Come all’interno di una galleria d’arte, i ritratti dei Maestri. Uomini e donne che dedicano la loro vita all’alto artigianato e al saper fare. Storie e realtà dal fascino discreto e mai ostentato. Grazia ed eleganza che si esprimono anche in una naturalezza modesta e nell’elogio di un lavoro appassionato. Tante, infinite variabili per arrivare ad un perfetto equilibrio. The Ducker inaugura oggi un nuovo spazio dedicato ai Maestri d’Arte, in collaborazione con la Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte.
Chi meglio del Dottor Franco Cologni può condurci per mano in questo universo di bellezza, creatività e talento? In una speciale ed esclusiva intervista con il Presidente della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, ecco a voi l’universo dei Maestri.
I Maestri e i Mestieri d’Arte saranno i protagonisti di una inedita sezione all’interno del nostro magazine. Per noi sarà una nuova avventura. Avremmo piacere di sapere cosa ne pensa. E se, dalla sua grande esperienza, desidera trasmetterci qualche consiglio.
Un magazine on-line è uno strumento secondo me importante per facilitare la diffusione di una nuova idea ma che contemporaneamente ha bisogno, nell’ambito dello svolgimento di una storia, non solo di raccontare, ma anche di esprimere concetti e valori. Il consiglio è implicito.
La Sua Fondazione è un potente faro che con costanza dal 1995 illumina la strada non facile che l’artigiano di eccellenza percorre nella nostra epoca.
È vero che i Mestieri d’Arte sono in pericolo?
C’è chi lo afferma, ma è vero solo in parte. Il Mestiere d’Arte percorre tutta la storia dell’umanità e fin tanto che ci sarà l’essere umano quest’arte cosiddetta minore, che ci regala manufatti destinati ad essere senza tempo, continuerà a rappresentare il bello, meglio ancora l’eccellenza del bello.
Certo purtroppo i Mestieri d’Arte nel mondo contemporaneo sono poco conosciuti, soprattutto dai giovani, e quindi meno valutati rispetto al passato, in quasi tutte le culture. Nella nostra epoca fa mercato e si vende facilmente tutto ciò che è effimero: si pensi al cosiddetto gadget, dalla gondola veneziana in plastica al Duomo di Milano in resina. Tale paccottiglia non ha nulla a che fare con le bellissime creazioni delle nostre arti applicate, ovvero dei Mestieri d’Arte, che sono attività di eccellenza e raccontano in modo autentico luoghi, territori e saperi.
Come spiegare ai nostri lettori chi è il Maestro e cosa rappresenta?
Le faccio un esempio eloquente: in Giappone, paese di grande tradizione culturale, il Maestro viene definito dallo stesso Stato come un “tesoro vivente”. Il che dice tutto sulla sua importanza e sul valore che la società gli riconosce. Che cosa rappresenta? La maestria, cioè un’eccellenza del saper fare che si realizza in un manufatto in cui la testa, la mano e il cuore sono capaci di esprimersi nella bellezza. Per quanto riguarda il cuore, di cui si parla poco, penso che la sua mancanza nel mestiere determini il venir meno della passione, dunque della prima fonte di ispirazione, senza la quale il saper fare non è nulla.
Le iniziative della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte e tutti i vostri progetti sono rivolti soprattutto ai giovani. Come far rientrare i Mestieri d’Arte nella contemporaneità?
Noi vogliamo continuare a credere nell’umana supremazia, nell’età della macchina e più recentemente del virtuale. Per sostenere questa supremazia è necessario soprattutto creare un movimento culturale. Sono le idee e non soltanto i singoli atti che portano ai grandi cambiamenti nella percezione e considerazione delle cose da parte del grande pubblico. Un lungo cammino che deve portare a sviluppare interesse e ammirazione verso chi pratica il mestiere d’arte e verso le sue creazioni: il pubblico deve desiderare di vederle, toccarle (siamo nei cinque sensi e quindi nell’umano) per entrarne in possesso e tenersele care. Per arrivare a questo occorre, in primo luogo, rivalutare questo mondo così speciale, renderlo noto e apprezzato, farne oggetto di ammirazione. In secondo luogo è importante che, dopo l’informazione, si approfondisca la conoscenza e quindi il desiderio. Infine accadrà che questo desiderio, come detto prima, si trasformi in possesso. Non intendo il possesso puro e semplice, ma quello legato alla trasmissibilità nel tempo. Cito per esempio la formidabile pubblicità di Patek Philippe che afferma che un orologio non si acquista per se stessi e non si possiede mai completamente. Semplicemente si custodisce e si tramanda.
Come formare nuove generazioni di Maestri d’Arte?
La storia dei Mestieri d’Arte ci insegna che queste attività di eccellenza si sono sempre tramandate di padre in figlio, o all’interno di una famiglia o di un nucleo di persone, nella bottega, che data la stretta vicinanza avevano la possibilità e il piacere di imparare e poi di realizzare.
Oggi la bottega artigiana e la sua organizzazione esistono ancora, ma il problema del ricambio generazionale è divenuto un’emergenza, soprattutto in alcuni settori. Oggi le nuove generazioni hanno altre ambizioni, la prima delle quali è quella di guadagnare presto e bene.
La seconda è quella di fare un mestiere di repentino successo. Appare evidente però come questo desiderio di immediatezza non porti alla scoperta dell’Eden, ma indirizzi verso strade la cui destinazione è spesso sconosciuta o peggio oscura. I giovani che si cimentano nel Mestiere d’Arte invece hanno bisogno di un lungo, anonimo e poco pagato apprendistato. Soltanto con il tempo, imparando dalle scuole e dai Maestri, percorrendo con pazienza e passione la strada della specializzazione, possono trovare la certezza di un riconoscimento personale, emergendo alla luce del successo, ivi compreso quello economico. Il Mestiere d’Arte diventa quindi una scelta non facile ma intelligente e promettente per il futuro, che può riservare grandi soddisfazioni professionali e umane.
Ricordo che durante il mio primo impiego da giovane neolaureato in una grande azienda, una persona che lavorava lì otto ore al giorno e non era un Maestro d’Arte diceva spesso: “Meno dottori, più lavoratori”. Penso che oggi questo valga più che mai: ma perché si diffonda questa nuova prospettiva culturale deve cambiare l’immagine stessa della manualità, che non può essere scelta di serie B ma percorso consapevole e appassionante, soprattutto quando coniugata, come nell’artigianato contemporaneo, al design, alla tecnica, alle nuove tecnologie.
Lo scorso anno, a giugno, è stata presentata a Milano in Triennale la prima edizione del riconoscimento MAM – Maestro d’Arte e Mestiere – uno dei tanti progetti con cui la Fondazione Cologni difende e promuove i saperi unici della tradizione italiana. Per il 2018 ci sarà una nuova edizione?
Innanzitutto va detto che in Italia coloro che operano nei Mestieri d’Arte non hanno titoli di riconoscimento, né attribuiti dallo Stato, né dalle scuole. Il progetto MAM (Maestro d’Arte e Mestiere) si rifà ad alcune realtà europee (francesi in particolare) e ai “tesori viventi” giapponesi con l’intento di rendere omaggio ai nostri grandi Maestri creando, se non un titolo, almeno una sorta di Albo d’oro dell’eccellenza, che riconosca il valore del loro magistero artigiano.
L’anno scorso per la prima volta, grazie al lavoro di un’ampia e prestigiosa giuria di esperti d’arte e arte applicata, abbiamo riconosciuto 75 Maestri MAM nelle varie discipline. Questo albo d’oro continuerà nel tempo. Il nostro programma è di rinnovare ogni due anni l’operazione MAM, ampliando il numero degli artefici degni di questo nome e offrendo loro non soltanto una targa ma, attraverso una comunicazione mirata (anche nel mondo importante della rete e dei social), dando loro la possibilità di essere conosciuti ed apprezzati dal grande pubblico. Ricavandone anche un maggior riconoscimento economico, perché è cosa buona e giusta che il lavoro fatto a regola d’arte venga adeguatamente remunerato.
Nella gallery:
• Una delle fasi durante l’incastonatura dei diamanti per la creazione della collana Luminance. – Collezione di Alta Gioielleria Cartier Magicien
Photo credits: Vincent de la Faille © Cartier
• Il maestro orologiaio della Manifattura Piaget (La Côte-aux-Fées) durante un intenso ed affascinante istante di lavoro.
• Una delle sale della Maison des Metiers d’Arts di Cartier a La Chaux-de-Fonds in Svizzera.
Durante la Sua lunga carriera quando è avvenuto il primo incontro con i Maestri d’Arte?
Premetto che io purtroppo non so lavorare con le mani. Se pianto un chiodo, per appendere un quadro, buco la parete o mi faccio male… Forse proprio per questo mi ha sempre affascinato chi sa utilizzare le mani con perizia. Ma il mio primo incontro con i Maestri d’Arte è stato quando, per tanto tempo, mi sono occupato di Cartier. Mi riferisco alle figure del Maestro gioielliere e del Maestro orologiaio, titoli di specializzazione importanti anche se non codificati da una legge. Il gioiello nasce da un’idea creativa che si realizza con il disegno e si concretizza attraverso l’indicazione precisa da parte del designer dei materiali, in particolare delle gemme e dei metalli. Ma, quando si tratta di trasferire l’idea nel manufatto, è solo il Maestro gioielliere che sa accostare le pietre preziose ad arte e legarle con l’oro o il platino, non solo rispettando l’idea originale, ma anche rendendo il gioiello portabile. Allo stesso modo, per realizzare un orologio, nella forma proposta dal designer occorre inserire il contenuto, cioè adeguare questa forma al movimento. È qui che si esprime l’arte del Maestro orologiaio: altrimenti tutti gli orologi farebbero tic tac e sarebbero rotondi!
Durante il Salone del Mobile, la Galleria d’Arte Moderna di Villa Reale ha ospitato la seconda edizione di “Doppia Firma. Dialoghi tra pensiero progettuale e alto artigianato”. Il progetto unisce l’innovazione del design internazionale alla tradizione dei grandi Maestri d’Arte italiani. Potrebbe raccontarci questa nuova sfida?
Abbiamo inventato Doppia Firma nel 2016 perché riteniamo che ci debba essere un dialogo fatto di incontri (e a volte anche scontri!) non sporadici, tra il designer e l’artigiano d’eccellenza. In questo sodalizio creativo e di saper fare, il designer porta l’idea, che è sempre un grande valore, mentre l’artigiano offre la sua esperienza e la sua passione per realizzarla in un modo eccellente. Si dà il caso che in questo momento storico, visto che il design è di moda, e la moda non è sempre un valore, valga la firma del progettista e mai si nomini la mano eccellente che ha reso possibile il progetto, trasformando l’idea in realtà. Lei ha visto spesso i grandi designer, quando presentano le loro opere, nominare coloro che le hanno realizzate? Ciò accade molto di rado, e quasi sempre il Maestro artigiano rimane nell’ombra. La filosofia di “Doppia Firma” si esprime invece in un rapporto di vera e piena collaborazione su un piano paritario tra designer e artigiano, dal progetto all’esecuzione di un manufatto a regola d’arte. Che deve recare la firma di entrambi i suoi creatori, posti sullo stesso livello. Ci sono due opere in particolare che hanno dato l’ispirazione a questo progetto: “Il Muro del Sole” e “Il Muro della Luna”, di Joan Miró e Josep Llorens i Artigas, il ceramista, con cui il grande artista spagnolo ha collaborato dal 1944. Impreziosiscono la sede dell’ UNESCO a Parigi dal 1958 e recano la firma di entrambi.
Quali riflessioni sono emerse dopo l’edizione di quest’anno?
Nell’edizione dello scorso anno designer e artigiani erano tutti italiani. Quest’anno il progetto Doppia Firma si è ampliato, con un respiro più internazionale, unendo designer di diversi paesi ai maestri italiani, attivi in diversi settori e materiali. Qui è emersa una semplice verità: laddove i designer hanno saputo lavorare con gli artigiani sono nate opere belle e convincenti. Questo è avvenuto per fortuna nella maggior parte dei casi, perché designer e artigiano hanno saputo mettersi uno al servizio dell’altro, rinunciando entrambi a qualcosa, acquistando entrambi qualcosa. In pochi casi invece il designer non ha colto le potenzialità del saper fare dell’artigiano e il progetto è rimasto ben realizzato ma povero di veri contenuti. Il designer può essere molto prezioso per l’artigiano non solo perché gli porta un’idea ma perché ha di solito una mente aperta, sa comunicare, conosce meglio i trend e il mercato. L’artigiano spesso vive nel proprio atelier con orizzonti più circoscritti, ha la sua grande abilità che porta avanti magari da generazioni, ma a volte ripete modelli che si sono cristallizzati nel tempo, il contatto con le idee nuove di un progettista all’avanguardia può dargli ossigeno ed entusiasmo. Ma abbiamo capito che queste coppie creative funzionano solo se il designer conosce e sa rispettare e mettere in valore l’intelligenza della mano dell’artigiano, la sua esperienza, la forza della tradizione che esprime, la sua conoscenza profonda dei materiali. Senza questo anche la migliore idea resta solo uno schizzo o un rendering, senza anima e senza futuro.
Come possiamo, con il nostro piccolo aiuto, aprire uno scenario al pubblico e far in modo che possa scoprire sempre di più l’eccellenza dei Mestieri d’Arte?
Pubblico è una parola molto generica. Parliamo più specificatamente dell’amatore, del conoscitore, del collezionista. Mentre gli ultimi due sanno dove andare, l’amatore è come colui che vede una bella donna, vorrebbe conoscerla, ma ignora il suo indirizzo. Abbiamo un grande problema di mancanza di informazione e di comunicazione: i Maestri artigiani non hanno vetrina, non sanno spesso come diffondere e vendere le loro opere; chi acquisterebbe volentieri queste opere, non ha modo di conoscerle. Ecco il valore fondamentale della comunicazione e oggi del web: creare collegamenti, mettere in contatto mondi affini ma distanti, che non sanno come incontrarsi. Certo, alla base della comunicazione digitale, di per sé un’opportunità, ci devono essere la comprensione e il contenuto. Ben vengano dunque la rete e i social media, ma da utilizzare con cautela e intelligenza. Così come raccomandava il viceré spagnolo di manzoniana memoria al suo cocchiere, andando per Milano: “Adelante con iudicio!” (Avanza con buon senso!). Ecco perché Alessandro Manzoni è ancora così attuale…