Discendente di una lunga dinastia di ceramisti, pittori, modellatori e stampatori, Paolo Polloniato, artista ceramista, non poteva che fare tesoro di un’eredità creativa familiare così significativa.
E se il gene artistico avesse anche deciso di saltare una generazione (ma così non è stato), ecco che il territorio avrebbe costituito comunque un ambiente in cui crescere profondamente immersi nella tradizione della ceramica: Polloniato nasce nel Comune di Nove, un piccolo paese dell’alto vicentino posto su una riva del fiume Brenta, centro famoso per la sua produzione di ceramica veneta sin dalla fine del Seicento.
Qui si trova il Museo della Ceramica e, soprattutto, sono presenti ditte di ceramiche con una storia secolare, come la Premiata Manifattura Barettoni, già Antonibon, attiva a Nove sin dal 1685.
Non a caso proprio alla Barettoni il padre di Paolo, Giulio Polloniato, insieme allo zio Aldo, sono per molti anni maestri decoratori di maiolica e terraglia. Un altro zio, Domenico, è uno dei più importanti modellatori classici del XX secolo, mentre sua madre lavora come modellatrice di fiori in varie aziende di ceramica del paese.
Paolo si allontana in principio dal solco che sembra già essere stato tracciato per lui: sceglie la scuola per geometri, perché attratto dall’architettura, mentre ogni estate lavora con i suoi coetanei nelle fabbriche di ceramiche di Nove.
Dopo la maturità resta due anni nel settore della progettazione di mobili, in cui però non trova completa soddisfazione. Arriva quindi la decisione di iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Sono anni di grande ricerca personale e sperimentazione di tecniche, sostanze diverse, prospettive e culture artistiche tra le più varie.
La sua carriera artistica inizia con la pittura, poi gli spray e i graffiti su muro, in una pionieristica forma di “street art” italiana, poi ancora la fotografia, la pittura su tessuto, in una continua ricerca sui materiali, fino al 2008, anno in cui troppo forte è il “richiamo della ‘terra’”, come lui stesso ammette, perché possa resistergli: comincia ad esprimersi attraverso la ceramica di Nove, naturalmente con una visione assolutamente contemporanea.
L’artista-ceramista Paolo Polloniato conosce bene il filone di ricerca avanguardistica novecentesca portata avanti dagli artisti di Nove e Bassano.
Maestri come Giovanni Petucco, con i suoi cavalli e cavalieri bidimensionali; Pompeo Pianezzola e le sue creazioni ruvide, materiche; Federico Bonaldi, autore di creature magiche, un po’ demoni, un po’ mostri, un po’ spiritelli canzonatori; Alessio Tasca con il suo approccio da designer e le sperimentazioni di forme geometriche ed estruse: sono un patrimonio e un riferimento imprescindibile, in quegli anni che rappresentano il culmine dello sviluppo e successo del distretto.
Nel momento in cui Paolo Polloniato si avvicina alla ceramica, Nove affronta invece uno dei momenti più difficili sotto l’aspetto economico e produttivo.
Era in atto una gravissima crisi del settore.
La Nove che ricordavo durante le mie esperienze da giovane lavoratore estivo non esisteva più.
Tante aziende furono costrette a chiudere, generando un scenario di abbandono diffuso ancora oggi visibile.
Un’atmosfera decadente che mi portò a fare una scelta creativa:
immortalare attraverso la decorazione l’atmosfera che mi circondava
in quel preciso momento storico su forme tipiche della tradizione.Paolo Polloniato
Nel 2008 installa quindi il suo atelier in un’enorme fabbrica di ceramica ancora attiva, dove ha a disposizione stampi, attrezzature, colori, materiali. Inizia a visitare i luoghi della memoria artigiana cittadina: stamperie abbandonate, un magazzino di forme distrutte, accumulando quello che descrive come “un archivio disordinato diffuso della storia di una comunità che ha fatto della ceramica la sua unica ragione di vita”.
Nasce così il suo metodo: immergersi completamente nella memoria e nella tradizione della sua terra, dialogare con le maestranze del territorio, farsi trasportare dalle sensazioni di questi luoghi per poi estrapolare elementi singoli, significativi, per combinarli in forme nuove, frammenti espressivi di un tempo vissuto secondo una visione molto personale.
“Il decadentismo sociale e paesaggistico della mia terra mi aveva profondamente colpito.
Scelsi di lavorare sul territorio e sulla storia delle mie origini.
Per me fare ceramica significava mettere in atto una metamorfosi del tempo:
innovare significa recuperare per evolvere”.Paolo Polloniato
I “Capricci contemporanei” dell’artista rimandano proprio ai Capricci che erano tanto in voga nel Seicento e Settecento, ossia l’arte di comporre paesaggi secondo gusto dell’artista, in combinazioni immaginifiche di architetture e figure. In questo Capriccio in terra bianca del 2008 Polloniato gioca con l’accostamento tra forme antiche e decori che rimandano a paesaggi urbani contemporanei. © Fabio Baggio
“Capriccio contemporaneo” del 2016. Opera che nasce dal confronto con una tradizionale vasca barocca bianca con riccioli rientranti, reinterpretata con scene paesaggistiche laterali che dipingono uno scorcio urbano, con grattacieli e loft in bella vista. © Paolo Polloniato
Così, dal confronto con una tradizionale vasca barocca bianca con riccioli rientranti (ancora in produzione alla Barettoni), decorata ai lati con scene paesaggistiche, nasce “Capriccio contemporaneo”, un’opera che cita al limite della mimesi, ma che presenta differenze nella simmetria di forma e decori, mentre le scene paesaggistiche si tramutano in uno scorcio cittadino in bianco e nero, con grattacieli e loft in bella vista.
Le fattezze apparentemente comuni di oggetti d’uso si arricchiscono di metafore e sorprese, come dimostrano le taniche in ceramica di “Tankshow”, che ospitano sulla superficie piccoli amorini e statuine in pose inaspettate, o da cui nascono fiori colorati.
I suoi pezzi unici sono esposti in diverse gallerie d’arte in Italia ed Europa, mentre per musei e residenze private realizza progetti site-specific.
Dopo alcuni anni vissuti tra Parigi e Bruxelles, torna a insediarsi a Nove, per la quale sente un vero “legame di sangue”.
Si dà il titolo di “artiere” (secondo la definizione di Enzo Biffi Gentili), dichiarando spesso di pensare come un artista e plasmare come un artigiano.
La composizione o scomposizione delle forme, il riuso, la reinterpretazione degli spazi sono le chiavi della poetica di Polloniato, artista-ceramista che ha saputo trovare la linfa creativa della sua produzione tra le tecniche, le forme tradizionali, la storia della sua città, che si sovrappone e interseca con la sua storia personalissima, raccontata con grande immaginazione attraverso le sue opere.
A cura di Fondazione Cologni dei Mestieri d'Arte