Attraverso i ritratti di Giovanni Gastel, si può raccontare un bel pezzo della storia della fotografia contemporanea. Con ancora più precisione, grazie alle sue opere, sarebbe possibile ricostruire le vicende degli ultimi quarant’anni di moda e di design.

La sua figura s’innalza sul mondo della fotografia come quella di un gigante.Basterebbe dire che il nome di Giovanni Gastel è legato a molte immagini simbolo che hanno segnato gli ultimi quarant’anni di storia.
Dai più importanti capi di stato alle modelle, dai maggiori capitani d’industria ad attori, uomini di spettacolo, sportivi, e soprattutto i grandi creativi della moda, sono passati dal suo studio per farsi ritrarre o confezionare campagne pubblicitarie o mirabili still life come opere d’arte.

Quarant’anni che permettono di tracciare il percorso stilistico dell’artista e il parallelo dipanarsi delle vicende personali, culturali e storiche di quel periodo: il rapporto di formazione, anche teatrale, un’ininterrotta relazione con la poesia-passione che lo accompagna fin dall’adolescenza- il legame profondo con il mondo della moda e del design, ambito privilegiato della sua storia professionale.
Eppure ciò che colpisce confrontandosi con Giovanni Gastel oltre l’eleganza e l’educazione innata, è la vitalità di un uomo che ha fissato su pellicola alcune delle più importanti icone del tempo proprio perché dei suoi soggetti ha sempre cercato di cogliere l’anima. Senza infigimenti e senza sconti.
La parabola artistica di Gastel, parte negli anni settanta quando inizia a lavorare per la casa d’aste Christie’s, ma la svolta avviene dopo quando incontra Carla Ghirighieri, che diventa il suo agente e lo avvicina al mondo della moda.
Dopo la comparsa sulla rivista Annabella, inizia a collaborare con Vogue Italia, Mondo Uomo e Donna. Da quel momento, la sua attività s’intensifica tale da collaborare con tutte le più prestigiose testate di tutto il mondo, elaborando il suo stile inconfondibile, caratterizzato da una poetica ironia e il gusto per una composizione elegante, equilibrata. I suoi riferimenti per i suoi still life, la Pop Art e l’opera fotografica di Irving Penn e Herb Ritts, oltre all’ideale di eleganza, che ha respirato sin dall’infanzia negli ambienti di famiglia.
Intorno alla metà degli anni Ottanta, fonda la Gastel&Associati con Angelo Annibalini e Uberto Frigerio, con la quale intende promuovere l’inserimento nel mondo professionale di giovani fotografi, sia cresciuti nel suo studio, che incontrati durante numerosi workshop.
Nel 2002, nell’ambito della manifestazione La Kore Oscar della Moda, ha ricevuto l’Oscar per la fotografia.
Un lungo viaggio di ricerca che l’ha portato a innamorarsi di molte figure da inghiottire e digerire per restituircele in un’immagine di bellezza su cui in fondo tutti ci interroghiamo.
Le sue produzioni sono frutto maturo di tecniche: old mix, quelle a incrocio, le rielaborazioni pittoriche, gli sdoppiamenti e le stratificazioni, fino al ritocco digitale.
Ma se questa è una prima chiave di lettura di comprendere la sua arte, una seconda è sicuramente nell’incontrarlo davanti ad un caffè.

È gratificante per lei sapere che nel mondo c’è un’infinita di sue foto e mostre a Lei dedicate?
La mia vita è intrisa d’arte e i miei anni sono trascorsi tra due mondi: l’Europa e l’America. A volte scatto ascoltando musica, a volte ho fatto viaggi per vedere delle location per catturarne i colori e soprattutto la luce. Non ho alcun rimpianto, fotografare e scrivere poesie mi ha dato il senso dell’esistenza, e le nuove tecnologie mi hanno permesso di esprimermi in maniera più varia e ricca.
È vero che una sua regola è “back to the future”?
Confermo: passato e presente sono intrecciati in queste parole. Come altri due elementi a me cari: bellezza e armonia. La ricerca della bellezza, s’intreccia spesso con la necessità di armonia. Armonia che si tramuta in eleganza, in un gusto classico che include un approfondimento a volte formale a volte legato al desiderio di trovare quest’armonia oltre lo sguardo. Dove stanno i pensieri. I sogni. I conflitti.

Si considera un visionario?
Si, ma è la realtà della vita e della natura che ha nutrito la mia immaginazione, oltre gli sguardi, che mi hanno sempre dato tanto.
Che cosa significa per lei la parola Arte?
Arte è pensiero e azione, fantasia e realtà. La produzione di un fotografo riflette la sua vita, la capacità di creare dalle sue mani e dalla sua mente. Sono nato da una famiglia borghese, ho avuto una giovinezza neoclassica, dove le linee e i colori mi hanno tenuto sempre compagnia e aperto ad altre dimensioni.

Esiste un artista che abbia assunto un ruolo particolare nella sua formazione?
Andy Warhol: lo scopri bigiando la scuola per andare a vedere alla Rotonda delle Besana la prima mostra retrospettiva dedicata alla Pop Art. E da lì capì che il mio mondo fatto di classicismo si stava sgretolando.
È stato tra i primi ad abbracciare le nuove tecnologie digitali?
Sono state molto utili, specie nel campo fotografico per catturare la luce.
Come si emoziona ogni giorno nel suo lavoro?
Mettendomi in gioco ogni giorno. Sant’Agostino diceva che bisogna sempre vivere con lo slancio del primo giorno e la consapevolezza dell’ultimo. Applicare questa regola alla vita significa trovare la pienezza e trovare la propria anima.
In fondo è questa la grande lezione di un grande fotografo: umiltà intrisa dalla bellezza.
In queste sue parole c’è tutto il suo mondo. Destra e sinistra, sopra e sotto. Tutto ciò che a Gastel è piaciuto scattare, e ha voluto incontrare, conoscere. Per donarcelo in una nuova materia che, immagine dopo immagine, non possiamo chiamare solo fotografie. Sono pezzi di storia.
