
Il percorso di lavoro di Filippo Scuffi è uno sguardo che comprende un linguaggio estetico che mette in scena la contemporaneità rileggendo l’esistente (per sovvertire le regole).

Iconoclasta gentile. La moda come memoria e come provocazione. Filippo Scuffi fin da bambino curiosava negli armadi e ammirava le donne di casa intente a cucire, e imparando già esprimeva il suo talento.
Dopo la scuola a Harvard, per proseguire poi alla “School of Clothing Psychology” del Fashion Institute of Technology di New York, dove consegue un Master Degree in psicologia dell’abbigliamento, rimane negli Stati Uniti per collaborare con il marchio Ralph Laurent e successivamente allo sviluppo della collezione Donna Karan donna.
Segue inoltre la scelta tessile e lo sviluppo delle collezioni Jill Sander e Louis Vuitton.
Per due anni insegna psicologia dell’abbigliamento all’istituto Europeo di design di Roma.Si occupa della maglieria uomo e donna di Hermes lavorando a astretto contatto con l’allora Direttore Creativo Martin Margiela.
Dopo qualche altra importante consulenza per brand di prestigio nel 2005 è chiamato a Londra direttamente da DAKS, diventandone poi Direttore Creativo nel 2010.

Qual è il centro gravitazionale delle sue ispirazioni?
L’osservazione della natura, una madre che ci insegna tutto: simmetria e armonia. E poi ascolto le persone, sono attratto dai loro movimenti e dalla loro personalità.
Se le dico “creatività”, cosa risponde?
Liberare la mente e andare oltre. Immagino abiti che rendano le persone più belle, che le aiutino a scoprire la loro forza e celebrino la loro spiccata personalità. Più di tutto, voglio che i miei abiti trasmettano positività.
I punti di forza delle sue collezioni?
Tutto è lavorato Made in Italy e con dettagli fatti a mano, con una costante sperimentazione di tecniche e tagli per creare abiti unici. E soprattutto la ricerca dei tessuti affidandomi ai più prestigiosi fornitori, come la cura che si riserva alle texture e alle disegnature.
Nella mia ultima sfilata che ho presentato durante la scorsa Milano Moda Uomo dedicato alla storia della British Social Season, soffermandosi con particolare attenzione sull’Henley Royal Regatta, ho cercato di trovare un punto di forza nel particolare delle camicie, a volte a righe a volte a piccoli quadretti, che hanno quasi sempre colli e polsi bianchi che sembrano esclamare “So Brit” con quel humor anglosassone che resta del label di Daks.

Come si diventa direttore creativo?
Preferisco definirmi un designer, e poi un direttore creativo.
Fin da piccolo passavo ore a leggere e disegnare, nella mia camera come se fosse un antro magico fatto di libri, matite e la giusta dose di tessuti, ma soprattutto nel cercare una funzionalità di ogni singolo oggetto che avevo per le mani.
Per questo trasporto della ricerca e della simmetria ho imparato a dividere il mio lavoro in due momenti. Come sempre la prima parte del mio lavoro è sognare una creazione, poi devo trasformarla in qualcosa d’indossabile. Spesso quando vado nei vari laboratori, cerco un dialogo spirituale tra le mie idee e la realizzazione, e da questo che ho imparato l’importanza della funzionalità.
Qual è il tessuto che ama di più?
Non ho una sola predilezione: cotone, cachemire e anche window check, pied de poule, spinato e alcune proposte di rigature, diverse per disegno e colore, che evocano l’appeal da gentleman.

E la collezione favorita?
La collezione Autunno/Inverno 2017 di DAKS che dipinge l’immagine di una Londra che respira ambizione e talento raccontando la storia di successo di distinti banchieri inglesi ed eleganti uomini d’affari. La mia ricerca è stata ampia fino a trovare delle collaborazioni eccellenti da Fox Brothers per un ’DAKS Club Flannel’ dall’esclusivo design gessato, sinonimo dello stile cosmopolita inglese che pone particolare rilievo sugli abiti gessati, fino alle calzature, realizzate in lussuosa pelle di vitello spazzolato di colore nero e con tenui richiami tessuto, create in collaborazione con Trickers.
Un’atmosfera di eleganza che porta a scoprire l’identità di una Londra moderna che non nasconde la sua anima più riconoscibile.

Che consiglio darebbe a un uomo su un capo da indossare per essere sempre a suo agio ?
La camicia bianca che profuma di bucato portata con dei jeans o bermuda per il tempo libero, con dei pantaloni in flanella o tasmania per uno stile più elegante.
Quali sfide attendono il suo settore?
Oggi si discute molto sul ruolo delle sfilate e sul loro peso nella diffusione dei valori di un brand.
C’è chi vorrebbe eliminarle, chi farne delle presentazioni funzionali alla vendita o chi, al contrario, preferirebbe trasformarle in happening culturali. Per me continuano a costituire un momento estremamente importante di trasmissione di un messaggio specifico, relativo a un marchio definito.

La miglior garanzia per il futuro?
Preservare la bellezza per non isolarla dalle esigenze creative, progettuali e produttive, solo così si potrà continuare a essere protagonisti di quel fashion system che la moda italiana ha contribuito in prima persona a definire.
