«Non è possibile distillare il lavoro di Gianluca Pacchioni, nominato nel 2016 Maestro d’Arte e Mestiere dalla Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, in una sola parola che – ancorché potente ed evocativa – ne esaurisca il valore, o ne riassuma la forza. Perché ogni oggetto che esce dall’atelier milanese dell’artista-artigiano ha già dentro di sé mille vite, e mille altre ne incontrerà: reca i millenni di storia dei materiali dei quali è composto, rivela le ore trascorse nella trasformazione creativa delle forme, sussurra un’esistenza preziosa che la mano dell’uomo rende unica e commovente. E porta con sé la nozione del tempo che passa», scrive Alberto Cavalli nella biografia Minimal / Baroque (Rizzoli New York), la più recente dedicata al maestro dei metalli e delle pietre.

Gianluca Pacchioni, milanese classe 1966, è designer, artista e artigiano a tutto tondo: il suo laboratorio produce solo opere con lavorazioni e tecniche altamente innovative. «Amo la materia, amo le sue imperfezioni, le sue cicatrici. Amo i contrasti e cerco di avvalorarli, di evidenziarli», afferma l’autore di “Time”. Foto di Lorenzo Pennati
E proprio il tema del tempo è il protagonista indiscusso dell’ultima monumentale opera dell’artista, intitolata “Time”, ammirata durante il Fuorisalone appena trascorso, e ancora oggi esposta al pubblico nel cortile del Richini di Palazzo Litta, nel centro storico di Milano. «Vero demiurgo erede della tradizione rinascimentale, Gianluca Pacchioni, ha potuto qui esprimere, con la potenza plastica che connota le sue opere, la forza e l’intensità dell’azione creativa, che scaturisce dall’incontro fra arte e ispirazione, talento e originalità, nel segno di un grande saper fare artistico e tecnico. Al servizio di una riflessione densa di significati sul tema affascinante del Tempo», racconta Alessandra de Nitto, direttore editoriale e degli eventi di Fondazione Cologni.
Per la fortunatissima edizione di Doppia Firma 2023, appena conclusa con un favore di pubblico che ha superato le 22.500 presenze, su invito della Fondazione Cologni Gianluca Pacchioni ha realizzato questa scultura site specific in collaborazione con l’impresa artigiana veronese Girasole Pietre Naturali, di Enrico Barbessi e Pierangelo Zantedeschi, all’avanguardia nella ricerca e nella lavorazione della pietra, raccogliendo il prezioso patrimonio della tradizione territoriale.

Le tre ellissi in bronzo, innestate nel centro di “Time”, si ergono verso il cielo: ammirando l’opera si percepisce «la nuda meraviglia che ogni uomo prova davanti al mistero del cielo, di fronte all’imperscrutabilità del tempo astronomico». Foto di Lorenzo Pennati
“Time” è uno stupefacente blocco di onice verde, rosa e bluette, di ben 5 tonnellate, arrivato a Milano dal Medio Oriente dopo un lungo e intenso viaggio: «Il mio lavoro nel mondo della pietra è piuttosto stratificato in competenze. Dalle cave all’opera finita è un lungo percorso, con enormi rischi di logistica e costi notevoli a ogni passaggio. Una delle fasi più delicate è la scelta: ogni pietra può racchiudere gioie e dolori, anche il blocco che apparentemente è stato collaudato sano poi potrà presentare rilevanti problemi. Per questa ragione è molto importante avere un riferimento professionale di fiducia, con capacità di risolvere anche i più incredibili inconvenienti. Ho e ho avuto svariati fornitori ma con Girasole Pietre Naturali ho trovato una rara energia creativa e professionale, dalla ricerca dei materiali nei posti più remoti del globo alla soluzione per le lavorazioni più difficili», racconta Pacchioni a proposito del rapporto instaurato con questa realtà veronese d’eccellenza, basato sul superamento dei limiti e sulla ricerca dell’unicità.

Girasole Pietre Naturali è un’impresa fondata nel 1996 da Pierangelo Zantedeschi ed Enrico Barbessi a Sant’Ambrogio di Valpolicella (Verona), una delle zone storiche della pietra naturale nel mondo. Nel tempo l’impresa veronese cresce arrivando a disporre nel proprio catalogo di quasi trecento qualità di marmi, quarziti, onici, limestone e travertini. Foto di Arturo Rinaldi
Dalla scoperta, dopo gli studi economici, dell’amore per il ferro e della sua vocazione di artista, a Parigi negli anni ’90, allo studio/laboratorio in una vecchia fabbrica di Milano, dove vedono la luce preziose edizioni limitate, i pezzi firmati da Gianluca Pacchioni sono destinati a location d’eccezione: ambasciate, consolati, nobili giardini, gallerie e sedi di alta rappresentanza che, con le loro architetture legate al fasto del potere, accolgono l’arte del maestro come ospiti incantevoli. E, nei prossimi mesi, anche Palazzo Litta continuerà a celebrare il culto del bello proprio grazie a quest’opera che ‘scolpisce il mistero’.

Il buco scavato nel cuore della pietra è un vortice, una porta verso l’altrove. «Un invito a buttarsi nell’infinito o, per meglio dire, a percorrerne i limiti dell’odierna conoscenza». Il visitatore resta lì, sul bordo, un attimo prima che il Tempo venga distorto. Foto di Lorenzo Pennati
Curatrice e attenta conoscitrice dell’opera dell’artista-artigiano, Federica Sala ci spiega in modo avvincente il significato profondo di “Time”: «Gianluca Pacchioni entra, con questo lavoro, in una nuova fase della sua ricerca artistica. Una fase più matura, in cui l’ignoranza davanti alle forze ancestrali della natura e del cosmo mostra tutta l’umiltà, e con essa la grandiosità, dell’essere umano. In quelle cinque tonnellate di onice mediorientale non ci sono solo i settemila chilometri che il blocco ha percorso per arrivare a Palazzo Litta, ma ci sono i milioni di anni di cristallizzazione di sali e di silicio provenienti da tempi a noi sconosciuti. Tutta la potenza scultorea dell’opera si addensa sui bordi del buco – che è un imbuto temporale – nel suo essere dimensione in fieri. Nel mentre. Ed è qui che Gianluca Pacchioni vuole stare. La scultura getta l’amo un po’ più in là, attraverso quelle tre bronzee ellissi irregolari che ci trasmettono l’idea del movimento, dell’irrisolto».
