A Nove, piccolo borgo in provincia di Vicenza, si attesta storicamente un know-how legato alla lavorazione della ceramica, arte in questo territorio radicata da secoli. E qui, proprio in prossimità del Liceo Artistico “Giuseppe De Fabris”, ex Istituto d’Arte che ha formato generazioni di artisti ceramisti, si trova la bottega di Diego Poloniato, artigiano magistrale nel far ‘suonare’ la ceramica.
Galli e galletti, ussari a cavallo (come in foto), pagliacci e bambole, pinocchi e animali: queste sono le immagini che riportano all’arte di Diego Poloniato, la cui produzione annovera soltanto pezzi unici. Foto di Bibo Cecchini
«Entrare nel laboratorio di Diego Poloniato è un’esperienza unica e immersiva, in qualsiasi direzione in cui volgi lo sguardo ci sono mille occhioni di fischietti zoomorfi e antropomorfi che ti guardano, a volte t’innamori subito e sai che non potrai tornare a casa senza quel ‘cuco’, altre volte la scelta è ardua e infiniti sono gli attimi per capire qual è quello che più ci piace! Le sue creazioni possono essere piccolissime e racchiudibili nel palmo della mano, fino alle macro opere che a fatica escono dal laboratorio. Il fil rouge è il suono, ognuna di loro può essere animata con un soffio, anemos, ognuna ha una sua tonalità differente dovuta alla dimensione e alla forma della cassa di risonanza, insomma tutti i ‘cuchi’ e gli ‘arcicuchi’ hanno una loro identità che si esprime non solo attraverso la forma e il colore, ma anche grazie al suono, rigorosamente bitonale!», racconta Elena Agosti, grande esperta di ceramica e curatrice di A&D Artigianato & Design, progetto di promozione dell’artigianato artistico veneto, che vede tra gli artigiani protagonisti lo stesso Poloniato.
Diego Poloniato, classe 1967, nell’atto della modellazione di un ‘cuco’ all’interno del suo atelier in via Astronauti 3 a Nove, in provincia di Vicenza. Qui ha frequentato l’Istituto d’Arte per la Ceramica “Giuseppe De Fabris” diplomandosi Maestro d’Arte a metà degli anni ‘80. Foto di Bibo Cecchini
Il Maestro adopera l’argilla in tutte le sue sfumature, con ossidi e ingobbi per colorare, sfruttando le diverse tonalità delle terre venete: così vengono decorati sapientemente i ‘cuchi’ – fischietti in terracotta – spesso cavalcati da soldati napoleonici per ricordare le scorribande dei mercenari nel territorio novese. Gli abitanti del posto, come la tradizione narra, per rifarsi dei saccheggi e delle uccisioni subite, si burlavano dei soldati napoleonici ponendoli a cavallo di un ‘cuco’, che nel dialetto locale è termine dispregiativo che indica gente stupida.
«Per modellare un ‘cuco’ si inizia preparando una sfera cava», spiega Diego Poloniato, illustrando i vari passaggi: «A seconda della dimensione della sfera si ottiene un suono più o meno acuto. Lasciando la cavità intatta si inizia a dare la forma dell’oggetto che si desidera realizzare. Con lo stecco (strumento di legno di bosso) si inizia a forare la sfera con un taglio obliquo, dalla parte opposta si pratica un foro che deve essere in linea con la lamella ottenuta dal taglio precedente. A questo punto l’oggetto deve fischiare, e si prosegue modellando il resto dell’opera. Applicando più ‘cuchi’ di varie tonalità su un oggetto cavo si può creare una cassa armonica dalla quale esce un suono molto particolare e melodioso: nasce così un ‘arcicuco’. Si possono realizzare ‘arcicuchi’ di notevoli dimensioni, come i noti soldati napoleonici a cavallo per i quali era conosciuto mio padre, che io rielaboro in forme e materiali».
Totem zoomorfo di ‘cuchi’. I caratteristici fischietti in terracotta a sua firma sono stati esposti in varie mostre e manifestazioni, aggiudicandosi premi e riconoscimenti in concorsi di settore. Foto di Chiara Bordignon
Le opere del Maestro, le cui mani plasmano la terra con vigore e dolcezza, sono spesso presenti in collezioni, mostre e musei dell’artigianato artistico. La più recente, A&D Gold presso il Museo del Gioiello di Vicenza, è visitabile fino al 28 agosto, dove Poloniato espone “Melchiorre, il portatore d’oro”, scultura in semirefrattario legata alla tematica sacra del presepe e dell’oro.
Il grande e originale saper fare di Diego Poloniato ottiene nel 2020 il giusto riconoscimento dalla Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte: «Ho ricevuto, senza aspettarmelo nel modo più assoluto, il premio MAM-Maestro d’Arte e Mestiere in piena pandemia, a distanza, da remoto. Mi sono sentito onorato e riconosciuto come artigiano dopo mesi e mesi di fermo lavorativo che mi stavano portando a mettere in dubbio il futuro stesso della mia attività, valutando anche la chiusura del laboratorio. Questo titolo mi ha dato la forza per credere nuovamente nella possibilità di tornare a produrre le mie opere. Nel lungo periodo essere considerato MAM ha dato una visibilità importante e inaspettata al mio lavoro nei circuiti legati all’arte, valorizzando enormemente le mie opere più elaborate».
Diego Poloniato è abile Maestro nella modellazione della ceramica. Tutte le opere sono eseguite con semirefrattari ad alta temperatura (1150/1180 °C) greificati e trattati con ossidi puri. Foto di Bibo Cecchini
Figlio d’arte – il padre Domenico era uno degli storici ceramisti della città – Diego Poloniato ha all’attivo una carriera iniziata oltre trent’anni fa. Ogni suo pezzo non è mai uguale al precedente, in quanto per l’esecuzione non ricorre a forme o stampi già esistenti, ma è tutto frutto della sua fantasia, estro e creatività, unita a una manualità a regola d’arte.
Nel suo laboratorio di Nove, affollato di tutti i meravigliosi e coloratissimi personaggi nati dalla sua prolifica fantasia, questo Maestro geniale ti accoglie sempre con il sorriso e una speciale gentilezza. Tiene regolarmente in questo spazio corsi di ceramica per tutte le età, per insegnare generosamente il mestiere che tanto ama.