La storia artistica di Francesco Toto, salentino classe 1972, oggi tra i costruttori di strumenti ad arco più apprezzati nel panorama della liuteria internazionale, inizia a ridosso della sua maggiore età quando, terminati gli studi all’Istituto d’Arte G. Pellegrino di Lecce, si trasferisce a Cremona con il desiderio di imparare a costruire le chitarre. Qui, in questo territorio con oltre cinquecento anni di saper fare liutaio radicato, frequenta la Scuola Internazionale di Liuteria A. Stradivari: gli si apre un mondo straordinario che lo spinge a proseguire una personale, raffinata ricerca all’insegna dell’eccellenza.
Diamond Violin, pregiato strumento intagliato in un legno di 300 anni, incastonato con oltre 200 diamanti racchiusi in piccole nicchie d’oro e madreperla, e con un grande diamante Chopard.
Il suo atelier, nel quale produce violini, viole e violoncelli, ha sede nel cinquecentesco palazzo Barbò-Meroni, uno spazio storico nel cuore della città, che continua a vivere in un tempo che sembra cristallizzato: il tavolo da lavoro è affollato dai tanti strumenti del mestiere, sgorbie, taglierine, pinze, lime, le sagome dei violini, delle viole, dei violoncelli sulle pareti, i barattoli con le colle, le vernici, i pennelli.
Francesco Toto, nel suo atelier cremonese, mentre vernicia il “riccio” di uno dei suoi strumenti ad arco. Definito anche “testa”, è storicamente la parte più decorativa di tutto il violino.
«Lo studio dei reperti antichi e dei maestri del passato rappresenta la fase d’avvio alla costruzione di uno strumento», spiega Francesco Toto, la cui arte è un sottile equilibrio tra tradizione e sguardo alle tecniche più aggiornate: i violini che realizza, infatti, sia a livello ergonomico sia a livello meccanico, sono pensati per ottenere le massime prestazioni al servizio del musicista, violini dal suono morbido ma profondo.
Diamond Violin, particolare del riccio. Il violino, impreziosito da un intreccio a filigrana che disegna motivi floreali e un colibrì, è stato commissionato dal musicista e compositore ungherese Edvin Marton.
I tempi ‘lenti’ dell’artigianato sono garanzia del fatto a mano e fatto bene: in questo laboratorio, in media, le sapienti mani del maestro Toto impiegano un mese e mezzo per costruire un violino, fino a tre mesi per un violoncello. All’interno, un’etichetta con la ‘data di nascita’: inizia così il viaggio della vita e la liaison tra lo strumento e il suo acquirente. La clientela, composta in gran parte da musicisti e tecnici del settore, è sia italiana sia estera: «Il lavoro, nell’ultimo biennio, è fortunatamente aumentato. Ho una lista d’attesa di 3/4 anni, ho ricevuto commissioni da fondazioni, musicisti molto importanti, un fondo d’investimento, tutti progetti interessantissimi che mi riempiono d’orgoglio», ammette con soddisfazione. I suoi prodotti di alta qualità sono riconoscibili e riconosciuti: lontano dalle logiche social e da una comunicazione massiva, il maestro Toto crede fortemente nel potere del ‘passaparola’ tra i musicisti.
Francesco Toto nella delicata fase di miscela per raggiungere la colorazione desiderata da applicare sugli strumenti ad arco: nella sua bottega si utilizza vernice a olio di lino e ambra, con l’aggiunta di pigmenti.
Pluripremiato dalle più importanti istituzioni nel settore della liuteria, riceve nel 2020 anche il prestigioso titolo di MAM-Maestro d’Arte e Mestiere. In occasione di questo riconoscimento, commenta: «Un grandissimo privilegio essere stato selezionato e premiato dalla Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte: cerco di onorare questo premio dando il meglio di me ogni giorno in bottega. L’artigianato ha fortemente bisogno di un Albo d’Oro nel quale inserire i migliori maestri d’arte italiani, un patrimonio importantissimo per la nazione, i cui artefici sono spesso dimenticati proprio perché troppo piccoli».
Violino realizzato per il Lama Michel Tulku Rinpoche, allievo del più conosciuto Lama Gangchen Tulku Rinpoche. Il decoro riproduce il “nodo dell’infinito”, uno degli otto simboli tibetani del buon auspicio, tipico del Buddismo.
Il maestro Toto rimarca l’importanza della trasmissione del sapere – egli stesso accoglie in bottega liutai in erba – affinché le tecniche e i saperi che rendono unica la tradizione cremonese non conoscano l’oblio: «Penso che il riconoscimento che la Fondazione Cologni attribuisce ogni due anni sul panorama nazionale abbia un’importanza che va ben oltre il premio stesso, mette il luce il nostro mondo: farne parte per me è veramente fonte di soddisfazione perché accende una speranza di sopravvivenza per tanti artigiani purtroppo in via di estinzione», chiosa Toto, appassionato del grande Bach. Ed è proprio il polistrumentista tedesco, uno dei più grandi compositori nella storia della musica, a essere la fonte di ispirazione per gli strumenti ad arco e i quartetti di tradizione. Una bellezza del suono senza eguali.