Nel suo laboratorio di Milano, nei pressi dell’Università Bocconi, ampi tavoli da lavoro sono teatri di rinascita di una bellezza fragile ma preziosa: Anita Cerrato, restauratrice ceramica e non solo, è considerata una delle migliori artigiane nella tecnica del Kintsugi, l’arte giapponese delle “preziose cicatrici”.

Antica statua Blanc de Chine, restaurata con la tecnica del Kintsugi in oro zecchino. ©Carola Guaineri
«La passione per il restauro mi è stata trasmessa da mio nonno, che era antiquario», racconta con emozione Anita. «Agli inizi della mia carriera mi occupavo di restauro ligneo e di dorature ma, intorno al 2010, c’è stato un drastico calo di lavoro. È stato in quel momento che, cercando su internet cosa potessi fare con l‘abbondante foglia d’oro che mi era avanzata, scoprii il Kintsugi, tecnica di restauro ideata alla fine del Quattrocento da ceramisti giapponesi per riparare tazze in ceramica per la cerimonia del tè».

Anita Cerrato, milanese classe 1975, nasce come restauratrice di cornici, a fine anni Novanta, per Sabatelli e Gacarù, noti laboratori del capoluogo lombardo. ©Carola Guaineri
Con il Kintsugi ho fatto Kintsugi della mia vita, questo il suo slogan! «Ai tempi non era come oggi, non esistevano informazioni online su questa tecnica, così sono dovuta andare in Giappone per apprendere il mestiere. È stato un percorso molto difficile, non è stato così semplice trovare Maestri che trasmettessero il loro know-how a un’occidentale, perlopiù donna», ammette.

Bottiglia con ideogrammi, rifinita con tecnica Kintsugi originale. ©Carola Guaineri
Anita Cerrato usa le complesse tecniche per realizzare le lacche Urushi, unica in Italia, quella quattrocentesca del Maki-e (laccatura), appresa dal suo Maestro giapponese, per la quale utilizza gli strumenti della tradizione, come il dente di pesce e la coda cavallina per lisciare. Kintsu Handmade, questo il nome del suo atelier, è una fucina di prodigiosi restauri con la foglia oro: «Dal punto di vista artistico coltivo ogni giorno la mia ricerca estetica, aiutata anche dal mio Maestro giapponese di laccatura, Matsuda Shokan Sensei», spiega.

Tazza Chawan Tzutzu, recipiente specifico per servire e bere il matcha. ©Andrea Sironi
Ma ciò che le dà più soddisfazione è l’impegno nelle attività pro bono: «Dal 2018 agli Spedali Civili di Brescia, presso l’Unità Multidisciplinare di Senologia, offro il corso alle signore malate di cancro al seno. Il Kintsugi in Giappone è semplicemente una tecnica di restauro della ceramica; siamo noi, in Occidente, che abbiamo iniziato a considerarlo come metafora ‘terapeutica’. Del resto, l’Europa è la patria della filosofia, della psicanalisi e dell’Illuminismo, abbiamo bisogno di dare un significato a tutto; cosa che in Oriente non accade, perché l’illuminazione arriva svuotando la mente». In questo 2025, inoltre, una nuova azione, che riempie d’orgoglio Anita Cerrato, la campagna “Scarpette rosse Kintsugi tour”: «Nel mio laboratorio abbiamo fatto eseguire delle scarpe rosse in ceramica e offriamo i corsi di Kintsugi su questi oggetti nei centri anti-violenza. Abbiamo messo insieme due metafore potenti, di cui vado fiera». Il talento delle mani al servizio del benessere umano!

Monkey lamp in resina di Seletti, restaurata con oro zecchino. ©Andrea Sironi
L’artigiana milanese lavora su commissione per grandi aziende di design e su progetti più piccoli per clienti privati. Ciò che sicuramente è interessante è l’approccio della sua colta clientela: «Le persone che vengono da me spesso stanno attraversando qualche tipo di difficoltà: hanno bisogno di riparare qualcosa nella loro vita», confida.

Anita Cerrato all’opera. Dal 2017 tiene corsi di diverso livello formativo, a partire dal corso base di tre ore. All’attività di restauro associa, da anni, anche la carriera di scrittrice. ©Andrea Sironi
Il talento raro e prezioso di Anita Cerrato è stato riconosciuto dalla Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, che le ha tributato il MAM-Maestro d’Arte e Mestiere: «Ricevere il titolo di MAM è stato un grande onore. Proprio in questi giorni ho compiuto i miei trent’anni in bottega, come artigiana. Il lavoro manuale spesso è ritenuto inferiore a quello intellettuale, per questo enti come la Fondazione Cologni sono fondamentali per portare all’attenzione del pubblico e delle istituzioni l’importanza delle tradizioni artigianali. Quando ho ritirato il MAM c’erano altri artigiani insieme a me, alcuni con un bagaglio di più di cinquant’anni di esperienza: mi sono sentita onorata, ma al tempo stesso caricata di una grande responsabilità».
Umiltà, dedizione e profondo rispetto del lavoro artigianale come la più alta forma di meditazione!
