappuccio, estraibile dal collo in piedi, è indossabile anch’esso da ambo i lati.
Due set da 50 giacconi tinti in capo con 50 ricette di tintura nel Laboratorio del Colore Stone Island. L’alta artigianalità delle lavorazioni rende ogni capo unico e irripetibile.

Il terzo capitolo è iniziato durante il Salone del Mobile di Milano con Prototype Research_Series 03: «Nel realizzare questo progetto ci siamo fatti sviluppare quattro tessuti, ognuno con composizione e struttura diversa. Inizialmente abbiamo confezionato il capo in bianco, poi l’abbiamo tinto e infine abbiamo ottenuto un 25% di restringimento a 120 gradi di temperatura sotto pressione; questo permette alle fibre di compattarsi tra loro e di tenere uniforme il colore del capo» – spiega Carlo Rivetti, durante la presentazione – «L’idea è nata da una tuta anti gravità di un pilota di jet dell’Unione sovietica degli anni ’50, piena di piccoli tubicini che gonfiandosi ristabilivano la pressione corporea. Noi abbiamo riprodotto questa struttura solo da un punto di vista grafico e non di performance. Infine, due dei quattro capi quando raggiungono i 120 gradi diventano a tenuta d’acqua, questo fa sì che il materiale assuma una composizione cartacea ottenuta dallo scioglimento della superficie a causa dell’elevata temperatura.»

Carlo Rivetti, il passato è storia da narrare e fonte di risorse per condurre meglio il futuro, specie quando si parla di crisi. E crisi non vuol dire ridimensionamento, ma anche opportunità?
«Sono convinto che questo sia un grandissimo momento, il tempo è galantuomo, nelle difficoltà chi fa le cose bene vince. La crisi della mia azienda mi ha fatto vedere in modo diverso come facciamo le cose: negli anni passati ho fatto in un certo senso il principe, mentre la crisi mi ha permesso una rifocalizzazione. Come suo effetto in questi anni siamo passati dal consumo per l’abbigliamento all’investimento per l’abbigliamento. Questo significa meno capi ma di maggiore qualità. Ecco la spiegazione delle edizioni limitate native.»
E guardando al futuro di Stone Island?
«Sappiamo che lo zoccolo duro dei clienti sono vecchi ex paninari, sono clienti fedeli e noi siamo fornitori fedeli: allo stesso tempo stiamo fidelizzando anche i nuovi giovani. Abbiamo grandi sfide davanti: se cambiano i modelli di consumo, anche i modelli di distribuzione subiranno grandi cambiamenti.
Il futuro è entusiasmante per me, lo affronto giorno per giorno, specie da quando ho un’azienda media e non una multinazionale perché in fondo non sappiamo cosa potrà succedere e questo mi diverte. Ho sempre evitato di guardarmi alle spalle, continuo a farlo, è diventata una religione, sono superstizioso e cabalista».