Un volume che racconta il profondo rapporto tra artigianato, design e impresa
Copertina del volume “I talenti italiani: mente, mano, macchina” a cura di Alba Cappellieri e Matteo Pirola. Vico Magistretti, lampada Eclisse, Artemide 1967. Eclisse ha vinto il Compasso d’Oro nel 1967, divenendo un simbolo del design italiano nel mondo: perfetto equilibrio all’avanguardia tra forma e funzione, design e utilità. La base del concetto sta nella sua funzionalità di regolazione dell’intensità della luce attraverso il paralume interno rotante che “eclissa” la sorgente luminosa. Courtesy Artemide – ph. Studio Ballo&Ballo, Milano
L’8 ottobre scorso, presso il Salone d’Onore di Triennale Milano, si è svolta con successo la presentazione de “I talenti italiani: mente, mano, macchina” a cura di Alba Cappellieri e Matteo Pirola, docenti del Politecnico di Milano, rinnovando così la più che decennale collaborazione di Fondazione Cologni con Marsilio Editori; un sodalizio nato nel 2008 dai comuni intenti di divulgazione e promozione del saper fare.
Alessandro Mendini, poltrona Proust, Alchimia, 1978. Uno dei più noti pezzi di design al mondo, esordisce nel 1978 come arredo del Palazzo dei Diamanti di Ferrara in occasione di una mostra intitolata “Incontri ravvicinati di architettura” e, in breve tempo, la sua anima postmoderna cattura l’attenzione di amatori e addetti ai lavori su scala internazionale. Courtesy Museo del Design Italiano, Triennale Milano
Il volume è il dodicesimo titolo della collana “Mestieri d’Arte” che, attraverso curatori autorevoli e una ricca iconografia ricostruisce puntualmente la realtà dell’eccellenza artigiana: dalla liuteria ai mestieri dello spettacolo, dall’enogastronomia alla moda, dal restauro alla calzatura, fino alla meccanica e al dialogo tra saper fare e design. Alla presentazione sono intervenuti gli autori Alba Cappellieri e Matteo Pirola, il designer Paolo Ulian e la direttrice di Elle Decor Italia Livia Peraldo Matton, moderati dal direttore generale di Fondazione Cologni, Alberto Cavalli, che hanno conversato sull’importanza di una pubblicazione che mettesse in risalto non solo la storia del design, ma soprattutto come questo si sia intrecciato in un dialogo profondo e proficuo con l’artigianato.
Jonathan De Pas, Donato D’Urbino, Paolo Lomazzi, poltrona Joe Sofa, progetto 1970, produzione Poltronova, 1971. La poltrona è uno dei più rilevanti oggetti di disegno industriale degli anni settanta nonché uno dei simboli del design italiano non razionalista; è stata esposta in diversi musei dedicati all’arte e al design, fa parte della collezione permanente del Triennale Design Museum e del MoMA di New York. Courtesy Museo del Design Italiano, Triennale Milano
Questo libro approfondisce, infatti, in modo originale, con una messe di esempi illustri e con una visione inedita e corale, il tema del rapporto vitale tra cultura del progetto, alto saper fare e imprenditorialità, che ha storicamente trovato terreno più che mai fertile nel nostro Paese. Il volume illustra, anche grazie a bellissime immagini e con una narrazione coinvolgente e fascinosa, le relazioni fruttuose e le dinamiche che si innescano tra designer, artigiano e impresa. Mondi apparentemente diversi, ma profondamente concatenati, in grado di mantenere prerogative e identità in un continuo susseguirsi di scambi, arrivando a fertili soluzioni, capaci di coniugare funzionalità ed estetica.
Marco Zanuso, Richard Sapper, telefono Grillo, progetto 1965, produzione Auso Siemens, 1967. Il Grillo – battezzato così in riferimento alla caratteristica suoneria che evocava il verso ronzante dell’insetto – è un apparecchio telefonico rivoluzionario, insieme complemento d’arredo e funzionalissimo oggetto d’uso quotidiano. Nel 1967 vince il Compasso d’Oro. Courtesy Museo del Design Italiano, Triennale Milano
Mente, mano e macchina sono i tre punti di raccordo su cui si basa il piano metodologico e di ricerca sul quale l’uomo progetta, sviluppa e realizza i suoi artefatti. Fondamentale diviene la partecipazione dell’artigiano, figura che per molti anni è stata nelle retrovie, come afferma Franco Cologni nella sua prefazione: “Associare il design e la produzione creativa all’eccellenza italiana è semplice e immediato. Meno immediato è invece scorgere, in questo panorama vitale e creativo […] quell’elemento differenziante che riporta a una dimensione umana ogni idea innovativa: l’artigianato”.
Michele De Lucchi e Giancarlo Fassina, lampada Tolomeo, Artemide, 1987. La leggerezza espressa dall’esilità e lunghezza dei suoi bracci, dalla sottile base d’appoggio e la cura attenta dei particolari, l’uso sapiente del materiale ne fanno una lampada dal grande fascino. Riceve nel 1989 il Compasso d’Oro, e rimane tuttora un bestseller. Courtesy Artemide – ph. Studio Ballo&Ballo, Milano
I tempi dettati dai designer e imprenditori sono fattori di inequivocabile rilevanza quando si parla di produzione, realizzazione e messa a punto di un oggetto, ma non si devono sottovalutare altre importanti componenti come la qualità, l’attenzione al dettaglio e la precisione. Tre elementi imprescindibili che si possono trovare solo nel saper fare manuale, come ricorda Michele De Lucchi, architetto e designer da sempre legato a doppio filo all’artigianato: “Il successo dell’Italian Design nel mondo deriva da una miscela unica e straordinaria di componenti quali individualismo e cooperazione, sensibilità e razionalità, know how e sperimentazione, estetica classica e trasgressione; il tutto coniugato grazie al genio di designer e imprenditori. Ma l’innegabile prestigio del design italiano non sarebbe stato possibile senza il fondamentale contributo di altre grandi personalità, i maestri artigiani. La loro storia è parte integrante di questa storia italiana del design e come tale merita grande attenzione”.
Ettore Sottsass, vaso Rocchetto e vaso Calice, serie Bianco/Nera, Bitossi, 1958. Vasi torniti a mano in terra bianca, smalto bicolore bianco e nero matt. Courtesy Bitossi Ceramiche, ph. Delfino Sisto Legnani, Milano
Confrontarsi con queste realtà significa soprattutto recuperare il valore della cultura del fare; sviluppare un processo di ricerca che parta dalla materia per arrivare alla forma; coltivare una particolare attenzione verso l’opera unica o di piccola serie; sviluppare una politica di cultura sempre più diffusa anche nel pubblico verso la conoscenza del “valore aggiunto”, vale a dire il saper riconoscere il valore della materia, della sua lavorazione e dei processi di elaborazione tecnica.
Tapio Wirkkala, vasi Bolle, Venini, 1966. Il vaso è bottiglia: i due luoghi cromatici distinti pensati da Tapio Wirkkala sono uniti fisicamente con la tecnica dell’incalmo, l’accoppiatura a caldo di due forme soffiate. Courtesy Archivio fotografico Venini
Con questo prezioso volume Alba Cappellieri e Matteo Pirola danno un contributo fondamentale alla ricerca che innerva tutto il sistema del design di prodotto, dell’autoproduzione, della produzione in serie, cercando di dare risposte concrete all’annosa questione di un possibile rapporto tra artigianato e design, attraverso esempi di felici e proficue collaborazioni che hanno reso il made in Italy famoso e riconosciuto nel mondo.