Pietra virtuosa, potente ed eterna. Quanti enigmi possiede la giada?
Fino al 16 gennaio 2017, al Musée National des Arts Asiatiques – Guimet di Parigi, una intensa mostra ne svela i segreti più antichi e la mitica bellezza. “Dagli imperatori all’Art Déco” presenta, per la prima volta in Francia, circa 330 pezzi di eccezione provenienti dalle più importanti istituzioni internazionali – il National Palace Museum di Taipei, il Museo di Fontainebleau, la Collezione Cartier, il Museo del Louvre.

La mostra è un potente faro che illumina la notte dei tempi lungo un cammino ancestrale. Ogni passo è una scoperta che richiama antichi rituali e vi illuminerà con infinite precisazioni e curiosità.
La prima e più importante è che la giada che conosciamo oggi, quella che viene utilizzata normalmente in gioielleria, la cosiddetta giadeite, dalla lucentezza vetrosa e brillante, entra in scena solo dopo la metà del 1700.
Europa e Stati Uniti la scoprono dopo il sacco del Palazzo d’Estate a Pechino il 18 ottobre 1860.
In Cina l’unica vera giada, dall’epoca neolitica fino alla metà del XVIII° secolo, è la nefrite, dalla lucentezza simile alla cera. È YU, letteralmente gioiello o cosa preziosa, che i cinesi venerano fin dall’età arcaica per le sue mille virtù ( oggetti simbolici e di culto). A lei ricorrono gli sciamani per congiungere Cielo e Terra, alla sua lucentezza si chiede la vita eterna, alle sue infinite sonorità la saggezza. È lei la pietra del potere e gli Imperatori delle grandi dinastie cinesi la venerano alla ricerca della verità.
La giada scolpita, levigata, incisa, traforata, diventa così portavoce non solo della storia della Cina, ma anche delle arti, della delicatezza dei mestieri, della bellezza del lontano Oriente.
È l’arte che appartiene all’epoca della grande dinastia Qing (1644-1911) a lasciarci senza fiato. Quella che più di ogni altra comprende tutta la purezza della pietra, la sua semplicità ed armonia. L’imperatore Qian Long (1735-1796), quinto della dinastia Manciù dei Qing, ne è il grande intenditore.

Coppia di schermi da tavolo con decoro di elefante e pruni Cina Dinastia Qing, regno di Qianlong (1736-1795) Giada nefrite Musée national du Palais, Taipei, a: Guyu 1572/1573, b: Guyu 1574/1575 © Musée national du Palais, Taipei
Estremo conoscitore delle virtù della nefrite, l’imperatore illuminato proibisce i meri esercizi stilistici, gli inutili virtuosismi che paradossalmente hanno sedotto alcuni collezionisti nell’Europa dell’Ottocento.
Ma un altro grande spirito artistico, curioso ed illuminato apprezzerà questa visione della giada.
Sarà Louis Cartier a scrivere un nuovo episodio del gusto cinese a Parigi.
Ventisei le opere d’arte firmate Cartier che splendono in mostra. Ognuna di esse è la sintesi della sensibilità di Louis Cartier per le atmosfere lontane delle civiltà orientali. Una intuizione che aprirà le porte a un nuovo modo di concepire la bellezza, attraverso lo stile dell’Art Déco.
Fonte di ispirazione è proprio la purezza delle linee delle antiche giade, la grazia e la sobrietà dell’arte del periodo Qing. Gioielli e accessori, spille e bracciali, creazioni orologiere, nécessaires e portasigarette sono realizzati con piccole opere d’arte di giada, lacche intarsiate: “gemme” autenticamente cinesi, gli “apprêts“.
Louis Cartier ne rispetta l’autenticità e, giocando su incastonature di diamanti, smalti, rubini, zaffiri e smeraldi, ne raddoppia la magia. Le grandi clienti americane come Barbara Hutton e Mona Bismarck scopriranno questa passione per le giade antiche attraverso le sue creazioni. A distanza di un secolo, il “Re dei Gioielli”, incoronato da Edoardo VII per la sua eccezionale maestria, non cessa di stupire. Ancora oggi Cartier Tradition propone agli intenditori gioielli creati nello spirito di Louis Cartier, incorporando antiche giade in sobri disegni.
L’arte degli “apprets”, la giada e il suo incantesimo vivono ancora in tutta la loro essenza.

Louis Cartier (1875-1942) [Gioielliere], Maurice Coët (1885-1963) [Orologiaio] Pendola Cartier Paris, 1927 Giada, diamanti, corallo, oro, smeraldi, madreperla, onice, smalto nero Musée des Arts décoratifs, Paris, donazione Georges Blumenthal, 1931, inv. 27898 © Photo Les Arts Décoratifs, Paris/Jean Tholance
Tra il 1920 e il 1935 solo 20 di questi orologi sono registrati negli archivi di Cartier, tutti realizzati nell’atelier di Parigi. L’orologio testimonia l’influenza delle arti decorative orientali in Occidente a cavallo delle due guerre.
Louis Cartier e la sua stretta collaboratrice Jeanne Toussaint, successivamente direttrice dell’alta gioielleria di Cartier, ebbero l’intuizione di anticipare questo gusto. Guidarono i loro disegnatori attraverso creazioni innovative che incorporavano oggetti dell’arte asiatica attentamente selezionati tra i più famosi antiquari di Parigi. Gli orologi in mostra incorporano tutti le giade cinesi.
Questo fu creato nel 1927 intorno a una tavola di giada bianca finemente lavorata, databile probabilmente intorno al 18º secolo.
Estremamente raro, ne sono conosciuti solo due altri esemplari, uno dei quali appartiene alla collezione Cartier ed è presente nella collezione del Museo delle Arti Decorative di Parigi.

Collana Cartier Paris, ordinata nel 1934 27 sfere di giadeite imperiale il cui diametro varia dai 15,4 à 19,2 mm Chiusura platino, oro, diamanti, rubini cabochon suiffés Provenienza Barbara Hutton, Collezione Cartier, NE 53 A 34 Photo: Marian Gérard, Cartier Collection © Cartier
La collana è composta da 27 sfere di giada “smeraldina”, oggi chiamata giada imperiale, lavorate in Cina probabilmente alla fine del 19º secolo da un unico blocco di giadeite.
Nel corso della lavorazione molte sfere si danneggiano e vengono eliminate con una cospicua perdita del prezioso materiale. Diversa dalla nefrite questa giada era estratta in Birmania (Myanmar) e apparse per la prima volta in Cina sotto la dinastia Qing nel 18º secolo.
La giovane Barbara Hutton, famosa appassionata di gioielli, non seppe resistere alla bellezza e magia di quest’opera d’arte. La collana fu probabilmente uno dei regali di nozze paterni per il matrimonio con il principe Alexis Mdivani a Parigi nel 1933, ma le origini di questo unico gioiello sono ancora avvolte nel mistero.
Gli archivi di Cartier registrano la sua prima apparizione a New York nel dicembre del 1933, e poi nel 1934 quando Barbara chiede la creazione del fermaglio in rubini e diamanti che la collana presenta tutt’oggi.
Fu venduta in tempi recenti due volte, nel 1988 e 1994, diventando ogni volta “la più costosa collana di giada mai venduta”.
Nel 2014 entrò nella Collezione Cartier che riuscì a conquistarla durante un’asta molto combattuta. È stata il pezzo forte dell’esibizione che Cartier ha tenuto al museo Sichuan in Chengdu nel 2015.

Spilla Draghi Cartier Paris, 1924 Oro, platino, diamanti, zaffiri cabochon, giada scolpita (Cina, 18° 19° secolo), smalto nero. Collezione Cartier, inv. CL 80 A24 Photo : Nick Welsh, Cartier Collection © Cartier
La fibbia da cintura possiede una lunga tradizione nella storia cinese. Design e fattura sono molto semplici e solitamente la lunga forma curva ritrae le sembianze di un animale (generalmente un dragone o due animali in combattimento).
La spilla Draghi di Cartier rispetta l’intrinseca bellezza della giada.
L’intervento del gioielliere è stato minimo proprio per esaltare lo spirito della tradizione cinese. Quattro diamanti rotondi, incastonati su smalto nero, esaltano il colore luminoso della giadeite.