Pietra dura dal classico color “notte stellata”, il lapislazzuli è il nuovo protagonista dei gioielli più smart lanciati ultimamente da molte maison di successo.
La prima immagine che viene alla mente quando si pensa al lapislazzuli è il manto azzurro della Madonna negli affreschi dell’Alto Medioevo; ma anche i cieli stellati di alcune scene ancora perfettamente conservate della Cappella degli Scrovegni di Padova, affrescata da Giotto nel 1300. La polvere di questo minerale, costituito da una elevata concentrazione di lazurite con calcite e inclusioni di pirite, era infatti utilizzata fin dall’antichità come pigmento blu particolarmente pregiato e resistente nel tempo, oltre che costosissimo (addirittura più della polvere d’oro). Giotto poteva permetterselo perché il suo committente, in quella occasione padovana, era un ricchissimo banchiere della città che non gli aveva dato limiti di budget.
Pur essendo una pietra dura non trasparente e non scintillante, l’intenso colore del lapislazzuli e la sua rarità (oggi viene estratto anche in Cina e in Cile ma nell’antichità si conoscevano solo i giacimenti di Afghanistan e Badakhstan) lo rendevano particolarmente adatto anche all’impiego in piccole sculture, gioielli o accessori, come testimoniano gli antichi scarabei egiziani e molti altri oggetti trovati nella tomba di Tutankhamon, il faraone “bambino” morto a soli 18 anni.
Soggetta come tutte le materie preziose a corsi e ricorsi di favore da parte del pubblico e dei gioiellieri, la pietra blu per eccellenza sta vivendo una stagione di successo in questi ultimi mesi, perché molte maison la stanno scoprendo o ri-scoprendo con risultati interessanti non solo dal punto di vista estetico ma anche di vendibilità perché riesce a contenere i prezzi nei limiti dell’accessibilità.
Pomellato, anello “Denim lapislazuli” in oro rosa con rubini e lapislazzuli
Ultimo in ordine di tempo, Pomellato ha avviato un progetto molto interessante per valorizzare il lapislazzuli cileno, che ha ribattezzato “Denim lapislazuli” a causa dell’alta percentuale di lazurite, il minerale che conferisce alla pietra il classico colore blu, attraversata però da fitte venature di pirite che ne rendono l’effetto cromatico vicino a quello del tessuto jeans. L’idea è stata lanciata da María Teresa Flores, studentessa cilena vincitrice del primo premio al Kering Award for Sustainable Fashion, un riconoscimento istituito dal grande gruppo francese del lusso per incoraggiare la moda prodotta nel rispetto dell’ambiente e delle risorse umane. La giovane ha infatti proposto di creare gioielli sostenibili utilizzando il lapislazzuli proveniente dal suo Paese d’origine. Pomellato ha subito riconosciuto il potenziale dell’iniziativa e, dopo alcune ricerche, si è messa in contatto con l’azienda Las Flores de Los Andes, specializzata nel commercio di lapislazzuli estratti in alta quota con metodi del tutto sostenibili. Il team di design ha quindi deciso di accostare la naturale bellezza di questo minerale allo stile caratteristico della Collezione Ritratto, che utilizza pietre sfaccettate abbracciate da due griffe stilizzate, decorate da rubini di Tanzania estratti in totale trasparenza. Ogni gioiello, inoltre, è realizzato in oro rosa Fairmined, proveniente da miniere colombiane certificate, ed è in edizione limitata, realizzata su ordinazione e disponibile esclusivamente sul sito pomellato.com.
Van Cleef & Arpels, Clip Anatra Lucky Animals
Per chi invece preferisce il lapislazzuli classico, di colore blu omogeneo e senza venature, ci sono i Lucky Animals di Van Cleef & Arpels, una collezione di simpatiche clip animalier ispirate a quelle proposte nel 1954 dalla “Boutique” di Parigi, uno dei primi punti vendita nati per avvicinare il pubblico più giovane e smart alla gioielleria di pregio. Se tuttavia negli anni ’50 gli animaletti erano in oro giallo con o senza piccoli diamanti o pietre dure, oggi puntano molto su materie come madreperla, malachite, lapislazzuli, corallo e corniola, con dettagli di onice. L’anatra e il colibrì sono le spille fimate VC &A caratterizzate dalla pietra lapislazzuli, che conferisce al gioiello una straordinaria vivacità e naturalezza.
Van Cleef & Arpels, Clip Colibrì Lucky Animals
Ma anche maison come Boucheron e Messikà, anticipate un paio d’anni fa dalla collezione Amulette di Cartier, hanno valorizzato il lapislazzuli e altre pietre dure, proponendole in modo innovativo: Boucheron ha decorato con lapislazzuli una rilettura della sua collezione iconica Serpent Bohème, in cui le teste a goccia del rettile si ritrovano, stilizzate, negli elementi scomponibili di un paio di orecchini pendenti in oro giallo con pavé di diamanti. Una delle due gocce di ciascun orecchino si può infatti sostituire con quella in oro giallo e lapislazzuli.
Boucheron, Orecchini Serpent Bohème
Messikà, invece, propone una gamma di pietre dure, tra le quali anche il lapislazzuli, con cui arricchire una nuova collezione di ciondoli in oro con i classici tre diamanti mobili che scorrono su un binario prezioso. Qui il colore assume una sfumatura magica, misteriosa, legata ai tocchi di pirite che sembrano accendere lampi di luce nel blu profondo della notte.