Maximilian Büsser lo ha fatto di nuovo. E, insieme ad un collettivo di amici composto da creativi, artigiani, tecnici e ricercatori, ha dato forma alla sua ultima meraviglia da polso firmata con l’ormai celebre acronimo MB&F: l’Horological Machine N°9 Flow.
A partire dagli Anni 20 e 30 del Novecento si diffonde, partendo dagli Stati Uniti d’America, il movimento streamline. Automobili, treni, e persino elettrodomestici diventano improvvisamente aerodinamici. Per MB&F, perfetta fonte di ispirazione per il suo Horological Machine N°9 Flow.
Sembrerà paradossale ma, la prima e più comune domanda (del tutto lecita) formulata generalmente di fronte alle creazioni visionarie di Maximilian Büsser è sempre una, e una sola. Cos’è? Per un orologiaio tradizionale, l’equivalente di un ferale colpo inferto al cuore. Per la mente dietro al fenomeno MB&F, invece, il migliore dei complimenti. Perché ciò che esce dalla fantasia, più è strano e più è personale. E più è unico. Anche nel campo dell’industria del tempo.
Esempio calzante, l’Horological Machine N°9 Flow o, in breve, l’HM9 Flow. Oggetto di puro design prima ancora di orologio da polso, che perpetua l’importante seppur giovanissima storia di un piccolo brand indipendente nato appena nel 2005. E che, come già accaduto in passato, ama trarre la sua ispirazione dal mondo dell’automotive della prima metà del Novecento.
Linee aerodinamiche e forme affusolate prese in prestito dallo Streamlining per l’HM9 Flow
Tra i due conflitti mondiali l’auto si evolve sostanzialmente. Ma il concetto di aerodinamica è ancora ben lontano dall’essere formulato. Così si inizia a pensare che le forme morbide e affusolate siano, tra tutte, le più efficienti. Un falso mito, che origina però alcuni degli oggetti di design più belli di sempre. Emulati, in casa MB&F, prima dall’HM4 Thunderbolt, in seguito dall’HM6 Space Pirate, e ora dall’HM9 Flow.
Un modello che più di un grattacapo lo deve aver creato. Prima di tutto sul fronte costruttivo in quanto, nonostante ciò che si pensi, nemmeno le macchine a controllo numerico sono in grado di realizzare qualsiasi geometria. Motivo per il quale è stato necessario attendere l’evoluzione della tecnologia per riuscire finalmente a mettere in produzione un progetto nato “troppo avanti”. E secondo sul fronte tecnico. Perché una volta pensato il “guscio” è stato necessario partorire un’idea altrettanto geniale per il movimento. Chiamato a riprenderne il layout anticonformista pur mantenendo la giusta compattezza e robustezza.
Già, il movimento. Un dettaglio non da poco. Per realizzarlo MB&F ci ha impiegato tre anni. Tutto sommato pochi, vista la sua elevata complessità. Una tempistica relativamente contenuta, dovuta probabilmente all’utilizzo di alcuni accorgimenti già collaudati in passato dalla manifattura. Come complessa la soluzione del doppio bilanciere (enfatizzata dal loro posizionamento distanziato, qui all’interno di due cupole in vetro zaffiro posizionate ai lati esterni) e, naturalmente, quella del relativo differenziale, elemento necessario per la loro “mediazione”. Stratagemma già visto, seppur in un’interpretazione stilistica differente, sul Legacy Machine N°2. Ma qui ripensato per integrarsi alla perfezione di un orologio-scultura avveniristico. Importante, non tanto per i volumi che potrà generare (66 esemplari totali) quanto per il valore del suo ruolo comunicativo. Ambasciatore di una nuova orologeria contemporanea che, con coraggio, potrà dare la necessaria svolta a un settore da tempo alla ricerca del giusto cambio di marcia.