A Venezia, durante Homo Faber, l’iniziativa culturale dedicata ai mestieri d’arte contemporanei, ho incontrato Pierre Rainero, Direttore “Image, Style and Heritage” di Cartier International. Iniziando dall’alto savoir-faire, parte integrante di ogni creazione della Maison, Rainero ha approfondito l’universo culturale e artistico di Cartier. Il cui vocabolario estetico si fonda una grammatica viva e vibrante, tesa all’inclusione tra passato e presente. L’intervista completa è pubblicata sul nostro magazine The Ducker in edicola.

Bracciale Panthère de Cartier, oro bianco, smeraldi, onice, diamanti. Crediti: Antoine Pividori © Cartier
Cartier ha presentato a Homo Faber un’opera che racchiude l’arte della glittica, l’intarsio e le tecniche di incastonatura dell’alta gioielleria. Un capolavoro che omaggia l’estetica del Giappone, ospite d’onore dell’edizione. La relazione di Cartier con questo paese ha radici antiche!
Il Giappone è stato oggetto di interesse fin dalle origini della Maison, fonte di ispirazioni all’interno di un contesto che non chiamerei di evocazione “esotica”, bensì di ricerca di un’espressione moderna. È molto presente nei libri che compongono la biblioteca di Louis Cartier, iniziata dal nonno, completata dal padre e sviluppata poi successivamente dallo stesso Louis. Il Japonisme nacque in Occidente verso la fine dell’800 e a Parigi numerosi mercanti d’arte erano specializzati in questo settore. Louis Cartier divenne un appassionato collezionista e alcune opere d’arte di sua proprietà furono utilizzate nella creazione di vanity case o incluse nel design di oggetti firmati Cartier che ne rispettavano l’autenticità magnificando la loro bellezza, oppure furono da ispirazione per decorazioni di scatole e gioielli. Nei nostri archivi è custodita anche un’intera collezione di antichi katagami – usati in Giappone per disegnare e tingere i tessuti dei kimono – che ha ispirato esemplari di necessaires, oggetti decorativi e perfino bracciali.
Lola Moser ©Michelangelo Foundation
Quanto è essenziale il savoir-faire per la vostra Maison?
In Cartier non separiamo mai il creare dal fare. L’alto savoir-faire è parte integrante dell’emozione che cerchiamo di trasmettere. Vale a dire che un’opera si può disegnare molto bene, ma se è mal eseguita non provoca alcuna emozione. Questo sentimento proviene da una cultura condivisa attraverso continui scambi tra persone che usano le proprie mani per fare e quelle che a loro volta le usano, insieme alla mente, per disegnare e progettare. Il gioielliere è tanto ingegnere quanto artigiano, perché la gioielleria è un mestiere legato a una sinergia di saperi, teso al raggiungimento di una particolare emozione legata al requisito stilistico.

Collezione di alta gioielleria Beautés Du Monde, una fase di lavorazione del collier Récif in platino, smeraldi, corallo, ametiste e diamanti. Crediti e Copyrights © Cartier
Cartier sviluppa le proprie collaborazioni con i maestri d’arte sia internamente che attraverso laboratori esterni. Quali sono le dinamiche nel dialogo tra la Maison e gli artigiani verso il raggiungimento della bellezza?
La glittica, la smaltatura, l’intarsio, la granulazione etrusca che utilizziamo nell’orologeria, sono tutti integrati all’interno di Cartier. Nel 2014 abbiamo inaugurato la Maison des Métiers d’Art a La Chaux-de-Fonds, accanto alla nostra Manifattura di orologi. Integriamo anche savoir-faire esterni come l’arte del ricamo con filo d’oro per le borse da sera, di perle e di piume. Ci relazioniamo con numerosi artigianati come la laccatura, l’intarsio di paglia, la scultura del legno. Lo spirito comune che vive in ciascuna collaborazione deriva dalla comprensione vicendevole, dal rispetto, dal dialogo, dall’ascolto, da interazioni continue per valorizzare ogni saper fare e rendere l’oggetto il più bello possibile. Per esempio, quando lavoriamo con l’atelier di Anne Midavaine, maestra della laccatura, integriamo il suo stesso savoir-faire in termini di disegno e abbiamo dialoghi, passaggi, interazioni, perché esiste una bellezza intrinseca nel mestiere della lacca che si traduce più fortemente in un certo tipo di disegni e non in altri.

Cartier orologio Crash Tigrée in oro giallo. Cassa, quadrante e fibbia ornati di 242 diamanti taglio brillante (1,64 carati). Quadrante e lunetta in smalto champlevé e smalto su foglia d’argento. Corona ornata di un diamante di forma piramidale (0,09 carati). Movimento meccanico di manifattura a carica manuale, calibro 1917 MC. Riserva di carica di 38 ore. Cinturino in vitello iridato. Edizione limitata e numerata di 50 esemplari.
Come possiamo descrivere lo stile Cartier?
Lo stile è prima di tutto uno strumento per esprimersi ed è al servizio della creazione. È concepito come un linguaggio vivo e ci permette di parlare ai nostri clienti in modo chiaro e di far riconoscere i nostri prodotti. È legato a un vocabolario estetico estremamente ricco e in evoluzione che include tra i propri lemmi tanto quelli non più praticati, quanto i neologismi; è molto permeabile e aperto alle influenze, ma al suo interno possiede anche una grammatica più permanente, tangibile, unita al senso delle proporzioni, all’associazione dei colori e a principi che faremo ritrovare in tutte le nostre creazioni, compreso il senso dell’eleganza legato al comfort, alla vestibilità e alla fluidità. Perché le opere di Cartier sono piacevolmente indossate, ma in ugual misura piacevolmente ammirate sulla figura umana.

Il Collier Nouchali in oro bianco, rubellite, calcedoni, lacca nera e diamanti appartiene alla collezione di alta gioielleria Beautés Du Monde, presentata da Cartier a giugno 2022.
In apertura: Nato nel 1958, Pierre Rainero è entrato in Cartier a Parigi nel 1984. Nel 2003 ha assunto la carica di Direttore “Image, Style and Heritage”. Sovrintende quindi a tutte le questioni relative alla strategia, alla creazione e all’immagine di Cartier ed è responsabile del dipartimento del Patrimonio. In questa veste è a capo della Collezione Cartier che si arricchisce costantemente e oggi comprende più di 1.500 pezzi storici.
Leggi l’intervista integrale sul nostro magazine, The Ducker in edicola!
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