Palazzo Grimani a Santa Maria Formosa costituisce un unicum architettonico a Venezia, così come è unica la sua storia. Edificata agli inizi del Cinquecento in stile manierista, questa domus è stata la dimora del nobile Patriarca Giovanni Grimani, colto e appassionato collezionista di antichità greche e romane. Un luogo intriso di bellezza, non solo architettonica, che ai nostri giorni è diventato un polo museale.
La spettacolare Sala della Tribuna, allestita con la collezione di antichità greche e romane della patrizia famiglia Grimani, in occasione della mostra Domus Grimani 1594-2019. Oltre alla ricostituzione della Tribuna, l’allestimento del 2019 ha coinvolto anche le stanze immediatamente antecedenti in cui ammirare arredi d’epoca, arazzi, quadri e oggetti evocativi di un’epoca e di uno stile di vita unici nel loro genere. Credit Matteo De Fina
Il cuore della dimora è la spettacolare Sala della Tribuna, nata proprio per ospitare la collezione della famiglia Grimani, un tripudio di opere collocate nelle nicchie scandite dai pilastri e dai vari elementi architettonici. E proprio in questo palazzo delle meraviglie, dopo ben quattrocento anni, grazie all’esposizione Domus Grimani 1594-2019 la collezione statuaria del Patriarca Giovanni Grimani è ritornata nel suo luogo d’origine.
Lo splendido soffitto a cassettoni con decoro floreale della Sala della Tribuna. Palazzo Grimani, a Venezia, è una preziosa rarità per via della sua conformazione architettonica che richiama la domus romana e i modelli rinascimentali della città papale. Credit Matteo De Fina
“Questo eccezionale evento ha permesso non solo di poter ammirare per la prima volta dopo quattro secoli le sculture greche e romane nella loro collocazione voluta dal Patriarca Grimani, ma anche di valorizzare una sede museale ancora troppo poco nota”: queste le parole dei curatori Toto Bergamo Rossi, direttore di Fondazione Venetian Heritage Onlus, e Daniele Ferrara, direttore del Polo Museale del Veneto, commentando il successo della mostra.
Il magnifico arazzo cinquecentesco di manifattura medicea del fiammingo Nicola Karcher, raffigurante la Resurrezione di Cristo, su cartone di Francesco Salviati. Moltissime trame erano cadute per effetto della depolimerizzazione delle fibre, fino a lasciare orditi scoperti anche per molti centimetri: l’intervento di Isabella Villafranca Soisson e del suo team in Open Care ha riportato l’opera a un ritrovato splendore. Courtesy Open Care Servizi per l’Arte
Un processo di valorizzazione del “ritorno al bello” che non ha lasciato indifferenti privati e istituzioni pubbliche, tra cui le due fondazioni legate al prestigioso nome di Franco Cologni che in questi anni si sono adoperate per supportare l’iniziativa. Nel 2019, infatti, Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship ha preso parte al sostegno di un intervento di restauro su un arazzo tessuto nel 1553 circa, operato da Isabella Villafranca Soisson, nominata Maestro d’Arte e Mestiere dalla Fondazione Cologni. “La Resurrezione di Cristo”, questo il titolo dell’opera, è oggi esposta per la prima volta dopo un difficile e accurato intervento conservativo, che ha visto all’opera quattro restauratrici del dipartimento di restauro del tessile del noto opificio milanese Open Care Servizi per l’Arte, che si sono avvalse delle più avanzate tecnologie e metodologie per riportare il capolavoro al suo originario splendore.
In accordo con la Soprintendenza, lo staff di Open Care ha eseguito su “La Resurrezione di Cristo” un intervento conservativo, che è iniziato con la rimozione della vecchia fodera e dei cospicui depositi pulverulenti presenti su fronte e retro dell’arazzo: una fase che ha richiesto molta attenzione e perizia, poiché anche i filati metallici mostravano un leggero grado di consunzione superficiale. Courtesy Open Care Servizi per l’Arte
Quest’anno si aggiunge anche l’interesse della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte che collabora, assieme a Gagosian (produttore, nel medesimo palazzo, della mostra Archinto), a una nuova operazione culturale che vede proprio in Palazzo Grimani il suo palcoscenico: Domus Grimani. La Sala del Doge. Prodotta da Civita Tre Venezie e finanziata da Venetian Heritage, con il sostegno di Fondazione Cologni e il patrocinio di Michelangelo Foundation, l’esposizione durerà dal 19 maggio 2021 al 27 novembre 2022.
La fase di consolidamento è stata cruciale: le restauratrici hanno eseguito tutte le cuciture necessarie per bloccare il degrado dell’arazzo, ancorare gli orditi sul supporto tessile, stabilizzare le trame di lana e di seta e ripristinare le cuciture degli stacchi della tessitura. Courtesy Open Care Servizi per l’Arte
L’intervento sulla Sala del Doge con il ricollocamento della statuaria greca e romana, parte della collezione Grimani, rientra nell’ambito di una strategia di valorizzazione e promozione del palazzo e della sua storia e in continuità con il riallestimento della Tribuna del patriarca Giovanni Grimani, inaugurata nel maggio del 2019, appunto, con Domus Grimani 1594-2019.
La Sala del Doge, contraltare ideale della Tribuna e probabilmente anch’essa progettata dallo stesso Patriarca Giovanni, nasce con l’idea di celebrare la figura di Antonio Grimani, abile mercante di spezie e primo doge della famiglia. I curatori, i già citati Daniele Ferrara e Toto Bergamo Rossi, hanno potuto ricollocare all’interno della sala venti sculture, tra cui il gruppo di epoca romana imperiale “Dioniso appoggiato a un satiro”, mentre ulteriori undici opere lapidee sono state invece collocate negli spazi attigui. Tutte opere di straordinaria fattura, nate dal genio e dalla mano di talentuosi maestri d’arte, la cui opera tramanda bellezza nei secoli.
Non ci resta che visitarla e farci rapire da tanta maestria!