“Solo attraverso la porta aurorale del Bello ti spingi nel Paese del Sapere”
(F. Schiller)
In una scena indimenticabile nella storia del cinema, Anita Ekberg si immerge nella Fontana di Trevi: una donna meravigliosa, un abito da sogno, uno scenario incomparabile. L’essenza della Dolce Vita, uno stile e un pensiero che tutto il mondo ammira e ci invidia. Uno stile così profondamente connesso alla storia e alla bellezza del nostro territorio che non è mai stato tradotto in nessun’altra lingua. Dolce Vita è sempre e solo Dolce Vita. Una locuzione emblematica, unicamente italiana, che risale agli albori stessi della riflessione sui tratti caratteristici della bellezza italiana: come dice Bonagiunta Orbicciani a Dante, lo stile italiano è “novo”, certamente, ma anche “dolce”.
A lezione… con la Bellezza italiana: giovedì 15 ottobre si è tenuta la prima lezione del corso presso la facoltà di Design del Politecnico di Milano. Le lezioni non si svolgono solo presso il Campus di Bovisa, ma sono organizzate in numerosi luoghi significativi del capoluogo meneghino. Courtesy Fondazione Cologni
La bellezza italiana è un tratto essenziale della creatività legata all’eccellenza, che nel nostro Paese ha una lunga e prestigiosa storia: ma questa bellezza, lungi dall’essere solo una componente estetica e superficiale, si costruisce e si nutre di lavoro, impegno, tradizione e territorio, arte e mestiere.
In una società proiettata verso l’omologazione del gusto e delle proposte, la vera bellezza ha ancora il potere di commuovere, di toccare gli animi e attrarre l’interesse. Proprio sulla base di questa profonda riflessione la Fondazione Cologni continua a tenere – per il nono anno consecutivo – la cattedra di “Mestieri d’arte e Bellezza italiana” presso il Politecnico di Milano, proposto tra i corsi a scelta della facoltà di Design.
Appassionata di arte in tutte le sue forme, dopo una lunga esperienza come conservatore a New York e Londra, Isabella Villafranca Soissons vive e lavora a Milano: ricopre, attualmente, la carica di direttore del Dipartimento di Conservazione e Restauro di Open Care – Servizi per l’Arte. ©Laila Pozzo
Le lezioni, che si tengono in luoghi significativi della città di Milano, presentano la bellezza come un vero e proprio codice genetico, articolato intorno ad alcuni fattori imprescindibili: artigianalità, autenticità, competenza, creatività, formazione, innovazione, interpretazione, originalità, talento, territorialità, tradizione. Ogni elemento viene analizzato e definito per comprenderne il significato artistico, culturale e progettuale, al fine di intendere come questo codice della bellezza italiana sia un vantaggio competitivo che contribuisce a rendere una creazione attraente, desiderabile e di successo.
La storia dell’Italia, delle sue produzioni di qualità e delle sue caratteristiche migliori, è una storia di grandi talenti che sono stati in grado di trasformare una situazione di difficoltà in un’opportunità magnifica: «Pensiamo all’oro: certo in Italia non se ne estrae, ma qui trasformiamo – con arte, spirito di innovazione e di intraprendenza – un’altissima percentuale di questo metallo prezioso in uso in tutto il mondo», cita come esempio Alberto Cavalli, direttore generale della Fondazione Cologni e docente del corso.
Ugo La Pietra è architetto, designer, ricercatore nella grande area dei sistemi di comunicazione e figura di riferimento per l’alto artigianato italiano. La sua sterminata attività è nota attraverso mostre, pubblicazioni, didattica nelle Accademie e nelle più prestigiose Università italiane. ©Aurelia Raffo
Gli spunti di riflessione offerti ai giovani studenti, futuri designer o maestri d’arte del domani, sono trasmessi anche dalle testimonianze di ospiti d’eccezione come Ugo La Pietra, architetto, designer ed esperto di arti applicate; Isabella Villafranca Soissons, restauratrice e direttrice del Dipartimento Conservazione di OpenCare; Andrea Sinigaglia, direttore generale di Alma, La Scuola Internazionale di Cucina Italiana; Zanellato/Bortotto, designer molto spesso in sinergia con i maestri d’arte.
Andrea Sinigaglia, dopo aver conseguito un Master in Cultura dell’Alimentazione e un MBA presso il MIP, dal 2004 insegna Storia della Cucina Italiana presso ALMA, La Scuola Internazionale di Cucina Italiana, dove dal 2013 è direttore generale. Courtesy ALMA
La bellezza italiana nasce dal dialogo tra cultura del progetto e saper fare, tra creativo e cliente, tra designer e maestro d’arte. Quest’ultimo non è un semplice esecutore, ma è un “interprete”: «L’impulso cui noi dobbiamo fare riferimento è il più complicato. Dobbiamo immedesimarci nella testa dello stilista e assorbire il suo gusto per riuscire a creare dei ricami che possano soddisfarlo», era solito raccontare il compianto Pino Grasso, homo faber, indiscusso maestro dei ricami d’Alta Moda. Il suo, accanto a quello di altri grandi protagonisti dell’artigianato artistico d’eccellenza, è da considerarsi un modello, nel quale si riconosce la parte migliore e più nobile del Made in Italy, un modo particolare tutto italiano di usare la mente, il cuore, le mani. Una mano abile che, come scrive il sociologo Richard Sennett, differisce da una mano maldestra in quanto viene stimolata e allenata.
La bellezza, secondo il “rinascimento” auspicato da Fondazione Cologni, può quindi diventare risorsa in una società capace di non rinchiudersi dentro standard troppo ristretti, di sfuggire a schemi rigidi e ripetitivi. Una società, cioè, che sa pensare la crescita come un processo che investe tutte le dimensioni dell’umano. Nessuna esclusa: dallo spirituale al tecnologico, dall’individuale al comunitario.