Non era previsto, non era concepibile, non era persino necessario. Eppure è arrivato, ed ha shoccato. Perché ha rappresentato (con distacco) la novità più interessante ed eclatante del Salon International de la Haute Horlogerie 2018.
Attorno al calendario perpetuo è sempre aleggiato un sentimento che si potrebbe quasi definire di rispetto. Per la sua complessa meccanica, in primis, ma non solo. Perché anche l’essenza, quella di strumento virtualmente eterno, ha sempre avuto un suo innegabile peso in grado di spostare l’ago della bilancia in suo favore, specie per coloro che vi si avvicinano con un approccio meno tecnico. Un autentico e terribilmente affascinante rompicapo, il calendario perpetuo (aspetto che ha fatto di questa complicazione una delle più ambite dai cultori dell’alta orologeria), anche per chi quell’oggetto ha sempre avuto il compito di progettarlo e realizzarlo. Pochi, per la verità. Tra questi, storicamente, anche Audemars Piguet, grazie a Jules Louis Audemars, che dal XIX secolo con costanza ha contribuito al suo perfezionamento.
Il plus del calendario perpetuo? Visualizzare correttamente la data sul proprio quadrante tenendo conto della lunghezza dei mesi e dei trabocchetti tesi dagli anni bisestili. Un oggetto che, tecnicamente, non richiede alcuna correzione manuale fino a febbraio 2100.
Da lì in avanti, per la manifattura di Le Brassus, quella del calendario perpetuo ha sempre rappresentato un’autentica “fissa”, che ha finito per dare vita a un’affermata e riconosciuta tradizione costruita negli anni all’insegna della continua innovazione e naturalmente dell’eccellenza. Ma anche dei record. Come quello che ha visto Audemars Piguet lanciare nel lontano 1978 l’allora calendario perpetuo a carica automatica con rotore centrale più sottile al mondo grazie ai 3,95 mm di spessore del suo calibro 2120 adattato. Record mai fini a se stessi, mai inseguiti per il puro obiettivo di stupire, ma risultato indiretto di una ricerca costante (e di una passione) che ha portato il marchio a dedicarvisi persino durante la crisi del quarzo. Quando a padroneggiare questa mirabile funzione non erano rimaste se non un paio di realtà in tutto il panorama dell’alta orologeria svizzera.
Un love affair partito da lontano (il primo “perpetuo”, costruito da Jules Louis Audemars ed esposto nel museo del brand è addirittura preesistente alla fondazione della marca) e puntellato da pietre miliari. Quella del 1978, come detto, ma anche la prima referenza da polso introdotta nel 1955, fino ad arrivare all’ultima generazione lanciata nel 2015 in quattro versioni in oro rosa o in acciaio, ampliata lo scorso anno con l’arrivo di quella in ceramica nera. Tutte equipaggiate con un calibro automatico 5134, erede in linea diretta proprio del 2120, ma caratterizzato da 4,31 mm di spessore. Collaudato, affidabile, certo, ma evidentemente, per Audemars Piguet, di transizione. Come dimostra il sensazionale Calibro 5133 svelato all’ultimo SIHH contestualmente al Royal Oak RD#2 Perpetual Calendar Ultra-Thin. Il più sottile di sempre.
Per sviluppare il nuovo calibro 5133 sono stati necessari 5 anni. La sfida? Ripensare concettualmente il movimento all’insegna dei minimi spessori. Concentrando su un unico livello tutto ciò che fino a ieri era strutturato su tre.
Un progetto reso necessario da un’evidenza: con la classica architettura a ponti con componenti disposti su più livelli si era ormai raggiunto il limite fisico in termini di sottigliezza per un calibro di tale complessità. Da qui la volontà di Audemars Piguet di studiare una nuova soluzione in grado di combinare tutto ciò che precedentemente era disposto su più “layers” in uno solo. Con tutto ciò che ne consegue in termini di calcoli, di assemblaggio e di gestione degli spazi di un movimento destinato pur sempre ad andare a inserirsi in una cassa da 41 mm di diametro. Risultato, 30% in meno di spessore totale della cassa rispetto al modello analogo di attuale generazione (9,5 mm), che fanno del Royal Oak RD#2 Perpetual Calendar Ultra-Thin (6,3 mm) la referenza più sottile della marca. Più del solo tempo Extra-Thin (8,1 mm), addirittura più del modello al quarzo da donna con diametro da 3 mm (7 mm).
Realizzare un orologio ultra piatto, specie se complicato, significa anche concentrarsi su robustezza, efficienza ed ergonomia. Così anche se in Audemars Piguet avrebbero potuto spingersi persino oltre, è stato deciso di salvaguardare gli equilibri estetici dell’orologio.
Una semplificazione che, paradossalmente, in fase di ingegnerizzazione ha originato ben più di una complicazione. Ma che è stata risolta brillantemente con soluzioni ingegnose. Tra queste, l’utilizzo di una ruota da 48 (posizionata a fianco di una stella da 31 per la data), con altrettanti denti ognuno di una profondità differente a seconda della diversa durata dei mesi lungo l’arco di un quadriennio (31, 30 , 29 e 28 giorni). Che compie dunque un giro ogni quattro anni e che tramite un sistema di bascule, camme e becchi trascina la stella di 1, 2 o 3 giorni e con essa l’indicatore della data. In numeri, 256 componenti e 37 rubini contro i 374 e 38 rubini del “perpetuo” classico con Calibro 5134.