Fino al 5 giugno il Grand Palais di Parigi apre le porte di un universo sontuoso quello Dai gran Moghul ai Maharaja: Gioielli della collezione Al Thani.
Una mostra unica e rarissima che racconta ai visitatori più di cinque secoli di evoluzione della gioielleria ed oreficeria indiana e di quella ad essa ispirata. Un’epopea preziosa riassunta attraverso l’esposizione di ben 270 pezzi unici ed opere d’arte.

SARPECH (ornamento di turbante) L'Occhio della Tigre – Cartier, Londra, 1937 Dimensioni: H: 12.7 cm ; l: 6 cm. I "sarpech" sono l'ornamento sommitale del turbante, a forma di "aigrette", spesso abbelliti di vere piume fissate dietro il motivo ingemmato mediante un piccolo tubo di metallo prezioso. L’eccezionale diamante taglio brillante, 61,50 carati, scoperto nel 1913 nel fiume Orange in Africa del Sud, deve il suo colore bruno dorato alla presenza di atomi di idrogeno nella struttura del diamante. Il gioiello che utilizza diamanti taglio "baguette", cari allo stile Art Déco, può essere smontato ed indossato in diversi modi. Il diamante stesso può essere liberato dalla sua incastonatura. Si dice che il Maharaja amasse giocare con la pietra nuda.
Vi chiederete: perché l’India? È affascinante scoprire infatti quanto, sin dai tempi antichi l’Asia meridionale abbia goduto di una raffinata e sofisticata tradizione gioielliera, in cui le gemme e gli ornamenti hanno acquisito un aspetto integrante dell’abbigliamento quotidiano e non solo, anche una valenza cosmica ed ancestrale.

DIAMANTE AGRA - Scoperto prima del 1526, questo diamante nel corso della sua lunga storia è stato ritagliato più volte e merita appieno il magico appellativo “Golconda”. Nella foto sopra vediamo il suo penultimo aspetto quando fu proposto all’asta del 1990, un classico cuscino antico di 32,34 carati. L’acquirente, SIBA Corp. di Hong Kong lo acquisì e lo fece ritagliare ottenendo una pietra Rosa Intenso, VVS 1, a taglio misto, del peso di 28,15 carati. L’Agra guadagnò così di colore e purezza, ma perse un poco l’allure affascinante della sua antica storia.

Il diamante Agra come appare oggi. © The Al Thani Collection 2015. Tutti i diritti riservati - Photo Prudence Cuming Associates Ltd
Questa presenza così preminente del gioiello nella cultura indiana è il risultato di una circostanza che potremmo definire naturale. La regione è sempre stata la terra d’origine e la grande madre delle più belle varietà delle pietre preziose. Nei secoli l’Altopiano del Deccan ha regalato diamanti perfetti per purezza e luminosità, Birmania e cime dell’Himalaya rubini, zaffiri e spinelli (il Badakhshan nell’odierno Afganistan), Ceylon corindoni multicolori, Golfo Persico ed Oceano Indiano perle mitiche.

COLLANA DI SPINELLI "IMPERIALE" - India del Nord, 1600-1650. Spinelli, perle naturali, iscrizioni imperiali in Persiano 1609-1635 su quattro spinelli, peso complessivo 790 carati di cui 162 per la pietra centrale. A lungo in passato venne attribuito il nome di rubini agli spinelli che insieme coabitavano nei medesimi giacimenti himalayani. In Europa, occorre attendere fino alla fine del 18° secolo per vederne la corretta identificazione ad opera del mineralogista francese Romé de l'Isle. Ciononostante, ancora oggi, la maggiore parte dei grandi spinelli storici figura sotto il nome di "rubino" come per esempio, il "Rubino del Principe Nero" ed il "Rubino di Timur", proprietà del tesoro reale britannico. © The Al Thani Collection 2013. Tutti i diritti riservati. Photo Prudence Cuming Associates Ltd
Se la Birmania era considerata la patria dei rubini e spinelli, l’India riuscì ad impadronirsi anche degli smeraldi scoperti nelle miniere della lontana Colombia, grazie ai mercanti europei che gravitavano nelle sue terre. Fin dall’antichità spezie e tessuti erano poi esportati in tutto il mondo antico in cambio dell’oro.

DAGA, al nome di Shah Jahan (Il famoso costruttore del Mausoleo Taj-Mahal) - India del nord - 1629-1636. Impugnatura di giada nefrite, lama acciaio damascato con incrostazioni d'oro, iscrizione in persiano "Il secondo maestro della felice congiunzione". Altezza impugnatura, 11,1 cm di cui 2,4 per la testa. La scultura della testa a tutto tondo si ispira ai modelli europei, tratti somatici e gorgiera dell'epoca rinascimentale. © The Al Thani Collection 2013. Tutti i diritti riservati. Photo Prudence Cuming Associates Ltd
La creazione di questa collezione, che dire eccezionale è poco, è avvenuta per desiderio di Sua Altezza lo Sceicco Hamad Bin Abdullah Al Thani, cugino dell’Emiro del Qatar, guidato proprio dall’intensa passione per il gusto e lo stile dei gioielli indiani in diversi periodi storici.
Ben 230 pezzi presenti all’esibizione sono infatti di proprietà dello Sceicco che ha iniziato la sua “personale” collezione nel 2010, ispirato dalla mostra tenutasi a Londra al Victoria & Albert Museum: “Maharaja: The Splendour of India’s Royal Courts” (Lo Splendore delle Corti Reali Indiane).

SARPECH (ornamento di turbante) - Murshidabad, 1755 circa. Oro, rubini, smeraldi, perla, zaffiro cabochon. Parte alta, H. 16,9 cm, L. 6,1 cm. La presenza nel gioiello dello zaffiro, pietra ritenuta infausta dagli Indu, sembra indicare l'appartenenza ad un principe musulmano. Il "Navaratna", gioiello delle 9 pietre nell'astrologia vedica attribuisce infatti al pianeta Saturno - di difficile frequentazione - lo zaffiro. Per questa ragione, lo zaffiro Blu, molto presente negli giacimenti del continente (Birmania, Sri-Lanka) compare poco nella gioielleria indiana tradizionale ancora oggi. Foto della mostra “Joyaux de la collection Al Thani” © Collection Al Thani.
Esposte in passato al Metropolitan Museum di New York nel 2014/2015 ( circa 60 creazioni) e al Victoria & Albert Museum di Londra nel 2015/2016 (100 pezzi), le meraviglie della collezione sono dunque arrivate a Parigi in tutta la loro maestosità, accompagnate dai prestigiosi prestiti di numerosi musei internazionali e con l’appoggio della Maison Cartier. Una conferma di quanto il nostro occidente subisca sempre di più il fascino della storia e della cultura del continente indiano.

BRACCIALE JAIPUR, 1750-1800, oro, rubini, diamanti, rovescio smaltato. Dimensioni, H. 4,7 cm; L. 22,4 cm. L'arte dello smalto apparve in India solo nel XVI° secolo. La tecnica sarebbe stata importata dall'Europa tramite i portoghesi dal loro Fondaco di Goà, dove nel 1617 l'ambasciatore inglese, Sir Thomas Roe confermò il commercio degli vari smalti per il commercio indiano. © The Al Thani Collection 2013. Tutti i diritti riservati. Photo Prudence Cuming Associates Ltd
“Dai gran Moghul ai Maharaja: Gioielli della collezione Al Thani” ruota intorno a due assi guida: raffinatezza artistica dell’India del periodo Moghul ed il dialogo con l’Europa attraverso gli scambi stilistici e tecnici che hanno unito le due parti del mondo a partire dal Rinascimento.

NATH, anello da narice - 1925-1950 oro, perle, smeraldi, diamanti. Dimensioni: H: 3,5 cm; L: 3,4 cm. Quest’ornamento femminile quasi sicuramente fu importato in India dai Moghul. Il Nath è spesso collegato alla capigliatura mediante una fine catenella che aiuta a supportarne il peso. Va indossato solo per occasioni particolari, come il matrimonio e speciali cerimonie. Cartier stesso ricevette negli anni venti dello secolo scorso alcuni ordini speciali per la realizzazione di tali gioielli. © The Al Thani Collection 2013. Tutti i diritti riservati. Photo Prudence Cuming Associate
La mostra è un tripudio di colori, un arcobaleno di sfumature, un magico tesoro che custodisce gemme incredibili: non solo gli smeraldi importati dalla Colombia tramite il Fondaco portoghese di Goa e poi incisi secondo i dettami del gusto locale, perle naturali, rubini, spinelli, ma soprattutto i diamanti legati alle dinastie imperiali come l’Agra, l’Arcott II, ed il leggendario “Occhio dell’Idolo” di 70,21 carati dal caratteristico biancore quasi blu. Diamanti sì indiani ma non solo, perché la magnifica spilla da corpetto firmata Cartier, eseguita nel 1912, monta infatti le pietre Sud-Africane del Signore Barnato, allora della società De Beers, (Christie’s, Ginevra, Maggio 2014).

COLLANA DI RUBINI DEL MARAGIÀ DI NAWANAGAR, Cartier - Londra 1937. Platino, rubini e diamanti. Negli anni 1950, la collana fu ritornata alla Maison Cartier e rivenduta a un'importante famiglia del Regno Unito. Recentemente, la collana fu restaurata da Cartier con la verifica di tutti i suoi dettagli: 119 rubini per circa 210 carati incluso la gemma centrale di 6,24 carati, 393 diamanti baguette e 318 diamanti tondi per complessivamente 91 carati. Il laboratorio gemmologico Gubelin (Svizzera) ha dichiarato nella sua expertise nel 2006 : "Rubini birmani eccezionalmente assortiti, gioiello di storica importanza".
Oltre ai pezzi intrisi di storia, i primi risalgono all’inizio del XVI° secolo, troviamo poi, di pari bellezza, i gioielli moderni ispirati alla cultura indiana. Coprendo un secolo, a partire dal 1912 fino al più recente nel 2012, possiamo contare 9 pezzi firmati JAR, 12 di Viren Baghat, e ben 19 della Maison Cartier.

COLLANA DI PERLE NATURALI E DIAMANTI, Cartier - Parigi, 2011 - 116 perle naturali per circa 450 carati, platino, diamanti taglio brillante rotondo di eccezionale qualità (da 0,72 a 10,29 carati), Diamante a goccia 43,65 carati. © Rmn-Grand Palais / Photo Didier Plowy
Tra leggende, incredibili tesori, iscrizioni misteriose e gemme da togliere il fiato, questa mostra è in assoluto la più alta espressione della magica e lontana India. O forse, potremmo dire una intensa storia d’amore che ha attraversato i secoli, oltrepassato le distanze e riesce anche a prendersi gioco del tempo.
