Da quasi 30 anni Christophe Claret dice la sua nella ristrettissima nicchia degli orologiai indipendenti che tengono alta la bandiera rossocrociata nel campo dell’orologeria che conta. Con creazioni che, con creatività, offrono un fresco approccio a un settore spesso a corto di idee.
Gli inizi sono quelli degni di una favola che, tra l’altro, trova la sua perfetta e naturale location nelle verdi valli svizzere. Christophe Claret, fresco di diploma all’Ecole d’Horlogerie di Ginevra, muove i suoi primi passi nel cabinotier di Roger Dubuis e qui scopre un’orologeria dirompente. Fantasiosa, ardita, futuristica, tecnicamente ineccepibile. Che lo folgora e lo attira verso di sé. Così, quando qualche anno più tardi, nel 1987, Ulysse Nardin gli commissiona 20 calibri a ripetizione minuti con automa, ogni altra consacrazione diventa superflua. Il preludio, questo, a un’attività tutta sua, culminata due anni più tardi con l’apertura della Manufacture Claret a La Chaux-de-Fonds. Da dove tutto ha inizio.
Inizialmente Christophe Claret agisce dietro le quinte di manifatture prestigiose ma si toglie anche lo sfizio di realizzare pezzi unici su commissione per importanti clienti.
Un percorso che lo ha portato più tardi a padroneggiare una collezione strutturata, di cui l’X-Trem-1 StingHD è uno degli ultimi nati.
Da quel giorno Christophe Claret di passi avanti ne ha fatti, e parecchi. Dieci anni più tardi si è spostato poco fuori Le Locle, dove in un piccolo maniero ha allestito i suoi laboratori creativi, poi costantemente ampliati nel decennio successivo, e ha iniziato a dare sfoggio della sua creatività così come di una conoscenza della tecnica e dei materiali fuori dal comune. Guadagnandosi il rispetto del settore e al contempo un’immagine di assoluta eccellenza che da quel momento in avanti non ha più abbandonato. E non è un caso allora che oggi, Christophe Claret, sia una delle realtà di punta del Carré des Horlogers, l’esclusivo spazio dedicato alle piccole manifatture indipendenti allestito all’interno del Salon International de la Haute Horlogerie di Ginevra.
Così, in attesa di capire cosa il brand e il suo fondatore ci riserveranno nel 2018 (cosa che scopriremo tra poco meno di un mese all’apertura della kermesse del SIHH) vale la pena buttare un occhio a ciò che è stato. Ed in particolare all’X-Trem-1 StingHD. Un modello già visto l’X-Trem-1, parte della collezione “Complicazioni Estreme”, riproposto però in collaborazione con StingHD, brand high-end americano specializzato in accessori maschili (non a caso è anche fornito insieme a un bracciale a tema). Ecco allora il perché del teschio sul tourbillon, della finitura in black PVD sulla cassa in titanio, e dell’adozione di due tubi a griglia in luogo di altrettanti cilindri in vetro zaffiro come guida per le sfere “segna-tempo” in acciaio.
Per la messa all’ora e la ricarica del movimento, nessuna corona a “sporcarne” la silhouette. Ma due piccole leve a scomparsa posizionate sul fondello proprio accanto al vetro zaffiro. Da sollevare e poi ruotare.
Già, ma come si muovono le sfere? Letteralmente fluttuando grazie alla levitazione assicurata da due magneti posti all’interno della carrure. Per tutti gli altri brand, impegnati in una battaglia senza esclusione di colpi contro il magnetismo che influenza negativamente i movimenti, un’autentica follia. Ma non per Christophe Claret, che ha studiato attentamente come direzionare con precisione i campi magnetici ma che ha anche costruito un movimento accuratamente schermato e realizzato con materiali non influenzabili dai suoi influssi come alluminio e ceramica. Esplorando così un territorio tecnico, e di conseguenza anche estetico, totalmente inaccessibile fino ad ora nel campo dell’orologeria.
I piccoli secondi sono visualizzati sulla gabbia del tourbillon (inclinata di 30°), che non a caso compie un giro nel medesimo lasso di tempo. Un sistema provvisto inoltre di un doppio cuscinetto a sfera in ceramica che ne aumenta la resistenza agli urti.
Dal canto loro i due magneti sono guidati all’interno della cassa dell’orologio da flessibili cavi composti ognuno da centinaia di nano-fibre di Dyneema. Una fibra sintetica utilizzata in applicazioni sportive (parapendio, kitesurf), resistente come l’acciaio, flessibile, esente da elasticità e con un’elevatissima capacità di carico. Più sottile di un capello umano ma capace di reggere pesi anche superiori al chilo.