Il mecenate protagonista della rinascita della cultura dei mestieri d’arte in Italia, Franco Cologni, si svela in una doppia intervista con Alberto Cavalli, Direttore Generale della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, per raccontarci il binomio tra estetica e saper fare. Con una esortazione: la rimembranza è una delle chiavi per il futuro.
Franco Cologni ritratto da Emanuele Zamponi
Quali traguardi sono stati raggiunti in questi primi 25 anni di vita della Fondazione Cologni?
Franco Cologni. È sempre giusto usare una certa modestia nel parlare di sé: occorre quindi ricordare che non basta una fondazione per cambiare radicalmente le carte in tavola. I traguardi raggiunti sono però visibili: in 25 anni abbiamo portato in Italia un concetto che esisteva nella pratica, ma che nella percezione non era previsto. Abbiamo scosso qualche certezza e qualche prassi inveterata. Il risultato più importante che abbiamo ottenuto è il diverso atteggiamento del grande pubblico nei confronti dei mestieri d’arte, un cambiamento culturale senza il quale le azioni concrete rischiano di essere meno efficaci. Oggi una giovane costumista, un sarto, un ricamatore, un liutaio sono visti dai loro coetanei con grande interesse e favore.
Alberto Cavalli. Essendo una piccola fondazione privata dobbiamo essere originali, e quindi proporre progetti efficaci che abbiano sempre un carattere di novità. Come ricordava il Presidente, sono tanti i traguardi raggiunti: più di 200 ragazzi messi a bottega, per esempio. Un numero molto elevato di pubblicazioni attraverso le nostre due collane “Ricerche” e “Mestieri d’Arte”; il titolo di MAM, che in Italia non c’era… e la promozione di valori che 25 anni fa non erano tematizzati, e che oggi lo sono. Sarebbe ambizioso dire che tutto questo è successo grazie a noi, però è giusto dire che anche Fondazione Cologni ha dato il suo contributo.
Alberto Cavalli ritratto da Laila Pozzo ©Michelangelo Foundation
Alcuni pensano erroneamente che parlare di mestieri d’arte sia una nuova tendenza. Se la comunicazione non riguarda valori sani allontana l’obbiettivo di promozione della cultura dell’alto artigianato. Vogliamo sottolineare cosa sia il vero mestiere d’arte?
F.C. Un aggettivo che apprezzo, e che raramente si usava in passato per definire i mestieri d’arte, è autentico. L’autenticità significa anzitutto verità, splendore e bellezza che sono i canoni dei mestieri d’arte. Un connubio filosofico che deve essere riscoperto e utilizzato per un nuovo rinascimento del mestiere d’arte, di cui c’è un estremo bisogno. Saper creare e saper fare vanno intesi in binomio: privilegiare l’uno rispetto all’altro porterebbe a squilibri insostenibili per la cultura del bello ben fatto.
A.C. L’autenticità di cui parla il Presidente è ciò che fa la differenza rispetto alla tua domanda. È vero quello che tu hai riscontrato ultimamente, ovvero che stiamo assistendo a una sorta di “craftwashing” in cui tutto viene presentato come artigianale, tutto è crafted. Non c’è niente di male nel prodotto industriale, ma è importante l’autenticità di quello che si propone: un prodotto “artigianale” è un prodotto che ha una propria autorevolezza, perché realizzato da un autore, il maestro d’arte. L’autenticità è uno degli undici criteri che Fondazione Cologni ha distillato per identificare l’eccellenza dei mestieri d’arte, delineando quindi il giusto sentiero da percorrere per diventare un vero maestro. Oggi più che mai troviamo importante perpetuare l’autenticità anche nella comunicazione.
Doppia Firma 2017, Leonardo Scarpelli e Pierre Marie © Laila Pozzo
La pandemia in atto ha provocato un rallentamento nel modus vivendi bulimico e frettoloso che la società globale aveva da tempo intrapreso. Questa decelerazione, vista in una prospettiva positiva, potrebbe riportare l’uomo, le sue vere esigenze e le sue doti al centro della visione dell’oggi?
F.C. La riflessione è importante nella misura in cui si aggiunge un verbo: ritrovare. Occorre recuperare dei valori. La storia dei mestieri d’arte è uguale alla storia dell’umanità. Quanti elementi, che sono stati fondamentali nell’evoluzione umana, si potrebbero recuperare? Ritrovarli comprende il piacere di possederli, non solo come pretesto di comunicazione o egoistico, ma come vettore per autenticare un rispetto verso chi queste cose le ha realizzate e le apprezza. Questa rinascita è molto importante per un mondo che c’era, c’è e ci sarà sempre, ma che non ha sempre rappresentato un vero “ordine del giorno”. La pandemia sta attuando una rarefazione del consumo. È importante che un cliente persegua stile e buon gusto, non certo le cose effimere, banali e inutilmente costose.
A.C. Durante il lockdown la nostra Fondazione è stata molto attiva nella comunicazione digitale, proprio per educare e per avvicinare anche un cliente come quello tratteggiato dal dottor Cologni. Abbiamo creato una serie di video intitolati “I segreti del mestiere” in cui gli artigiani presentano il loro lavoro e invitano gli spettatori a cimentarsi, comprendendo quindi quanta abilità ci sia dietro ogni aspetto del saper fare. Abbiamo potenziato il nostro canale digitale Well-made.it e insieme a Michelangelo Foundation abbiamo lanciato la Homo Faber Guide, una guida digitale ai migliori artigiani d’Europa. Se, a causa della pandemia, non possiamo più spostarci, possiamo però ricercare qualche cosa di speciale vicino a noi.
Il progetto “Una Scuola un Lavoro. Percorsi di Eccellenza” promuove il tirocinio formativo dei giovani artigiani. Peter Elovich © Fondazione Cologni dei Mestieri d’arte
“Io continuo a stupirmi. È la sola cosa che mi renda la vita degna di essere vissuta” diceva Oscar Wilde. La ricerca del cosiddetto “émerveillement”, lo stupore legato al bambino libero che vive nell’adulto consapevole, non risulta oggi più che mai fondamentale nel nostro quotidiano?
F.C. Giovan Battista Marino scriveva: “È del poeta il fin la meraviglia / parlo dell’eccellente e non del goffo, / chi non sa far stupir, vada alla striglia! ”. La meraviglia è poesia, è un piacere che nasce dalla scoperta della bellezza, è cagione di amore, di desiderio. Oggi bisogna ricercarla e ritrovarla, vincendo la pigrizia di un mondo in cui sembra regnare il déjà-vu. Io non sono Oscar Wilde, ma sono una persona eclettica e quindi aperta al mondo, sono curioso e la curiosità è ciò che mi soddisfa. La curiosità e la meraviglia si legano a un concetto di bellezza che è stato rivalutato in senso morale nell’enciclica di Papa Giovanni Paolo II, intitolata Veritatis splendor. Dire lo splendore della verità significa dire che la bellezza è verità. Tutto ciò fa parte della vocazione che io e Alberto Cavalli abbiamo del ritrovamento dell’immateriale nel mondo dei mestieri d’arte.
A.C. L’émerveillement è qualcosa che ti coglie di sorpresa e che ti cambia. Cartesio diceva che la meraviglia è alla base della curiosità e la curiosità è la base della competenza. L’incanto nasce spontaneamente dall’incontro con il maestro d’arte, con qualcosa di imprevedibile che diventa anche una storia. E una storia da raccontare si tramuta a sua volta in un bene relazionale.
Sveva Camurati. Insignita del titolo di MAM-Maestro d’Arte e Mestiere tra i 78 nuovi esponenti dell’edizione 2020 che saranno inseriti nel simbolico Libro d’Oro dell’eccellenza artigiana
Lo scorso 19 Ottobre Fondazione Cologni ha inaugurato presso la Triennale di Milano il ciclo annuale di mostre “Mestieri d’Arte e Design. Crafts Culture”. Come è nata questa collaborazione?
F.C. È una chicca. È una curiosità non solo per gli addetti ai lavori, ma anche per coloro che sono stimolati dal bello che gli artigiani contemporanei realizzano.
A.C. La ricerca di un luogo dove organizzare mostre in maniera permanente ci ha impegnati per tanto tempo. Il Dottor Cologni ci ha spronati a interloquire con tutte le istituzioni. La Fondazione ha sempre lavorato con la Galleria d’Arte Moderna, il Museo Bagatti Valsecchi, il Museo Poldi Pezzoli, il Castello. Noi amiamo promuovere il dialogo, il consenso, la collaborazione. Stefano Boeri si è speso in prima persona durante una fase di grande cambiamento del museo. La Quadreria di Triennale Milano ci è sembrata un luogo propulsivo, di piccole dimensioni, come siamo noi, ma che può diventare il luogo per mostre originali, come anche noi cerchiamo sempre di essere. Uno spazio che servirà anche come fulcro per tutte le nostre attività, per gli ateliers che ospitano i tirocinanti e per la nostra collana editoriale.
La mostra “Mirabilia. Una Wunderkammer per scoprire i mestieri d’arte milanesi” presente in Triennale fino al 4 Aprile 2021.
© Emanuele Zamponi
Alberto, lei è il curatore della prima mostra dal titolo “Mirabilia”. Una esposizione che ripercorre dal Rinascimento all’epoca contemporanea la grande vocazione artigianale di Milano.
A.C. Mirabilia è una mostra realizzata in collaborazione con tutte le istituzioni culturali che a Milano si occupano di arti applicate; è quindi stata concepita anche come un momento per valorizzare e celebrare tutte le altre istituzioni milanesi. È una vera e propria Wunderkammer perché delinea nel suo percorso tutte le peculiarità che una camera delle meraviglie aveva nel XVI secolo. Gli oggetti, vicini gli uni agli altri, sono capolavori sorprendenti realizzati da artigiani milanesi contemporanei, in un rapporto ideale con quattro splendidi pezzi rinascimentali. Il loro dialogo esalta lo stupore, ma ispira anche una certa familiarità. Mentre l’arte contemporanea può essere polarizzante, i mestieri d’arte sono molto inclusivi: appartengono alla nostra storia, anche a quella personale di ogni individuo.
F.C. L’uomo vero, l’homo faber, non è nient’altro che l’espressione del fare con la mano, con la mente e con il cuore. Ciò definisce un progetto realizzato dal maestro d’arte in cui è racchiuso lo splendore della verità, come abbiamo detto. La rimembranza è un riverbero, una dolcezza creativa non nostalgica: ricordare, nell’ambito della bellezza tipica del lavoro dei maestri d’arte, attribuisce profondità a ciò che si sta vivendo. Un significato personale, umano, senza il quale il ricordo non è più lo stesso.