«Le sue creazioni profumano di classicismo ed eleganza, odorano di Grecia antica ma anche di storiche architetture veneziane»: con queste parole, nel suo volume Il Vetro a Lume dal XX secolo ai giorni nostri, il maestro del vetro soffiato Cesare Toffolo presenta Lucio Bubacco, straordinario protagonista della rinascita contemporanea del vetro a lume in Laguna, «fin dalla nascita immerso nella comunità muranese respirandone la storia e la tradizione».

Lucio Bubacco all’opera nel suo studio muranese, circondato dagli strumenti di lavoro e dall’inseparabile “cannello”. Grande tecnica e ispirazione fantastica distinguono questo grande maestro del vetro, che non assomiglia a nessuno. ©Diego Lazzarini
A Lucio Bubacco, classe 1957, si riconosce il merito di aver superato usi e concezioni tradizionali per raffigurare “l’impossibile”: le sue figure umane “in movimento” lavorate a lume, infatti, sono dei capolavori di originalità ed espressività. «Munito del proprio “cannello” chiuso in un astuccio, Lucio può viaggiare per il mondo come un flautista, un clarinettista, un oboista solista; può eseguire la propria musica in concerto senza dover collaborare con la meravigliosa ma ingombrante orchestra di una vetreria dove suonano e ballano maestro e aiuto maestro, servente e serventino, garzone e garzonetto», chiosa il curatore ed esperto del vetro Jean Blanchaert, sottolineando, appunto, che la lavorazione del vetro a lume è una tecnica solitaria, che ben si adatta al carattere schivo di Bubacco. Nel suo laboratorio/museo in Fondamenta da Mula a Murano «il maestro si trova a tu per tu con il materiale vitreo, che viene scaldato e modellato tramite la fiamma emessa da un cannello di metallo, collegato a una bombola che immette gas e ossigeno».

“Fuga dal coronavirus”, 70x80x40 cm, vetro a lume e soffiato, 2020. Lucio Bubacco mescola l’attualità con la storia, raffigurando Caronte su una barca con i dannati, due diavoli che li trascinano e sopra Ermes, il dio della medicina, con due angeli che lo proteggono. Sul lato, due calici sormontano due sfere che evocano la forma del coronavirus, con serpenti di vetro sporgenti. L’opera è stata esposta a Vitrea. Vetro italiano contemporaneo d’autore, a cura di Jean Blanchaert, mostra di Fondazione Cologni e Triennale Milano. ©Diego Lazzarini
Il maestro Bubacco è figlio d’arte (e di mestiere): il padre Severino è stato soffiatore in una fornace e anche noto commerciante di vetri e, viaggiando per il mondo, ha avuto modo di collezionare in casa oggetti dalle più svariate paste vitree. Lucio bambino frequenta sovente il laboratorio di Mario Santini, e qui inizia a familiarizzare con la lavorazione alla fiamma. Quattordicenne entra in bottega, e con passione e tenacia affina la sua tecnica tanto da aprire, a diciassette anni, la sua attività a Murano. La sua produzione – all’inizio in vetro trasparente e solo molto più tardi nella vasta gamma di colori per cui è oggi conosciuto – ottiene favori fin da subito, ma al lavoro in solitaria Lucio affianca anche i viaggi all’estero (su indicazione del padre), tra i quali l’esperienza americana, dove ha modo di mostrare la sua arte oltreoceano. Rientrato in Veneto, arricchisce il proprio campionario di nuovi soggetti realizzati a lume, una produzione che subisce quella naturale evoluzione che lo definisce oggi come artigiano-artista a tutto tondo. Figure umane – che più umane non si può – si fondono con architetture complesse a formare scene narrate, baccanali festosi, inferni infuocati o angelici paradisi e diventano ai giorni nostri parte integrante dell’arte a firma Bubacco. I volti della sua creatività sono molteplici e, in alcuni casi, le scene rappresentate diventano irriverenti e cariche di erotismo, oppure tetre e angoscianti, sempre dotate di una grande armonia stilistica. L’innata passione per il disegno trova fertile terreno soprattutto nell’incontro con l’artista veneziano Alessandro Rossi, con il quale negli anni ‘80 approfondisce gli studi di disegno anatomico.

“Myths of Eden”, 75x60x60 cm, vetro a lume, 2009. In quest’opera un satiro ha un calice nascosto da un angelo che volando suona il violino. La ninfa danza con un uccellino sulla musica dell’angelo, tenendo in mano un calice. Nella parte laterale troviamo altri due angeli nell’atto di elargire il vino e brindare. Sia la base che la coppa della scultura hanno una decorazione a incisione di viti e grappoli d’uva: un elogio nell’Eden alla vendemmia. ©Norbert Heyl
La trasmissione del sapere è un tema caro all’impareggiabile Lucio, fin dai primi anni ‘90 insegna nelle scuole artistiche del vetro, dal Giappone all’Australia e, successivamente, alla rinomata Pilchuck Glass School USA. Contestualmente di grande importanza è anche la sua presenza in gallerie di settore ed esposizioni nazionali ed internazionali, dagli Stati Uniti (nel 1992, a soli venticinque anni prepara una sua prima mostra personale alla Habitat Gallery, all’epoca la più grande galleria d’arte al mondo specializzata nel vetro), dal Giappone alla Florida, dall’Inghilterra al Messico, alla sua Murano, isola felice da cui tutto è scaturito. Un destino, possiamo dirlo a buon diritto, segnato da curatori visionari che da subito intuiscono la maturità artistica di un Bubacco giovanissimo.

“Paradiso”, dettaglio di un calice decorato con foglia oro e vetro colorato. In quest’opera i corpi sono in color avorio, la nuance predominante è l’azzurro come quello di un cielo limpido veneziano, e l’uso del verde trae l’ispirazione dai germogli primaverili. ©Norbert Heyl
Artista conosciuto a livello mondiale, Lucio Bubacco nel 2020 ottiene in Italia un riconoscimento che lo annovera nel gotha dei maestri artigiani del nostro Paese: la Fondazione Cologni gli assegna il titolo di MAM-Maestro d’Arte e Mestiere proprio per questa sua straordinaria produzione, in cui si fondono in un equilibrio personalissimo colore e natura del vetro, con esiti affascinanti. Dalle piccole figure sagomate alle variazioni del classico “bicchiere ad ala” veneziano, fino a sculture verticali di grandi dimensioni!

“Paradiso”, 165x120x120 cm, vetro a lume, 2008. Lavoro basato sulla storia di Adamo ed Eva, la loro esclusione dal giardino dell’Eden e l’inizio della storia dell’uomo. Il mondo qui descritto ha un’apparente calma pastorale con ninfe, animali, angeli e esseri umani; è una calma ingannevole perché equivale a solitudine, che sembra essere il destino dell’anima in questo paradiso terrestre. Un’illusione. ©Norbert Heyl
Alla domanda su quale sia il lavoro che più lo rappresenta in questo periodo, Bubacco risponde: «“The Crossing” è per me un linguaggio eterno, che può partire dall’antichità e arrivare ai giorni nostri. La barca diviene simbolo dell’evoluzione umana. Quando ho iniziato a progettare quest’opera ho immaginato l’imbarcazione solo come mezzo di trasporto che migliaia di anni fa serviva, ad esempio, per andare alla conquista di nuove terre e ricchezze; ma è l’attualità con cui ci interfacciamo, la contemporaneità dell’imbarcazione, il vero significato: la barca ora simboleggia il desiderio di salvezza».
Rispetto ai soffiatori di vetro, solo pochissimi artigiani della lavorazione a lume riescono a entrare nel mondo dell’arte: è come scalare una montagna altissima… e Lucio Bubacco ha raggiunto le vette più impegnative del virtuosismo: una sua opera può incorporare fino a cinquanta colori!
