Il piccolo comune di Nove, nel vicentino, è un concentrato di manifatture ceramiche: fin dal Settecento, un polo di produzione di maiolica e terraglia decorata, che tra splendori e periodi di crisi, ha conosciuto fama internazionale e ha scritto la storia di molte generazioni di novesi.
Ancora oggi Nove ha un’ottantina di realtà attive nell’ambito della ceramica artistica, e con soli 5.000 abitanti, ospita un liceo artistico con laboratori di ceramica e forni per la cottura, e un Museo della ceramica che espone una raccolta mirabile, completa di un vaso di Picasso.
Ritratto dell’artista Alessio Tasca. Con le Triennali di Milano del 1957, ‘68 e ‘73, l’Esposizione Internazionale della Ceramica di Praga nel 1962, l’acquisizione di alcune sue opere da parte del Victoria and Albert Museum (un “Cornovaso” nel 1972 e nel 1980 un “Servizio da caffé” prodotto interamente a trafila), le innumerevoli mostre collettive e personali – in tutta Italia, in Europa, ma anche negli Stati Uniti o in Taiwan, Alessio Tasca è uno dei più importanti e stimati maestri ceramisti della sua generazione.
Courtesy Museo di Nove
Proprio in questo luogo suggestivo, in cui a tavola si usano con ogni probabilità piatti realizzati da un membro della famiglia, dove passeggiando per la via centrale si poteva osservare il vecchio mulino pestasassi per produrre cristallina, mentre si levava da molti punti il fumo delle fornaci accese, nasce nel 1929 Alessio Tasca. Appassionato disegnatore fin da ragazzo, frequenta il pittore e ceramista Giovanni Petucco, si forma alla Scuola d’Arte di Nove, infine all’Istituto d’Arte di Venezia.
Dopo aver lavorato come modellatore ceramico, apre con i fratelli la “Tasca Artigiani Ceramisti”: non ha ancora vent’anni. Con i suoi piatti graffiti, che si discostano dagli stilemi tradizionali novesi, si fa notare da Gio Ponti, che lo porta alla Triennale di Milano, nel 1951. L’anno successivo, a 23 anni, partecipa alla sua prima Biennale di Venezia.
È l’inizio di un percorso artistico straordinario.
Tasca ha sempre promosso un rinnovamento del linguaggio formale nell’arte ceramica, rinnovamento generato anche grazie al confronto con i colleghi e gli studenti dell’Istituto d’Arte di Nove, in cui insegna dal 1962 al 1978. Presso il Museo dello stesso Istituto è conservata quest’opera firmata in tandem con Severino Carraro, un omaggio congiunto alla loro terra e alla sua tradizione dei cuchi, ossia dei fischietti, di cui Carraro era esperto interprete. ©Peter Elovich
Suoi compagni di strada: Parini, Petucco, Pianezzola, Sartori, Bonaldi, solo per citarne alcuni. Una generazione ricca di talenti artistici pronti a sperimentare con nuovi materiali (come i gres e i semirefrattari) e nuove forme.
In particolare dopo gli anni 60, lasciata la ditta dei fratelli e aperto il proprio atelier artistico, Alessio Tasca inaugura un periodo di intensa ricerca, che culminerà nel 1967, con la messa a punto della distintiva tecnica della trafila, che perfezionerà negli anni e che tutt’oggi non ha ancora abbandonato. Tasca si lega così a doppio filo alle coeve correnti di rinnovamento dei linguaggi espressivi, che gli valgono molti riconoscimenti internazionali e il rapporto con designer e architetti di fama, da Gio Ponti a Ugo la Pietra. Tuttavia nulla distoglie il maestro dal suo rapporto privilegiato con il territorio di Nove. È qui infatti che si dedica per dieci anni al recupero di un luogo speciale: Rivarotta.
La facciata di Rivarotta nasconde al suo interno i soppalchi, le opere esposte in ogni ambiente, le stanze riscaldate solo da una stufa, gli ambienti di lavoro, il letto, il laboratorio, le sagome e la trafila. Un luogo magico, che racconta la sfida quotidiana di un uomo, la battaglia segreta di un artista con la terra inerte, che attraverso l’azione meccanica e umana – costrizione, taglio, estrusione – diviene forma narrante. ©Peter Elovich
Un’antica fornace seicentesca completamente in rovina, a cui dedica il suo tempo e le sue fatiche in un restauro paziente e solitario, dal 1979 al 1989. Rinvenuta una cocciaia della manifattura di cristalline “Marinoni-Moretto”, che sorgeva in quel luogo, insieme all’artista Lee Babel (ora da molti anni la sua compagna), ricostruisce pazientemente il puzzle di molti antichi piatti, con i quali organizza un mostra nel 1989: è l’inaugurazione di Rivarotta, che al termine di un lavoro prodigioso rinasce come studio d’artista.
L’amore e l’ammirazione dell’artista per l’arte del passato traspaiono non solo dalla serie dei piatti giovanili che riproducevano opere da Michelangelo a Degas (a questi piatti graffiti è stata dedicata pochi mesi fa una mostra curata da Elena Agosti presso il Museo della ceramica di Nove) ma anche dai meravigliosi pannelli di grandi dimensioni, 11 in tutto, rivisitazione del grande ciclo dei mesi affrescati negli interni di Torre Aquila, a Trento, conservati ed esposti tra le mura di Rivarotta. ©Peter Elovich
Un luogo non stravolto nella forma, ma trasfigurato dalla personalità di Tasca e dalle sue opere: “cornovasi”, “sfere”, sculture che si integrano perfettamente nel labirinto di stanze e soppalchi in legno, tra le vecchie cisterne di inumidimento dell’argilla, nei forni ormai spenti, sui pavimenti antichi, sul balcone o nel giardino antistante, dove le opere ceramiche ospitano qualche pianta spontanea.
All’interno di Rivarotta si possono osservare le vasche in cui poggia, integrandosi perfettamente con l’ambiente circostante, il grande pannello del ciclo dei mesi di Tasca. Sono queste le vasche in cui decantava l’argilla, resti di quella che lo studioso Nadir Stringa ha identificato come la “Fabbrica di cristallina e terra rossa” della fornace Marinoni-Moretto, attiva fin dal 1683. ©Peter Elovich
Rivarotta è un luogo quasi indescrivibile, un santuario privato di uomo e d’artista, ma al contempo uno spazio per il pubblico. Duro, spartano, ma accogliente, un rifugio per mente e cuore. Qui Tasca ha passato gli ultimi trent’anni, lavorando alacremente alle sue sculture generate alla trafila. La trafila di Rivarotta è un macchinario poderoso, con un pistone verticale che spinge l’impasto argilloso attraverso una sagoma disegnata dall’artista.
La forma così estrusa viene lavorata in diversi modi, per ottenere piccole serie di oggetti, o grandi sculture. Le possibilità di varianti e sperimentazioni sono pressoché infinite, e in decenni di lavoro Tasca ha saputo sviluppare, con tale tecnica, un linguaggio personalissimo, un segno riconoscibile, moderno, che affonda le radici in una grande cultura artistica personale.
Per realizzare le sue Sfere, il Maestro estrude il blocco cilindrico argilloso con la grande trafila, quindi lo taglia con un filo duro, fino a creare la forma elementare sferica che, snudata, rivela al suo interno il complesso gioco di spigoli e angolature, rombi, pieni e vuoti. In questa versione, la Sfera è sezionata ulteriormente. ©Peter Elovich
L’argilla è un materiale che si arrende malvolentieri alle geometrie prestabilite. Allora occorre aggiustare, lisciare, rimettere in assetto e attendere con pazienza l’asciugatura, il giusto tempo. Ma passeggiando tra le pietre e i mattoni di Rivarotta ci si accorge che il tempo qui ha un significato diverso: si dilata, a volte è immobile. Obbedisce solo ai ritmi delle stagioni, che passano e tornano, e lasciano Rivarotta identica, luogo pieno di fascino, dove non possono che nascere opere d’arte, pezzi ideati nelle lunghe sere di studio, in cui l’artista sfoglia i molti libri raccolti nel corso della vita nella biblioteca al primo piano, o consulta i grandi quaderni di schizzi e prove, o semplicemente osserva la natura oltre i vetri delle finestre.
Nel cortile di Rivarotta le opere dell’artista sono raccolte in un piccolo museo a cielo aperto, in dialogo con la terra e la natura circostante. Le “Sfere”, risultato di una felice ricerca artistica, sono alcune delle opere iconiche del Maestro ceramista, che nella sua carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti dai premi alla Biennale di Venezia sezione Arti Decorative, a quelli della Biennale di Gubbio, del Salone di Vicenza, della Biennale di Reggio Calabria e molti altri. I suoi lavori sono stati pubblicati su Domus, Ottagono e tutte le più importanti riviste di settore. ©Peter Elovich
Alessio Tasca ha trovato qui un rifugio per sé e un luogo di ispirazione per altri artisti o per semplici visitatori desiderosi di immergersi in un luogo pieno di bellezza e significato. È bello incontrarlo nella piazza della sua Nove, con Lee Babel, mentre girovaga tra le creazioni ceramiche in mostra per la manifestazione “Portoni aperti”, riconoscendo i volti di colleghi e amici vecchi e nuovi. È bello leggere nei suoi occhi la soddisfazione per aver creato nella sua vita molte cose belle, che ama, come la sua Rivarotta.
Sembra, purtroppo, che molto presto Rivarotta non sarà più fruibile al pubblico. Speriamo che le istituzioni possano invece aiutare la famiglia Tasca a far sì che il lascito di questo grande Maestro non diventi un tesoro celato e inaccessibile.
Quest’opera di Lee Babel, artista e ceramista compagna di Alessio Tasca, evoca in poche forme geometriche un’abitazione, una visione prospettica, uno spazio immaginato oltre il reale. Le sue opere sono disseminate a Rivarotta accanto alle sculture di Tasca, in un dialogo armonioso. ©Peter Elovich
In apertura:
Nell’antica fornace di Rivarotta Alessio Tasca è riuscito a ricavare stanze e ambienti come questo. Un luogo di lavoro, ma anche di riposo, di studio e di riflessione. ©Peter Elovich
Si ringrazia la famiglia Tasca per aver concesso la visita a Rivarotta e l’utilizzo delle immagini.
A cura di Fondazione Cologni dei Mestieri d’arte.