Tra gli indipendenti il marchio ginevrino è più unico che raro. Per nulla (nostalgicamente) classico ma neppure (oltranzista) avanguardista. Mirabilmente in equilibrio, tra passato e futuro dell’orologeria.

Nel 2004, cinque anni dopo il lancio della sua prima collezione, François-Paul Journe presenta il Vagabondage. Un nome apparentemente stravagante, eppure perfettamente coerente, e per capirlo è sufficiente guardarne il quadrante. Senza nome né logo ma con una affissione delle ore decisamente inconsueta. Ore vagabonde, appunto.
L’occasione alla base di tutto sono i 30 anni della casa d’aste Antiquorum e gli esemplari prodotti solo 3. In oro bianco, giallo e rosa, con movimento in ottone. Venduti, per beneficienza, al triplo del prezzo d’asta stimato. Così, due anni dopo, nonostante il marchio sia storicamente incline a vedere l’orologio in forma tonda, ecco la prima serie del Vagabondage, caratterizzata da una cassa tortue. 69 pezzi in platino, altri 10 in platino con diamanti. Con movimento, questa volta, in oro rosa.
Nato a Marsiglia ma formatosi a Parigi, François-Paul Journe è oggi considerato l’anello di congiunzione tra l’età d’oro delle scienze orologiere, il 18esimo Secolo, e l’orologeria contemporanea.

Un successo scontato, la prima serie, che proietta immediatamente il Vagabondage nella leggenda.
Per attenderne però una seconda, vista la produzione centellinata della manifattura ginevrina (meno di 900 orologi all’anno), occorre pazientare quattro anni, ovvero il 2010.
Quando la seconda serie, riveduta e parzialmente corretta (cambia la visualizzazione delle ore, si aggiungono i secondi continui, l’indicatore della riserva di marcia e, sul fronte tecnico, viene adottato un remontoir d’égalité per un’erogazione più costante dell’energia), arriva nelle boutique. In 69 esemplari in platino, 68 in oro rosso e ulteriori 10 in platino con diamanti baguette.

E veniamo alla terza serie, lanciata in questo 2017 in 137 esemplari, 68 con cassa in oro rosso e 69 in platino.
Concettualmente, è la naturale evoluzione del modello suo predecessore ma l’elemento dell’affissione digitale è qui ancor più sviluppato ed elaborato. Spariscono i secondi continui, l’indicatore della riserva di carica e la placca che li raccordava sul quadrante, a tutto vantaggio di un movimento ancor più “alleggerito” del superfluo. E quindi in bella mostra dietro a due cristalli avvitati fra loro. Trasparente per garantire la massima leggibilità delle informazioni orarie (ore alle 10, secondi saltanti alle 6 e minuti a lancetta), quello più esterno, fumé invece quello interno. Per stemperare i colori intensi del movimento in oro rosa.
Il Vagabondage III è un perfetto esempio di prodotto anti-marketing. F.P. Journe infatti è l’unica manifattura a concepire, disegnare e produrre un calibro specifico per un singolo modello. In questo caso, prodotto in non più di 137 pezzi.

Il Vagabondage III è il frutto di un’ambizione divenuta quasi ideologia.
Rendere gli orologi meccanici i più accurati possibile. Perseguire l’evoluzione e l’innovazione nel rispetto della tradizione dell’alta orologeria. Questo lo sforzo e la missione di François-Paul Journe, che per compierla ha inoltre fatto di tutto per dar vita a una manifattura a completa produzione verticale. Uno sforzo enorme vista la limitatissima produzione e il livello tecnico degli esemplari realizzati, tra i quali anche cronometri a risonanza e grande sonnerie. In quest’ottica va vista quindi l’apertura nel 2012 della manifattura Cadraniers de Genève e Boîtiers de Genève, a Meyrin, un polo per la produzione di casse, quadranti e bracciali facente capo proprio a François-Paul Journe.
La locuzione latina Invenit et Fecit (lo inventò e lo fece) è parte del nome del marchio. Nel 18esimo secolo la si incideva sugli orologi dei mastri orologiai francesi dopo il benestare della Reale Accademia delle Scienze.
