Isabella Villafranca Soissons è una bella e fascinosa signora torinese, laureata al Politecnico in Restauro Architettonico e diplomata in Restauro a Firenze.
Da sempre appassionata d’arte in tutte le sue forme, vive e lavora a Milano dopo una lunga esperienza come conservatore a New York e Londra. Ha insegnato e insegna presso vari master e corsi di aggiornamento, partecipa a convegni internazionali sul tema del restauro e delle sue nuove frontiere.
Attualmente Isabella Villafranca Soissons è Direttore dei laboratori di Conservazione e restauro di Open Care a Milano: una realtà straordinaria, ben nota al mondo dell’arte e del collezionismo.
Attiva dal 2003, Open Care è l’unica azienda in Italia a offrire servizi integrati per l’arte, grazie a strutture dotate delle più innovative tecnologie e all’ausilio di esperti nella movimentazione, conservazione, restauro e art consulting. Conserva, gestisce e valorizza opere e patrimoni artistici, pubblici e privati, e ha sede a Milano nello storico complesso dei Frigoriferi Milanesi di via Piranesi.
Isabella Villafranca Soissons dirige con grandissima competenza e passione il Dipartimento di Restauro: una realtà unica, in grado di affrontare opere e materiali diversi grazie ai suoi cinque laboratori specializzati nella manutenzione ordinaria, straordinaria e nel restauro di dipinti, affreschi, opere d’arte antica, moderna e contemporanea, arredi lignei, arazzi, tessili d’epoca e tappeti e di antichi strumenti scientifici, supportati da attività di diagnostica all’avanguardia.
Isabella è l’indefessa vestale di questo tempio del saper fare al servizio della bellezza da salvare. Dopo un periodo di formazione e di esperienza nell’arte antica, nei paesi anglosassoni ha iniziato ad approfondire gli aspetti materici, tecnici e conservativi dell’arte contemporanea: la nuova frontiera della conservazione.
Dettaglio di un’opera di Agostino Bonalumi durante l’intervento di conservazione nel Laboratorio Open Care. Foto Nicoletta Sperati
Dettaglio di un’opera di Anselm Kiefer durante l’intervento di conservazione nel Laboratorio Open Care. Foto Nicoletta Sperati
Restauro di un’ opera ottico cinetica di Alberto Biasi presso il Laboratorio Open Care. Foto Nicoletta Sperati
“Negli ultimi decenni è diventato di gran moda avvicinarsi all’arte contemporanea”, scrive Isabella. “La produzione artistica dei nostri giorni si differenzia in modo sostanziale da quella del passato non solo per la moltitudine dei materiali utilizzati ma, soprattutto, per aver aperto la via a nuove forme di collezionismo, a nuove figure professionali, a diversi rapporti tra gli operatori del settore, a differenti approcci etici e a nuove modalità conservative. L’opera d’arte contemporanea è spesso realizzata per contesti del tutto diversi da quelli museali, con lo scopo di sollecitare nuovi spunti di riflessione, mettere in crisi certezze consolidate, imponendoci di meditare sul concetto di effimero in netta contrapposizione con l’arte antica pensata per essere conservata e tramandata nel tempo.”
L’opera d’arte contemporanea, specchio del nostro mondo più che mai complesso, sceglie dalle avanguardia artistiche in poi materiali e oggetti della vita di ogni giorno: ingloba in modo massiccio materie volutamente usate per non poter durare, contraddittorie ed effimere come la nostra stessa vita. E dunque contenitori in plastica, lampadine, spazzatura, materiali organici persino diventano parte dell’opera dell’artista, spesso fino all’implosione e al degrado.
“Il rinnovamento totale del concetto di opera, la sperimentazione di nuove materie e tecniche, l’introduzione della dimensione dinamica e spazio-temporale, portano alla necessità di sviluppare un differente approccio al restauro; nasce così una nuova figura di restauratore, o meglio conservatore, che si pone nei confronti dell’opera con un approccio multiforme ed interlocutorio”, ci spiega.
In particolare l’uso molto diffuso delle plastiche ha aperto negli ultimi decenni diversi fronti problematici, sia in relazione ai processi di degrado nel tempo sia a quelli che nascono dall’interazione fra materiali: così il restauratore deve avere oggi competenze più che mai multiformi, non solo artistiche ma anche scientifiche, per far fronte a tutte le nuove, appassionanti problematiche.
Alla natura effimera del contemporaneo sono legati anche molti problemi che hanno a che fare con la paternità dell’opera, sul suo possesso da parte del collezionista, sul diritto dell’artista ad autorizzare o rifiutare l’intervento del restauratore…: aspetti che investono anche la sfera legale e la natura stessa del diritto d’autore.
Isabella Villafranca Soissons è stata autrice nel 2015 di un fortunato volume (In opera. Conservare e restaurare l’arte contemporanea) che fa un fondamentale punto sul tema, apparso nella collana Mestieri d’Arte, a cura della Fondazione Cologni per Marsilio.
Questo libro getta luce in modo significativo e completo sulla figura del conservatore oggi, sul limite massimo a cui, con il restauro dell’arte contemporanea, si è spinto un mestiere d’arte nobile, da sempre primato italiano nel mondo. Un mestiere che più di molti altri ha dovuto adattarsi alla realtà dell’arte oggi, instabile e in continuo divenire. Un mestiere affascinante, ricco di inedite prospettive e pronto a raccogliere sempre nuove sfide. Sfide che Isabella Villafranca Soissons, maestra d’arte e di saper fare, certo non teme di affrontare…
In apertura: Ritratto di Isabella Villafranca Soissons, Direttrice del Dipartimento di Conservazione e Restauro di Open Care – Servizi per l’Arte, vincitrice del premio MAM-Maestro d’Arte e Mestiere.
A cura di Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte