“Voglio lavorare sempre, la ceramica è la mia cura, la mia vita”. Con queste parole Clara Garesio, classe 1938, sintetizza la sua vita di artigiana e artista della ceramica: la storia di un amore che nasce in lei fin da bambina, quando curiosa e fantasiosa cercava di plasmare e trasformare la materia (dalla mollica del pane al mastice che si usa per isolare i vetri) secondo la sua fervida immaginazione, realizzando forme e figurine che ben si adattavano ai suoi giochi.
Quando tornava a casa da scuola si fermava davanti ai laboratori degli artigiani, schiacciando il nasino contro le vetrine, per poter carpire i segreti di una tecnica così antica quanto affascinante ai suoi occhi, tanto da riuscire a farsi regalare dell’argilla da plasmare: un piccolo tesoro per i suoi grandi sogni. Da quel momento Clara non smette più di lavorare la ceramica.

Ritratto di Clara Garesio nel suo atelier: la maestra ceramista di origini torinesi ha sempre affiancato all’attività artistico-creativa anche quella didattica
I genitori della piccola assecondano questa sua inclinazione tanto che ancora ragazzina le permettono di seguire lezioni private di pittura a terzo fuoco presso la “Signorina Chauvie”, esperta maestra artigiana di delicate decorazioni floreali. Fin da subito emergono la sua manualità e la sua bravura, e dopo gli esami alla Civica Scuola d’Arte Ceramica di Torino, viene ammessa all’Istituto d’Arte per la Ceramica G. Ballardini, uno dei più rinomati istituti italiani nella città della ceramica per eccellenza: Faenza.
Gli anni ’50 a Faenza sono gli anni d’oro, transitano diversi artisti e grandi nomi nel panorama dell’arte e delle arti applicate: Hedberg, Valentini, Spagnulo, Gaeta.
La città diviene punto nevralgico dei nuovi flussi di idee, delle sperimentazioni e di una poetica contemporanea. In un ambiente così fervido e ricco di spunti Clara Garesio assorbe tutte le suggestioni che le arrivano dall’esterno, elaborando un linguaggio fluido, scattante, femminile, tanto che il critico Enzo Biffi Gentili parla di “fase creativa astratto-decorativa ‘avanguardista’ assolutamente strepitosa”, e ancora studentessa vince l’ambito Premio Faenza nel 1956, a soli 18 anni.

I colorati vasi in terracotta, rispettivamente (da sinistra) del 1960, 1958, 1966, sono modellati a colombino e decorati con smalti sabbiati.
Dopo il rientro a Torino per pochi mesi (Cerrato e ViBi), Clara è titolare per diversi anni della sezione artistica presso l’Istituto d’Arte d’Isernia diretto da Giorgio Saturni ed è a questi anni che va riferito il suo “sviluppare una sua poetica incentrata sulla forma archetipica del vaso”. Non più come solo contenitore, ma campo di sperimentazione di nuove morfologie autonome accanto alle quali elabora linguaggi inediti e tecniche esecutive insolite per i vasi: maiolica dipinta e colombino.

Le sculture Vasi-Albero sono realizzate in porcellana dipinta a terzo fuoco con oro, che dona alle superfici particolare preziosità. Le linee, pulitissime, si esprimono in disegni geometrici e in rimandi figurativi alla natura.
Gli anni ’60 rappresentano la svolta nella vita di Clara Garesio.
Si trasferisce a Napoli dove, insieme ad altri docenti, avvia l’Istituto Professionale di Stato per l’Industria e l’Artigianato della Porcellana G. Caselli, nato con la vocazione di dare un nuovo impulso all’antica tradizione alto-artigianale.
Clara si fa rapire dal fascino della città partenopea e dagli odori, profumi e colori della costiera amalfitana. Grazie alle suggestioni che le derivano dalla porcellana di Capodimonte il suo tocco diviene preciso, minuzioso, delicato, ma deciso, arrivando a soluzioni ardite, che rompono con la tradizione vietrese: inserisce elementi tridimensionali e nuovi materiali sulle mattonelle, decorandole su entrambi i lati e rendendole, così, vere e proprie sculture a tutto tondo.

La maestra Clara Garesio al lavoro: la sua produzione annovera pezzi sia nel campo dell’oggetto d’uso, sia della ceramica artistica, fino a quella destinata ai rivestimenti e all’architettura degli interni.
Instancabile sperimentatrice, plasma la ceramica alla sua grande tecnica e alla sua inesauribile creatività dando vita ad assemblages, curiose nature morte in cui accosta diversi oggetti e materiali, ai Taccuini, veri e propri quadernini in ceramica da sfogliare e ammirare in tutti i loro colori, fino a opere di grande formato come In Women’s Hands, che nel 2013 viene acquisito dall’Unione Europea e installato al Palais des Nations di Ginevra o Imagining In Women’s Hands,oggi alla sede della SEAE di Bruxelles.

Ospitata nelle sale del Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, Blue Mandala è un’installazione del 2011 in terracotta dipinta con smalti in cui le tonalità del blu sono protagoniste, alternate agli altri elementi della scala cromatica.
Il mondo di Clara Garesio è un mondo di emozioni e stupore, ancora oggi: dopo più di 60 anni di attività, aspetta con trepidazione l’apertura del forno, quella stessa trepidazione che da bimba la faceva correre davanti alle botteghe delle vie di Torino, perché per lei questa “partita a scacchi con il caso è il grande fascino dell’arte del fuoco, un’emozione che non invecchia mai”.

L’installazione Fiorire è il fine in terracotta dipinta con smalti dalle svariate nuances. Realizzata nel biennio 2015-2016, l’opera è stata esposta al Museo Duca di Martina di Napoli.
Un’artigiana che con la mente progetta e con le mani crea, mani che amano sporcarsi ogni giorno perché “è quanto di più naturale e irrinunciabile si possa concepire. Nulla al mondo mi procura più serenità e gioia interiore del dedicarmi alla creazione artigianale, in un eterno e costante flusso creativo del quale mi sento testimone, ancor prima che artefice”: queste le sue parole, che rivelano un amore profondo e radicato per un mestiere artigiano arduo e ricco di sfide, ma anche di grandi soddisfazioni per un maestro di questo livello.

L’installazione Al chiaro di luna è in porcellana dipinta a terzo fuoco con decorazioni oro. L’opera è una delle ultimissime creazioni dell’artista-artigiana, esposta in occasione della mostra personale “Mirabilia e Naturalia. Ceramiche e carte” presso la Casina delle Civette, a Roma nel 2019.
In apertura: Il vaso Tripede qui raffigurato è del 1958: in terracotta, è foggiato a colombino e decorato con smalti lucidi e sabbiati.
Si ringrazia per le immagini l’Archivio dell’Arte / Luciano e Marco Pedicini.